I processi si fanno a cose fatte, a fatti avvenuti. I giudici con la testa, quelli, cioè, che hanno un cervello e lo sanno usare nel migliore dei modi per fare solo e soltanto la loro professione, valutano prove, documenti, ascoltano i fatti raccontati non da un lato solo, ma da tutti i testimoni degli accadimenti sui quali sono chiamati ad esprimere il proprio giudizio.
Ecco, quella a cui ho avuto il piacere di assistere qualche giorno fa, in occasione della presentazione del libro/docu-film “La notte di Sigonella”, è stata un'altra udienza del processo revisionista dell'operato di Bettino Craxi.
I fatti raccontati e i documenti desecretati dopo un trentennio, svelano chiaramente quale fosse la statura politica e, prim'ancora, morale dell'uomo Craxi.
L'uomo che governò l'Italia ininterrottamente dal 4 Agosto 1983 al 17 Aprile 1987 (un record di durata per i governi della nostra Repubblica) e che divenne capro espiatorio della famigerata quanto vituperata “prima Repubblica”, ad esclusivo beneficio di coloro che, nascosti dietro chi lo investì con un fitto lancio di monetine davanti all'hotel Raphael (era il 30 Aprile 1993); l'uomo che il giorno prima aveva sostanzialmente riletto un famosissimo suo discorso del 3 luglio 1992, nel quale stando dritto in piedi, immerso in un silenzio assordante, aveva solo detto ciò che tutti sapevano ma avevano sempre fatto finta di non vedere; l'uomo che visse il suo tempo finale su questa terra in esilio volontario, sull'altra sponda del Mediterraneo. Quell'uomo, Bettino Craxi fu la vittima sacrificale del terremoto pseudogiudiziario che ventitre anni fa cambiò in maniera drastica il panorama politico italiano, distruggendo non un modo di fare politica, bensì la politica in sé, intesa come servizio per il bene comune.
Da quel terremoto l'Italia stenta ancora a riprendersi.
Oggi, domenica delle Palme, mi rimbombano in testa le urla rimandate dai vangeli: “Crocifiggilo! Crocifiggilo! Crocifiggilo!” L'eco di quelle urla non è molto diversa dalle urla coperte dalla pioggia di monetine dell'aprile 1993. E Craxi fu crocifisso come un ladro, come il ladrone accanto a Gesù.
Craxi non fu giudicato da giudici con la testa, bensì da giudici con in testa…un progetto specifico, ben preciso: togliere di mezzo chi era divenuto troppo ingombrante, tanto da potersi permettere il lusso di sfidare anche i potentati internazionali (Stati Uniti, Israele), a costo di difendere un’idea di società e di mondo che ai loro occhi non doveva mai trovare concreta attuazione.
Craxi fu condannato in due processi per corruzione e per finanziamento illecito, ma uno dei giudici del pool anticorruzione di Milano, Gerardo D'Ambrosio, sostenne in proposito: «La molla di Craxi non era l'arricchimento personale, ma la politica». La politica....la politica Craxi la sapeva fare e l'ha sempre fatta guidato dall'ideale socialista e dal rispetto verso la storia e il prestigio dell'Italia.
La corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo riconobbe irregolarità e violazioni nei procedimenti giudiziari cui fu sottoposto, ma non tali da annullare le condanne ricevute.
Molti lo accusarono -a sproposito, prima di conoscere prove e fatti- di arricchimento personale. Chi si arricchisce sulle spalle degli altri, dei cittadini che governa, scappa a godersi la ricchezza, non si fa trovare. Chi si gode la ricchezza, non ha scrupoli di coscienza, è insensibile a tutto ciò che gli altri dicono di lui.
Craxi scappò, sì, in Tunisia, ma lo fece per conservare la propria dignità di uomo politico. Scappò ma continuò a scrivere, a fare sentire la sua voce, non si nascose, tutti sapevano dove fosse.
Craxi non rimase insensibile, tutt'altro. Credo di non sbagliare se scrivo che pianse lacrime amare, non per la sua situazione personale, ma per l'Italia. Ne pianse tante di lacrime, che nessun otre poteva contenerle, tanto che, come in una delle sue più belle opere artistiche, le sue lacrime per l'Italia sono rimaste per sempre impresse nell'amaro tricolore dipinto sulla superficie di un vaso.
Non era un santo, Craxi, è stato un uomo. Un uomo che ha dato all'Italia e agli italiani certamente più di quanto non abbia ricevuto in termini di riconoscenza. Quella riconoscenza che gli italiani che vogliono davvero conoscere la verità dei fatti, cercano di restituirgli un po' alla volta, attraverso la lettura dei documenti e degli atti ufficiali. E’ un processo diverso da quello cui fu sottoposto quando era in vita; non è un processo che fa rumore, il rumore della fretta (che ha dato vita a quel gatto cieco che chiamano “seconda repubblica”) ma, al contrario, è un processo lento destinato a durare ancora molti anni ma che porterà al giudizio finale, quello giusto, della storia.
Articolo interessantissimo e ricco di grandi verità storiche che condivido in toto, tranne nella parte in cui vi è scritto che che il nostro grande statista socialista scappó per andare in Tunisia. Lui non scappó. Partì per Hammamet da uomo libero, con il suo regolare passaporto. Nessun giudice aveva emesso alcun tipo di divieto di allontanamento dall'Italia, quando Craxi scelse la partenza per l'esilio in Tunisia. Craxi partì da uomo libero. Con la sua libertà... Che equivalse alla sua vita stessa. Angela Celeste Costantino
RispondiEliminaDal punto di vista umano, solo i veri ladri scappano lontano, tagliano i ponti e se la ridono alle spalle della gente, non provano emozioni né, tanto meno, versano lacrime e urlano il proprio dolore per un Paese che andava dritto verso l'abisso, come ha fatto Craxi fino alla fine. Questo gli dev'essere riconosciuto.
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