Non scrivo da parecchio su questo blog, ma oggi ne sento il bisogno.
In tutto il mondo si dovrebbe festeggiare la festa della mamma, stando al calendario. Tutti in fila dal fioraio, muniti di mascherina, a compiere il nostro dovere di figli e di figlie, il minimo che possiamo fare.
C'è un Paese, però, dove molte figlie -e sono sempre di più- non solo non potranno festeggiare le loro madri oggi, ma non avranno la possibilità, loro, di diventare madri in futuro. Né madri, né medici, avvocatesse, imprenditrici, operaie, giornaliste, reporters, fotografe. Non potranno più farlo perché sono state brutalmente uccise, vittime di un terrorismo cieco, fuori dalla storia.
Per il prossimo 11 settembre, gli Stati Uniti hanno confermato che verrà completato il ritiro dal territorio afghano in coincidenza con il ventennale della strage delle Torri gemelle a New York e dopo aver faticosamente raggiunto un accordo “di pace” con i talebani, che in questi vent'anni hanno seminato odio e morte in terra afghana. Ironia della sorte, mentre i generali americani erano a colloquio con la stampa per dare conferma del loro disimpegno e dell'affidamento della sicurezza del Paese asiatico nelle mani delle forze di sicurezza afghane, in quelle stesse ore l'esplosione di un'autobomba e di due ordigni davanti a una scuola ha causato la morte di oltre cinquanta persone, in maggioranza giovanissimi studentesse, il cui futuro è stato così cancellato, bruciato come quei libri saltati in aria insieme a loro.
Secondo fonti delle Nazioni Unite citate dai quotidiani italiani, il numero delle vittime nei primi tre mesi di quest'anno è tornato ai livelli pre-accordo con i talebani.
Gli americani, così come la Nato, lasciano l'Afghanistan o, almeno, dichiarano di volerlo fare e ricominciano gli attentati. Non è una coincidenza, così come non lo è il fatto che a morire siano per lo più donne e ragazze che, nella visione fuori dalla storia dei terroristi, non hanno diritto a studiare e, quindi, ad essere parte integrante della società afghana.
Nessun esercito, nessuna forza straniera potrà sradicare l'odio terrorista e riportare la pace. Lo potranno fare solo gli afghani, prima, meglio e più efficacemente di chiunque altro. In particolare, lo potranno fare le donne, nel loro ruolo di madri, ecco perché sono il bersaglio di chi vive di odio.
Ne è consapevole Zarifa Ghafari, avvocato, attivista, politica e imprenditrice, attuale sindaco di Maidan Shahr, capitale della provincia di Wardak, Zarifa, eletta sindaca a soli 26 anni, ha ricevuto l'Internaional Woman of courage, il premio assewgnato dal Dipratimento di Stato degli Stati Uniti d'America alle donne nel mondo che hanno dimostrato leadership, coraggio, intraprendenza e disponibilità al sacrificio per gli altri, specialmente nel promuovere i diritti delle donne. Ho letto su twitter una sua dichiarazione, che dice tutto sul suo coraggio:
«I paesi sviluppati non sono un dono di dio né sono il risultato della magia. La gente ha lavorato duro per costruire il proprio paese e renderlo ben sviluppato. Così anche noi dobbiamo mantenere la nostra posizione, ed è l'unica ragione della mia presenza qui».
I paesi sviluppati sono il frutto del duro lavoro delle generazioni che ci hanno preceduto, è vero. Ma quel lavoro, gli uomini e le donne di quei paesi lo hanno potuto fare grazie anche e soprattutto a quasi ottant'anni di pace, quella che da troppo tempo manca in Afghanistan.
Perciò oggi il mio pensiero va alle mamme afghane, perché trovino il coraggio e la forza, sostenute dai loro uomini, di essere promotrici di pace per la loro terra.