Non si sa per quale strana legge, in Italia -e in Calabria in particolare- per vedersi riconosciuto un sacrosanto diritto, ci si deve arrampicare sui tetti dei palazzi comunali, sulle torri, o ci si deve incatenare come gli schiavi. Probabilmente perché è quando si rende palese la propria condizione di schiavi, che chi sta dall’altra parte si crede più forte, onnipotente e, quindi, abbassa le difese.
Ebbene, all'ospedale “Scillesi d'America -mi ostino a chiamarlo e lo chiamerò sempre così!- i malati si sono dovuti incatenare per riaccendere le luci su una struttura che era già al buio, aund’aiva scuratu e non c’era bisognu mi Scura.
Il trasferimento del reparto di oncologia è -finora- l'ultimo atto di spoliazione consumatasi ai danni della struttura scillese.
Completa un'operazione “chirurgica” mirata, molto più precisa dei bombardamenti americani a Kunduz, in Afghanistan, ma altrettanto tragica.
A dire la verità, il trasferimento del reparto è dovuto al fatto che a Scilla, in virtù delle previsioni del Piano Sanitario, non è possibile mantenere i codici ospedalieri. Ciò non toglie, però, che contro lo “Scillesi d'America” vi sono stati una serie di atti illegittimi che hanno dell'incredibile.
Prima la Regione ha ammesso-con un proprio decreto- di non essere proprietaria dei terreni sui quali sorge la parte realizzata in ampliamento (sei piani!). Ciò non ha impedito, però, al Commissario ad acta Giuseppe Scopelliti di emanare una serie di decreti allucinanti. Il Piano Sanitario prevedeva la riconversione dello “Scillesi d’America”, perciò il decreto che ne ha disposto la chiusura (emanato due giorni prima rispetto alla data in cui la riconversione doveva essere ultimata!) è doppiamente illegittimo. Ne consegue che tutti gli altri decreti successivi, che disponevano il trasferimento dei reparti -ivi compreso quello di oncologia- sono altrettanto illegittimi!
Per tornare agli ultimi avvenimenti, una Delibera del Direttore Generale f.f. Dr. Tripodi del 05 Dicembre 2014 -attenzione alle date!- su proposta del Direttore d'Area Dr. Domenico Calabrò, che ne dichiara la regolarità tecnica e amministrativa, dispone il trasferimento della Struttura Complessa di Recupero e Riabilitazione Funzionale ad indirizzo cardiorespiratorio di Scilla, presso l'ospedale di Melito Porto Salvo.
Se la motivazione tecnica è sempre quella -cioè a Scilla non sono utilizzabili i codici ospedalieri- il Decreto da cui essa discende -D.P.G.R. n° 106/2012- disponeva in maniera diversa: come a Melito, anche a Scilla erano stati assegnati 20 posti letto per la riabilitazione, con il codice ospedaliero 56!
Dunque, anche se potrebbe essere tecnicamente corretta (non sono un medico, quindi non posso esprimermi dal punto di vista tecnico), la Delibera era totalmente contraria alle disposizioni del Decreto che riordinava la rete ospedaliera, vigente al momento in cui essa è stata formulata!
Per tappare questa clamorosa “falla”, nell'ambito del Decreto del Commissario Ad Acta n° 9 del 2 Aprile 2015, con il quale è stato approvato il nuovo “Documento di riorganizzazione della rete ospedaliera, della rete dell'emergenza urgenza e delle reti tempo-dipendenti”, i 20 posti-letto per la riabilitazione che erano stati previsti a Scilla, scompaiono magicamente! Ma va? Che strano!
Nello stesso Documento di riorganizzazione, si afferma che il consumo di prestazioni (così lo definiscono, a scanso di facili ironie) è diminuito a 171 ricoveri per mille abitanti (nel 2008 era di 224), mentre la mobilità passiva (calabresi che vanno a curarsi fuori regione) del numero totale di ricoveri è aumentata da 15% a 19%.
