25 gennaio 2012

IL PUNTO DEBOLE. L’ospedale sacrificato dalla politica

Ha fatto scalpore la provocatoria lettera pubblicata recentemente dal sito Malanova.it, nella quale si chiedeva la disponibilità di Emergency a prendere in carico la struttura ospedaliera scillese. Anche nella lettera aperta, così come avevamo già fatto dalle colonne di questo giornale, viene ricordato che nella relazione della commissione parlamentare sugli errori sanitari è scritto a chiare lettere che «è stato richiesto di valutare l’effettiva esigenza della chiusura di ospedali quali quelli di Scilla e Rogliano». Ciò perché, al di là di tutti i conti e i parametri - alquanto discutibili – attraverso cui si sta attuando il Piano di rientro, la legge prevede espressamente che la valutazione della rispondenza delle strutture sanitarie al fabbisogno deve tener conto del criterio della soglia minima di efficienza.

E l’efficienza dimostrata negli anni dalla struttura ospedaliera scillese è direttamente proporzionale all’inefficienza con la quale gli stessi servizi assicurati fino a pochi mesi fa dallo “Scillesi d’America”, vengono oggi svolti presso gli Ospedali Riuniti di Reggio, che si ritrovano a dover far fronte a un numero di utenti tali da finire col costituire un doppio danno: per la salute dei reggini e per la bontà e la qualità del lavoro degli stessi operatori sanitari. 

A ciò si aggiunge un altro aspetto, richiamato seppur indirettamente, da una recente sentenza del Tar di Reggio, con la quale è stata annullata la soppressione di cinque postazioni di guardia medica nella Piana di Gioia Tauro. Nella Sentenza i giudici scrivono: «La razionalizzazione del servizio di continuità assistenziale non può, evidentemente, passare solo attraverso un calcolo numerico ma attraverso un’attenta valutazione, da parte della Regione (ed ora ad opera del Commissario per l’attuazione del Piano di rientro), oltre che delle ragioni di spesa pubblica, delle caratteristiche orogeografiche, abitative e organizzative del territorio». Se questo principio è stato riconosciuto valido per le guardie mediche, la logica vorrebbe che esso valga, a maggior ragione, per le strutture ospedaliere. Ma, nei fatti, così non è! I casi di Scilla e Rogliano, piccolo centro della provincia di Cosenza, ne sono l’emblema.

Posto a 660 mt sul livello del mare, Rogliano conta 5.828 abitanti distribuiti su poco più di 41 Kmq (140,9 abitanti/kmq) ed è conosciuto come il paese delle 12 chiese. Scilla di chiese ne ha “solo” otto (10 se si considerano anche quelle di Melia e Solano Superiore); di abitanti qualche centinaio in meno ma con un territorio che sfiora i 44 Kmq (cui corrispondono 118,13 abitanti/kmq).

Da questi dati è evidente la similitudine orografica, abitativa e organizzativa dei due ambiti territoriali, i due originari presidi ospedalieri vengono inizialmente riclassificati come “ospedali territoriali”: per Rogliano vengono conteggiati complessivamente 50 posti letto esistenti, mentre a Scilla il totale è di 77. Secondo le originarie previsioni del Piano di rientro, a Rogliano i posti letto normalizzati (calcolati cioè sulla base dei ricoveri appropriati e del tasso di occupazione di singola capacità) avrebbero dovuto essere 51, quelli di Scilla 47.

I destini delle due strutture divergono nell’ottobre 2011, con due mosse repentine. Con un provvedimento ad hoc infatti si decreta di mantenere il presidio ospedaliero “Santa Barbara” di Rogliano nell’Azienda ospedaliera di Cosenza, compresi il numero dei posti letto normalizzati e il personale in esso operante. Il provvedimento, secondo quanto dichiarato dal governatore Scopelliti agli organi di stampa, è «l’unico atto esistente in tema di accorpamenti di strutture ospedaliere » e che perciò è da escludere l’esistenza di «una chiara volontà rivolta a penalizzare la sanità cosentina a vantaggio di altre realtà come quella di Reggio Calabria».

Successivamente viene messo nero su bianco il destino dello “Scillesi d’America”: da 47 posti letto, per via del nuovo riordino è soggetto al declassamento a Capt (centro di assistenza primario territoriale). E i posti letto appropriati? Scompaiono come per magia: zero! Dunque, il presidio ospedaliero di Rogliano mantiene i suoi 51 posti letto (uno in più di quelli rilevati nel 2009) e conserva le funzioni di ospedale, all’interno dell’azienda ospedaliera di Cosenza. 

Lo “Scillesi”, invece, accorpato all’Azienda ospedaliera di Reggio, dopo una vertiginosa sarabanda metamorfica diventa un Capt, viene individuato come possibile sede di una futura casa della salute, ma con zero posti letto. Non si capisce il perché di due destini tanto diversi per due presidi posti in realtà simili tra loro. Non esiste una spiegazione logica, ma ne esiste una politica: non penalizzare la sanità cosentina ma colpire con una raffica di provvedimenti spesse volte contraddittori, il punto che fin qui sta dimostrando di essere il più debole: l’ospedale di Scilla. 

L’ultima desolante dimostrazione l’abbiamo avuta di recente a Roma. Ai lavori della commissione parlamentare sugli errori in campo sanitario, il consigliere regionale Giuseppe Giordano (componente della commissione sanità in consiglio regionale) ha esposto le richieste dei sindaci dell’area grecanica e – si legge nel comunicato stampa – di «alcuni consiglieri d’opposizione del Comune di Scilla».

Per uno strano destino, Scilla riesce sempre a distinguersi dagli altri. Giordano, in quella sede, non era espressione di un partito politico, ma il rappresentante di un’intera commissione regionale e, quindi, di tutto il consiglio. Le istanze avanzate non possono e non devono essere solo dell’opposizione, ma di tutta la comunità scillese. Ancora una volta, come avvenuto in passato, Scilla si presenta debole. Ma la storia e la saggezza popolare ci insegnano che il destino di chi si dimostra debole è già segnato: se pecura ti fai, lupu ti mangia.

[Articolo pubblicato su “Scilla!” –Febbraio 2012]

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