Come avrete potuto leggere dalle cronache di questi ultimi giorni –riportate con risalto anche sulla home page del nostro sito- si moltiplicano in Calabria gli episodi di criminalità ai danni di operatori commerciali (che siano di piccole o grandi dimensioni poco importa).
Un’altra incresciosa vicenda, che ha trovato ampio spazio su giornali e tv locali, un po’ meno sulla stampa nazionale, è quella relativa alla chiusura forzata di un altro noto locale nei pressi di Santa Trada, il ristorante "Al Valentine".
Anche in questo caso, nonostante le segnalazioni alle autorità competenti (polizia, carabinieri, magistratura, ecc.) a seguito di attentati, o meglio "avvertimenti" sempre più pressanti, con intensità e pericolosità via via crescenti, i proprietari e gestori del locale, nella consapevolezza di non poter garantire l’incolumità della clientela, hanno dovuto preparare le valigie ed abbandonare la loro terra, dirigendosi verso la Francia.
Lì, lontano dall’aria della provincia reggina -che diventa ogni giorno sempre meno respirabile- cercheranno di rifarsi una vita, sperando di poter sfruttare le loro capacità imprenditoriali nella sicurezza, nella pace e nella serenità che solo una società civile –prima delle forze dell’ordine e della magistratura- può garantire.
Unico loro conforto (seppur praticamente inefficace), la solidarietà espressa dai ragazzi di Locri e da pochi altri.
Hanno chiuso, hanno gettato la spugna in lacrime, addolorati, spaventosamente impotenti e –quel che fa più male- quasi fossero loro a doversi vergognare di quello che avevano fatto, a dover scappare di corsa, come ladri, per non essere acciuffati.
Non dalla polizia, (che fatica ad acciuffare il 29° latitante più pericoloso, solo per far entrare nella famosa lista dei trenta colui che era al 31° posto), bensì dalla "pulizia" operata da quella gente che pensa di poter fare e disfare, creare e distruggere a proprio piacimento, senza alcun rispetto per la persona e la vita umana.
E’ solo gente malata. Sì, malata dell’effimera illusione di essere onnipotente, dell’effimera illusione di poter gestire a proprio piacimento ogni attività economica, da cui succhiare come parassiti l’unica cosa che la fa sentire viva, che crede di possedere ma da cui, in realtà è posseduta: il denaro.
Ma questa illusione durerà ancora per poco. Non perché le Autorità –e quindi lo Stato- riusciranno ad avere la meglio. Non perché ci sarà ancora qualcuno disposto a fare l’eroe, a sacrificare la propria vita per denunciare uno stato di cose di cui tutti noi siamo già perfettamente a conoscenza.
Questa illusione durerà poco perché, continuando di questo passo, finirà con l’autodistruggersi. Come? Proseguendo in questa costante, imperterrita opera di desertificazione.
Desertificazione del territorio, poiché proseguendo in quest’opera di far terra bruciata attorno a chi non è di loro gradimento, in Calabria finiranno col rimanerci solo loro: gli illusi schiavi del denaro.
La gente onesta, che lavora, che si fa in quattro per guadagnarsi da vivere, che è disposta a mettere la propria intelligenza al servizio della collettività andrà –seppur certo a malincuore- a seminare il germe del progresso da un’altra parte.
In Calabria resterà la terra nuda, spoglia di iniziative, di idee, di progetti, di vita. La terra, sola, dura come pietra.
La pietra delle lapidi di cui gli onnipotenti dell’effimero hanno già lastricato gran parte del nostro territorio. La pietra di cui hanno rivestito il loro cuore e quello di coloro che supinamente, vigliaccamente, si adeguano, vittime (anche loro) di una progressiva, umanamente gravissima ed inaccettabile desertificazione delle coscienze.
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