L'obiettivo fissato dalla media nazionale, è di 160 ricoveri per mille abitanti, mentre quello “appropriato” per la Calabria (stando alla proiezione dei dati registrati nel periodo 2008/2012)sarebbe di 145.
Con questo parametro, la popolazione normalmente gravitante attorno allo “Scillesi d'America” avrebbe diritto a usufruire di 20 posti-letto, che salgono a 28 se consideriamo l'affluenza da località turistica nel periodo estivo.
Quei 20/28 malati, invece, sono costretti a bivaccare nei corridoi dei Riuniti.
Il Documento fissa come “obiettivo di produzione appropriata da raggiungere” 240.000 ricoveri, per cui ne deriva che i calabresi dovrebbero essere 1.655.172.
Purtroppo per i ragionieri della Regione, invece, nel 2012 in Calabria nel 2013 eravamo 1.958.238. Significa che ci sono più di trecentomila calabresi (il 15,5%, sempre che la popolazione non diminuisca) che vengono automaticamente “invitati” ad andarsi a curare fuori, quasi a rendere cronica la migrazione anche per motivi di salute. Tra gli “emigranti”, la percentuale dei malati oncologici, in particolare, sale al 37%.
Nel nuovo Documento viene scritto: «...la mobilità è un'inevitabile libera scelta del cittadino, è pur vero che essa si manifesta sempre come distorsione di una domanda dettata dallo squilibrio nel rapporto tra domanda stessa, bisogni e offerta interna. Tra gli obiettivi di riduzione della mobilità passiva relativa alla cura dei tumori, bisognerà pertanto "ricostruire" il giusto rapporto tra le precedenti istanze anche modulando la quantità e/o qualità dell'offerta.»
In pratica, è esattamente l'opposto di ciò che sta accadendo nella realtà. Ecco perché non mi fido dei numeri di questo Piano di Rientro, non c'è da fidarsi.
Non mi fido, visto e considerato le illegittimità plurime che si sono registrate in questi ultimi cinque anni, sopra ricordate, a futura memoria.
Non mi fido di chi ha cancellato i numeri positivi che l'ospedale scillese aveva registrato fino al 2010.
Non mi fido di chi ha tecnicamente giustificato la “riconversione” dello “Scillesi d'America” a Casa della Salute, scrivendo nella relazione tecnica che non esistono elaborati grafici relativi alla struttura scillese e, pertanto, si è dovuto sobbarcare l'onere di andare a fare un rilievo completo. Non posso fidarmi, visto e considerato che con una semplice ricerca presso l'Archivio di Stato, mi sono stati fatti vedere tre faldoni pieni di documenti relativi ai lavori di ampliamento dell'ospedale scillese, completo di tutte le tavole: dalle fondazioni, fino ai particolari costruttivi degli infissi!!
Non mi fido di chi vuole attuare questa fantomatica riconversione spendendo milioni e milioni di euro, quando poi non potrà nemmeno essere autorizzato a fare i lavori perché non ha un titolo di proprietà. Sappiate fin d'ora che se dovesse succedere nelle condizioni attuali, sarebbe un'altra, l'ennesima illegittimità.
Nessun documento è riuscito a dimostrare che un medico costi di più a Scilla e di meno a Reggio; nessun documento ha dimostrato che un posto-letto a Scilla sia più dispendioso per le casse dell'Azienda Sanitaria, rispetto a una barella nel corridoio dei Riuniti. E se anche i costi diretti della barella sono inferiori a quelli dei posti-letto, che mi dite dei costi indiretti, sopportati dal malato -costretto in una condizione che di umano ha ben poco- e anche dai suoi familiari?! Qualcuno si è preso la briga di quantificarli? Credo proprio di no.
Ho come l'impressione che i numeri che ci sono stati proposti -dal 2010 fino a oggi- siano stati redatti solo per fare bella figura a Roma, al Ministero: ad ogni aggiornamento, abbassiamo i numeri, “vendiamo” un'immagine positiva della sanità calabrese, dimostriamo di aver saputo svolgere il compitino di ragioneria che è divenuto il Piano di Rientro. Insomma, un po' come al mercatino: scala, chi vindi.
