29 marzo 2020

NON ASPETTIAMO GODOT!

Ci sono rischi maggiori che pensare. Come, per esempio, uscire in questi giorni. Quindi, meglio stare a casa e impiegare parte del tempo a pensare.
Ho pensato alle parole del Papa.
Ho pensato al fatto che finora siamo stati fortunati: a non conoscere cosa vuol dire guerra; ad avere la possibilità di non farci mancare niente di ciò che è necessario; ad avere avuto la possibilità di avere tante cose non necessarie.
 Siamo cresciuti e diventati adulti, infatti, in una società che ha anteposto il profitto a ciò che serve, come osservava benissimo oggi Michele Emiliano, il governatore della Puglia. Il risultato:
- anche se abbiamo i soldi necessari, quando ci serve qualcosa non ce l'abbiamo. Non abbiamo chi fabbrica mascherine, tanto da aver dovuto riconvertire numerose attività perché se ne producessero abbastanza;
- anche se abbiamo le strutture ospedaliere, le abbiamo abbandonate perché "non rendono", così che oggi ci vediamo costretti a spendere dei soldi per poterli riattivare -là, dove possibile- per sopperire all'emergenza sanitaria che nessun Piano Sanitario regionale ha mai preso in considerazione potesse verificarsi. Così è stato in Calabria ma anche in Lombardia (vedi il caso dell'ospedale di Legnano, abbandonato al punto tale che oggi ci vorrebbe un anno di lavori per poterlo riutilizzare, così che si è preferito costruire un reparto nuovo di sana pianta).



Siamo stati fortunati, fino ad oggi, fino a questi giorni tremendi. E quando uno è fortunato, non ha altri pensieri, in fondo, è come i personaggi di "Aspettando Godot": aspettano, incuranti del tempo che passa, stando fermi lì dove sono, ingannando il tempo inventandosi le cose più futili, non credendo a nulla se non all'arrivo di qualcuno che, in verità, non arriverà mai.
Così, la società del progresso, la società che crede di aver raggiunto l'onnipotenza, è in realtà costituita da un insieme di barboni esistenziali, di signorottti-padroni che tengono al guinzaglio i propri servitori che comandano a bacchetta, i quali, dal canto loro, sono ben felici di farlo, rifiutando di pensare con la propria testa, rifiutando di parlare o, quando lo fanno, dimostrandosi incapaci di articolare un ed esprimere un pensiero autonomo.
Una società, la nostra, che non va avanti come crediamo, non progredisce ma, semmai, regredisce. Sì, perché i barboni esistenziali -alcuni dei quali pensano anche al suicidio, così, tanto per avere qualcosa da fare- continuano a rimanere tali, mentre tra il signorotto-padrone e il servitore le distanze si accorciano al punto tale che non c'è più differenza agli occhi degli altri, si appiattiscono uno sull'altro, senza più essere distinti: agli occhi degli altri, uno identifica l'altro. Ma è una simbiosi al ribasso la loro: sia il servitore -il cui nome è Lucky, cioè fortunato- sia il suo padrone (di nome Pozzo, come il pozzo si scienza che si crede essere ogni potente di turno) diventano uno sordo e l'altro cieco.
Così siamo diventati noi fortunati a vivere questa epoca: deboli, vulnerabili nelle nostre "false e superflue sicurezze", che ci hanno resi sordi e ciechi verso la tempesta che stava arrivando e si è materializzata i questi mesi con evidenza tanto drammatica.



Adesso stiamo combattendo contro un nemico invisibile e, per questo, più pericoloso. "In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose", come dice il Papa, pur non potendo muoverci più di tanto fisicamente, non dobbiamo rimanere fermi ad aspettare né Godot né nessun altro.
Dobbiamo darci da fare, rimodulare le nostre priorità  e conseguentemente le nostre scelte, sia nel pubblico che nel privato; dobbiamo trovare il coraggio di abbandonare l'affannosa ricerca di onnipotenza e di possesso. 
Usiamo la nostra intelligenza non per ricercare il profitto fine a sé stesso -che si rivela inutile- o per seguirne -come ciechi- la logica. Usiamola l'intelligenza, ma per "permettere nuove forme di solidarietà", perché per quanto possa essere grande, ricco e potente, nessuno in questa tempesta si potrà salvare da solo.

08 marzo 2020

TU


T'ho vista ridere, serena e felice,
gioire di piccole cose
con l'entusiasmo di una bambina.
Ho ascoltato la tua voce
ansiosa di raccontare,
calma e dolce nel comprendere.

T'ho vista irrequieta, addormentarti
lasciandoti vincere dalla stanchezza,
e fare chissà quali sogni,
cullata da piccoli vuoti d'attrito.

T'immagino, in viaggio,
sentire il gusto della libertà,
nel vento che ti accarezza
e che ti fa amare la vita.

T'immagino danzare,
muoverti al ritmo di una canzone
che odora di terra d'Africa,
che ha il sapore di un'isola lontana,
oltre l'alba di là dal mare.

T'ho vista diventare isola,
per essere, esistere, in un mare
conosciuto ma estraneo
e riempirti gli occhi del tuo mondo,
nel quale gli altri non sono
che ombre su un muro.

T'ho vista far della tua isola
uno scudo, contro il male che viene
da questa terra ma è costretto
ad arrendersi di fronte al mare.

T'ho vista piangere
al cospetto della santità
e ho voltato le spalle,
per rispetto alla tua intimità,
alle emozioni liquide,
frammenti di segreti, sgorgati
come piccole gocce dal tuo cuore.

T'ho vista, ascoltata, immaginata
e ti vedo, adesso, qui:
sorridi e sei,
semplicemente, tu.