Grazie, Presidente Napolitano.
Non c'è da dire altro, a conclusione di tre giorni durante i quali si è assistito a un teatrino indegno di una democrazia occidentale.
Una democrazia vilipesa quella italiana, una democrazia che dopo appena 65 anni (pochi se paragonati a quelli degli Stati Uniti), si è disconosciuta e quasi rischiato di mandare in pensione.
Lasciando da parte movimenti e aggregazioni dove regna assoluto il centralismo democratico, l'unico soggetto democratico, almeno nelle intenzioni dettate dal nome, è il PD. E' un partito che a sei anni dalla nascita non riesce a staccare il doppio cordone ombelicale che lo lega al passato. E non potrà pensare di rappresentare le istanze della società moderna se non sarà capace di farlo, pur avendo al suo interno il potenziale per farlo.
Dopo la figuraccia rimediata con la bocciatura di Prodi -non per il nome, pur pesante, ma per il modo con il quale essa è avvenuta- più che un partito ha dimostrato di essere un laboratorio di idee autonome, per di più confuse.
Il PD è come quei filosofi che studiano, esaminano, approfondiscono, si preparano, ma poi al momento di mettere in pratica il risultato dei loro studi, si dimostrano impreparati, incapaci. E stavolta gli errori sono stati tanti e tali che è impossibile rimandarli a Settembre (quando era stato fissato il congresso), sono da bocciare, tant'è che il gruppo filosofico dirigente ha preferito “abbandonare la scuola” prima della fine dell'anno.
E' a causa del disconoscimento del metodo democratico che regola la vita interna non di ogni partito ma di ogni libera associazione di cittadini che, in occasione dell'elezione del Presidente della Repubblica, il PD ha dimostrato di non saper sfruttare quella che è la forza della democrazia, ovvero la forza dei numeri.
L'ha dimostrato non riuscendo ad eleggere né Prodi, né Marini, due figure nettamente di parte e non accettate dalla piazza Italia.
L'ha dimostrato dividendosi nella scelta se votare o meno un personaggio come Rodotà -ritenuto troppo di sinistra- facendo sfumare definitivamente ogni possibilità non dico di matrimonio (ormai vanno poco di moda) ma quanto meno di “fidanzamento” con il M5S.
Quella con i grillini è una storia complicata, un amore impossibile. Richiama alla mente la storia di un pretendente (Bersani) che bussa più volte alla porta della giovane creatura desiderata come zzita (M5S), ma la zzita non lo calcola, non lo vuole. Poi quando la zzita finalmente si decide ad offrire la propria disponibilità, è il pretendente ignorato a fare l'offeso e il risentito, ma ormai con la testa così annebbiata dall'orgoglio, da non riuscire più a riprendersi dal rifiuto ricevuto, nonostante ne abbia tutte le forze.
E così, il pretendente Bersani si è ritrovato costretto a tornare da papà Giorgio, il quale, non ha avuto altra scelta che trovare per il figlioccio politico una zzita vecchia e brutta (Berlusconi), che mai il giovane avrebbe voluto.
Era l'unica possibilità offerta dalla regola democratica -di cui il Presidente Napolitano ha dimostrato di essere rigoroso garante- che vuole che sia la maggioranza ad avere ragione.
Mentre ero in attesa del responso dell'ultima votazione, ho riletto il discorso d'insediamento pronunciato dal Presidente Pertini nel 1978, subito dopo la sua elezione, un discorso che sembra scritto oggi:
<<Dobbiamo operare perché, pur nel necessario e civile raffronto fra tutte le ideologie politiche, espressione di una vera democrazia, la concordia si realizzi nel nostro paese. Farò quanto mi sarà possibile, senza tuttavia mai valicare i poteri tassativamente prescrittimi dalla Costituzione, perché l’unità nazionale, di cui la mia elezione è un’espressione, si consolidi, si rafforzi. Questa unità è necessaria, e se per disavventura si spezzasse, giorni tristi attenderebbero il nostro paese.
Non dimentichiamo, onorevoli deputati, onorevoli senatori, signori delegati regionali, che se il nostro paese è riuscito a risalire dall’abisso in cui fu gettato dalla dittatura fascista e da una folle guerra, lo si deve anche e soprattutto all’unità nazionale realizzata allora da tutte le forze democratiche. È con questa unità nazionale che tutte le riforme, cui aspira da anni la classe lavoratrice, potranno essere attuate. Questo è compito del Parlamento.
Bisogna sia assicurato il lavoro ad ogni cittadino.
Bisogna risolvere il problema della casa, perché ogni famiglia possa avere una dimora dignitosa, dove poter trovare un sereno riposo dopo una giornata di duro lavoro....
Deve essere tutelata la salute di ogni cittadino, come prescrive la Costituzione....
Anche la scuola conosce una crisi che deve essere superata....
Libertà e giustizia sociale costituiscono un binomio inscindibile, l’un termine presuppone l’altro: non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà, come non vi può essere vera libertà senza giustizia sociale. Di qui le riforme cui ho accennato poc’anzi. Ed è solo in questo modo che ogni italiano sentirà sua la Repubblica, la sentirà madre e non matrigna. Bisogna che la Repubblica sia giusta e incorrotta, forte e umana: forte con tutti i colpevoli, umana con i deboli e i diseredati. Così l’hanno voluta coloro che la conquistarono dopo venti anni di lotta contro il fascismo e due anni di guerra di liberazione.>>
E, in conclusione, ammoniva: << Sui risentimenti nulla di positivo si costruisce, né in morale, né in politica.>>
Sono parole riecheggiate spesso negli ultimi sette anni negli interventi del Presidente Napolitano ma rimaste, ahimè, inascoltate.
Quest'uomo anziano, va ringraziato. Avrebbe avuto tutto il diritto di riposarsi dopo una vita spesa al servizio del Paese, è stato chiamato a continuare la sua opera di -mi si passi il paragone- buon pastore istituzionale, per servire e per cercare di salvare ciò che rischiamo seriamente vada perduto: la democrazia.
Una sua rinuncia avrebbe lasciato il Paese in uno stallo pericolosissimo.
Dopo queste giornate intense, ieri doveva essere un giorno di festa, invece c'era un'atmosfera di tristezza. La tristezza deriva dal fatto che questa riconferma di Napolitano ha in sé qualcosa di innaturale.
Nel corso naturale della vita, i figli dovrebbero essere il bastone della vecchiaia dei propri genitori. Dovrebbero essere loro a sorreggerli, ma a dimostrarsi capaci di andare avanti da soli, di riuscire ad attualizzare gli insegnamenti ricevuti.
I nostri politici -tutti- si sono dimostrati incapaci. Invece di rappresentare il bastone che avrebbe dovuto sorreggere e aiutare a rimettersi in piedi un'Italia stremata da una crisi economica e sociale senza precedenti, sono stati loro ad aggrapparsi al bastone di un anziano che, con le forze rimastegli dovrà sopperire alle loro mancanze e reggere le sorti del Paese.
Dovrà farlo, Napolitano, in un'atmosfera per certi versi simile ma più delicata di quella in cui si trovò Enrico De Nicola, suo primo predecessore.
Allora c'era da costruire la democrazia italiana e il Presidente De Nicola poté contare su un'Assemblea Costituente che costituisce ancora oggi un esempio unico nella costruzione di un sistema democratico.
Oggi non c'è un'Assemblea Costituente, ma serve una forte cura ricostituente e di ammodernamento di questo sistema, partendo proprio dal concetto stesso di democrazia, a tanti sconosciuto e da molti disconosciuto.