Se diminuisci il prezzo della merce, avrai più domanda: più dimostri di saperci fare con i numeri, più ti daranno ragione e ti lasceranno fare. Così è avvenuto per Scopelliti, così sta avvenendo per Scura.
Ma come al mercatino, arriva un momento in cui puoi abbassare il prezzo quanto vuoi, ma la merce non la vendi, perché è divenuta di pessima qualità e non la vuole più nessuno. Mai sfidare l'intelligenza del cliente!
Ecco, con la sanità calabrese è avvenuta un po' la stessa cosa: ci si è ostinati a continuare ad abbassare il prezzo della sanità, finendo col vendere un prodotto sanitario di qualità pessima, perché -come accade per la frutta al mercatino- è venuto fuori tutto il marciume che in questi anni si era depositato sul fondo della cassetta. Un prodotto che non è più commestibile né tanto meno digeribile.
Questo Piano di Rientro è stato “calibrato” su un Piano Sanitario la cui impostazione risale al lontano 2007/2009 (il Presidente della Regione Calabria era Loiero). Già da allora, si prevedeva a Scilla la Casa della Salute, esattamente come oggi.
E' un Piano Sanitario marcio, oramai vecchio di quasi dieci anni, inattuale e inattuabile. E tale è il Piano di Rientro che ne è scaturito.
Nonostante i numeri che ci hanno fatto ingoiare, calpestando la dignità dei malati e, almeno per quel che riguarda l'ospedale di Scilla, attraverso atti la cui illegittimità è evidente, questo Piano di Rientro alla prova dei fatti si è dimostrato fallimentare perché non rispondente ai reali bisogni dei calabresi.
Non lo si fa dimostrare ai numeri perché i numeri “devono” dire il contrario. Lo dimostrano, ahimè, gli sfortunati “clienti” di questo prodotto sanitario: i malati oncologici che si curavano a Scilla; i malati in dialisi che, invece di poter utilizzare i posti per la dialisi promessi da Scopelliti e mai installati, sono costretti a fare a ping-pong tra le due rive dello Stretto; i tanti, troppi malati che si sono visti costretti a giacere sulle barelle nei corridoi dei Riuniti, invece di poter usufruire di un posto-letto a Scilla.
E' un Piano di Rientro che deve essere necessariamente rivisto e aggiornato tenendo conto che tra pochi mesi non muterà soltanto l’assetto istituzionale della nostra Provincia, ma muteranno i rapporti d'interazione sociale e, quindi, il rapporto che i cittadini avranno con tutte le strutture a servizio di questo nuovo agglomerato sociale, prime fra tutte quelle sanitarie. Non si avrà a che fare con singoli Comuni, bensì con un'area metropolitana che conterà più di 565.000 abitanti. I servizi sanitari dovranno quindi essere sì coordinati con il più ampio contesto regionale ma, allo stesso tempo, non potranno essere concentrati in un unico punto di quest'area così vasta e così densamente popolata, bensì distribuiti su tutta la sua estensione e con criteri tali da assicurare ai calabresi che ci vivono, quel diritto alla salute che da cinque anni a questa parte viene loro negato.
Non è un compito che potranno assolvere i ragionieri di Stato. No, è un compito essenzialmente politico, quella politica che finora è rimasta sorda ai tanti segnali provenienti dal territorio, alle proposte fatte e rimaste nei cassetti del Consiglio Regionale: il disegno di legge che prevedeva l’accorpamento funzionale di Scilla con i Riuniti è ancora lì, è necessario riprenderlo, rileggerlo e aggiornarlo alla luce del nuovo assetto sociale in cui ci apprestiamo a vivere.
E’ un compito primario, un dovere ineludibile, da assolvere con attenzione, oculatezza e rispetto, per il malato e per il cittadino di questo territorio, che del marciume visto finora ne hanno proprio abbastanza.