A pochi giorni dai primi responsi del Tribunale Amministrativo Regionale, che ha respinto quasi tutti i ricorsi che erano stati presentati lo scorso anno dopo l'approvazione del Piano Comunale di Spiaggia, numerose sono state le reazioni da parte di diversi operatori commerciali scillesi.
Senza la pretesa di essere esaustivo, ma al solo scopo di offrire un punto di vista esterno, riporto di seguito alcune considerazioni riguardo alle maggiori criticità riscontrate sul campo rispetto alle norme attualmente vigenti in materia di attività commerciali, offrendo qualche possibile soluzione.
Mi auguro che questo modesto contributo possa fornire utili spunti di riflessione, da approfondire nelle sedi istituzionali competenti.
So perfettamente che è un parere non richiesto, prendetelo perciò anche come uno sfogo personale. Avverto che la lettura sarà un po' lunga e probabilmente un po' ostica, per via di minimi riferimenti normativi comunque necessari. Me ne scuso in anticipo.
A) Le aree del demanio marittimo
Il Piano Comunale Spiaggia: un piano sovraordinato
C'è una parola che torna in continuazione nel nuovo Piano Comunale di Spiaggia, un aggettivo che viene ripetuto in maniera quasi ossessiva, ai limiti dell'ipnosi: sovraordinato.
E' ovunque, in qualunque paragrafo di relazione o articolo di norma d'attuazione. Torna e si ripropone pesantemente, fino a risultare indigesto.
Ma non c'è alternativa: stando così le cose, dobbiamo mandarlo giù. Per sopportarlo e digerirlo, non basta una gazzosa, ci vuole un buon amaro, di quelli potenti.
Diciamolo subito, a scanso di equivoci: sovraordinato non vuol dire ordinato dall'alto, cioè imposto. Vuol dire che il piano è soggetto a pareri, autorizzazioni, nulla-osta e attestazioni di varia natura. Ciò in quanto Scilla ha la fortuna/sfortuna di trovarsi su uno spicchio di terra e di mare nel quale abbondano i vincoli: paesaggistico, sismico, aree protette marine (e montane), idrogeologico.
Agli atti sovraordinati legati ai vincoli già noti, con l'approvazione del Piano Comunale di Spiaggia, si è aggiunta anche la Valutazione di Incidenza, necessaria per poter installare stabilimenti balneari, chioschi e pedane, poiché le aree demaniali interessate sono interne e/o limitrofe a zone di protezione speciale (ZPS) o siti d'interesse comunitario (SIC) facenti parte della rete Natura 2000.
Lo impone una direttiva europea del 1992 (Direttiva 92/43/CEE “Habitat”, art. 6.3), recepita con legge dello Stato nel 1997 (DPR 357/1997), che però ha in sé una stranezza: l'acquisizione del parere è obbligatoria sia per il Piano Spiaggia nella sua interezza, sia per ogni singolo intervento da esso previsto, che possa avere incidenze significative su un sito della rete Natura 2000, anche se conforme al Piano stesso! Ciò, con l'aggravante che nella norma europea non vi è alcuna distinzione e/o semplificazione in ragione del tipo di attività che ci si propone di svolgere: se all'interno di questa rete Natura 2000 devi installare piattaforme petrolifere o realizzare una serie di baracche di legno, non fa differenza: la legge è uguale per tutti.
Ora, da un'Europa che regolamenta anche la lunghezza delle zucchine perché possano essere commercializzate, non ci si deve aspettare di meno.
Ovviamente, poiché la norma europea non è la Bibbia, può certamente essere modificata e semplificata per determinati tipi di attività, come quelle turistico-ricreative nel loro complesso. Come? Prevedendo, ad esempio, un semplice elenco di attività che non hanno incidenze significative sui siti della rete Natura 2000, nel caso in cui siano conformi a quanto previsto da piani già oggetto di valutazione positiva.
La legge regionale e le limitazioni del Piano Comunale di Spiaggia
La Legge Regionale che regola l’esercizio della delega di funzioni amministrative sulle aree del demanio marittimo è del 2005. In essa e nel successivo Piano di Indirizzo del 2007, sono previste due norme che, nella pratica, divengono molto limitanti:
1) le aree destinate alla libera balneazione devono interessare una superficie non inferiore, nel totale, al 30 per cento del demanio marittimo ricadente nel territorio comunale. Nel PIR, con una diversa formulazione, invece, si prevede il mantenimento di aree di libera fruizione nella misura non inferiore al 30% o del fronte-mare, calcolata in relazione all'estensione della fascia demaniale disponibile alla balneazione.
2)
la distanza minima tra rispettive aree per nuove concessioni
non inferiore a 50 mt;
Stando ai dati riportati nel Piano
Spiaggia, è complessivamente utilizzata ad uso demaniale il 63%
della superficie totale, mentre il restante 37% è destinato alla
libera fruizione (percentuale di molto maggiore rispetto al minimo
del 30%). Di questo 63%, quasi il 43% è costituito da aree a tutela
paesaggistica, nelle quali è impossibile svolgere alcuna attività.
