Da calabrese, ho bisogno di sfogarmi. Perciò, mi sia consentito dire (come cantava il grande Rino Gaetano) la mia con qualche considerazione sul cortometraggio girato da Muccino per pubblicizzare la nostra Regione, una Calabria che i primi a conoscere poco siamo proprio noi.
L'intento dichiarato era quello di suscitare emozioni. A giudicare dal diluvio di critiche per lo più negative, possiamo certamente dire che Muccino ha compiuto la sua missione.
Non mi soffermo più di tanto sulle questioni tecniche, né sull'esposizione fruttifera cui abbiamo assistito e che si sarebbe potuta girare in qualunque mercato generale italico.
Anch'io sono stato emotivamente colpito, in negativo, da ciò che ho visto. Quella rappresentata nel pur breve filmato, non è certamente la Calabria che i calabresi conoscono; non è neanche la Calabria che chi, pur favorevolmente emozionato da quelle immagini e, perciò, indotto a visitare la nostra terra, si troverà davanti. Perciò, si tratta di pubblicità ingannevole che, se non sbaglio, è attualmente sanzionata dalle norme vigenti.
Chi volesse venire da noi, infatti, non troverà uomini con la coppola né scecchi quadrupedi che camminano per strada. Invece, di scecchi bipedi, che camminano in posizione eretta per ragioni evolutive (ma sempri scecchi sunnu), ne troverebbe un bel po', come da qualsiasi altra parte del mondo.
Dalle immagini viene fuori una terra dai colori che non sono i suoi, una regione ferma, cristallizzata nel tempo e negli spazi scenici che ripetono luoghi e situazioni viste e riviste, in un set cinematografico che sembrava il palco di una commedia dialettale amatoriale. Citazioni volute? Non credo. Voglio pensare, piuttosto, che Muccino sia ricorso a questo escamotage non per sua incapacità ma per non aver avuto il tempo di sviluppare un'idea nuova.
Ok, era un cortometraggio, non un documentario. Pur considerando il tempo limitato a disposizione del regista, però, non si può fare a meno di notare che quella che esce dalle immagini è una Calabria monca. Non vi è traccia, infatti, né di Reggio né di Crotone e delle loro rispettive province. Che non ci sia neanche Catanzaro -intesa come "città", per quanto mi riguarda, è un bene: 'mmucciamu i virgogni.
La colpa, però, non è soltanto di Muccino. Chi lo ha chiamato alla realizzazione del cortometraggio, avrebbe potuto fargli visitare meglio i luoghi più rappresentativi della nostra terra, che so, uno o due per provincia. Dieci spot di 30 secondi ciascuno, raccordati da una trama minima, come quella utilizzata, magari un po' meno fanciullesca. E in questa trama, che deve dare anche un'impronta storica, cambierei anche i nomi di alcuni personaggi. Un calabrese non si può emozionare con nomi come Adelaide e Penelope o Adelaide (quella che, nel cortometraggio, mangia la soppressata col finocchietto). Anche questa è un'informazione ingannevole. Da che Calabria è Calabria, noi ci emozionamo storicamente con Santina e 'Ddulurata o Filumena e 'Ntonia, o Giuvannina e Pascalina. Le Penelope, Adelaide, Jessica o affini che pur abbonano ai giorni nostri, all'anagrafe sono quasi tutti secondi nomi, cusì i nonni non s'offfendunu e i genitori su' cuntenti.
E poi, diciamocelo: quanti calabresi, se avessero dovuto portare la moglie nella propria terra d'origine, le avrebbero fatto fare due passeggiate tra gli alberi di clementine, spacciandole -in una delle due- per arance, come ha notato anche chi di agronomia se ne intende poco o nulla, come chi scrive? Anche quella scena del cortometraggio è pubblicità ingannevole.
Pare, però, che il tempo per realizzare il cortometraggio sia stato corto anche lui. In poco meno di una settimana hanno dovuto: montare il set stile Corleone anni '50; fare due passeggiate tra le clementine; correre verso una balconata con vista sul mare infinito; mangiare due fichi in spiaggia, aspettando il tramonto. L'unica cosa che non è stata corta, è la fila di zeri sull'assegno sganciato dalla Regione Calabria.
Non sempre un regista bravo a girare i film, riesce ad esserlo altrettanto quando è chiamato a misurarsi con un cortometraggio. In Calabria ne abbiamo avuto la prova. In ogni caso, Muccino ha assicurato di essersi emozionato, almeno lui, in maniera positiva. Gli auguro che l'emozione che ha provato lo spinga a tornare in Calabria, facendo anche una capatina nei tanti posti in cui non è stato e giri un film degno della Calabria.
I calabresi che conoscono, amano e vogliono riscoprire la loro terra e tutti gli italiani che vogliono imparare a conoscere e ad amare la Calabria, non meritano di essere ingannati.