Dunque, la superficie demaniale effettivamente fruibile per attività
turistico-ricreative è, di fatto, pari al 20% della superficie
demaniale disponibile. Se ne evince, quindi, che la porzione di
demanio utilizzabile è minima, ragion per cui, sarebbero preferibili
forme di “insediamento intensivo”.
E' ciò che, di fatto, viene negato dalla seconda disposizione, quella più limitante. Stando alla lettera della norma, non vi è distinzione tra concessioni aventi utilizzo diverso: tra un chiosco e un lido o tra due chioschi o tra due lidi di nuova formazione, ci deve essere la distanza di almeno 50 mt.
Il Piano Spiaggia ha effettuato una leggera ridistribuzione delle aree concesse ai lidi -già esistenti- portandoli a 50 mt uno dall'altro. Non era obbligatorio, in quanto non erano nuove concessioni, ma il nuovo dimensionamento è stato vincolato dalla presenza delle aree di rispetto dei torrenti Monacena e Livorno.
La stessa norma è stata applicata un po' troppo drasticamente per le aree di nuova concessione per tipologie di utilizzazione simili (chiosco-chiosco), mentre, in alcuni casi, la distanza minima dei 50 mt non sembra essere stata rispettata per utilizzazioni diverse (chiosco-lido).
Perché parlo di norme limitative? Se prendiamo, ad esempio, la Regione Emilia Romagna, nella legge regionale (del 2003) e nelle relative direttive essa prevede due elementi di diversificazione rispetto alle norme calabresi:
si individua quale obiettivo regionale la dotazione minima di spiagge libere nella misura del 20% della linea di costa (invece del nostro 30%, ma con fronti mare indubbiamente più estesi di quelli calabresi), senza conteggiare le parti di spiaggia tutelate;
si favorisce l’unificazione di più concessioni demaniali marittime attraverso la gestione unitaria, promuovendo l’accorpamento di concessioni di diversa tipologia e/o concessioni aventi il fronte mare di dimensioni limitate. Ciò esclude, quindi, la necessità di una distanza minima tra concessioni. Anzi, è previsto che più concessionari e/o gestori di aree demaniali e relative strutture possono presentare congiuntamente un progetto unitario di accorpamento delle concessioni, anche al di fuori delle aree individuate dal Piano, purché sia prevista la gestione unitaria delle parti comuni, mediante convenzione con l’Amministrazione comunale.
Prevede, dal 2015, una Cabina di regia (formata dagli assessori regionali competenti e dai sindaci dei comuni interessati) che ha la funzione di individuare semplificazioni normative ed altre norme di agevolazione amministrativa in base alle specifiche esigenze dei Comuni del Distretto turistico balneare della costa emiliano-romagnola (istituito con decreto ministeriale nel 2014).
E' evidente, dunque, la diversa impostazione normativa tra le due regioni, figlia di due modi opposti di intendere il turismo: da una parte l'Emilia Romagna, terra delle cooperative, della socialità, che spinge alla cooperazione, cioè a fare le cose insieme in un settore di fondamentale importanza per l'economia regionale, a beneficio di tutti.
Dall'altra la Calabria, Scilla, dove la cooperazione -da oltre vent'anni a questa parte- è stata sempre vista con gli occhi del sospetto e dell'invidia e, per questo, ostacolata e/o letteralmente affossata.
E' stato più facile, certamente, favorire il singolo, perché più controllabile, generando solo altra invidia (figlia di ignoranza e/o incapacità), in qualche caso sfociata nell'odio.
La norma sulla distanza dei 50 mt si spiega solo con una ragione di fondo: io non devo vedere cosa fanno gli operatori concorrenti che mi stanno a fianco. In realtà, però, la natura calabrese è più forte della legge: l'invidia mi ha spostato gli occhi ai lati della faccia, come i pesci. Così, invece di guardare avanti dritto, verso l'orizzonte, preferisco guardarmi ai lati, per verificare se sono più o meno bravo di coloro che mi stanno a fianco.
Quanto alla Cabina di regia, sarebbe uno strumento che potrebbe risultare utilissimo -se ben utilizzato- per proporre semplificazioni e agevolazioni per paesi ad altissima valenza turistica come Scilla.
In particolare, l'istituzione dei distretti turistico-balneari, è prevista dall'art. 3 del D.L. n. 70/2011, convertito con modificazioni dalla Legge n. 106/2011.
Penso che non ci sarebbero particolari difficoltà a prevedere la loro formazione nell'ambito della Costa Viola, visto e considerato che già dal punto di vista paesaggistico l'area della Costa Viola costituisce un ambito già riconosciuto all'interno della stessa Città Metropolitana di Reggio Calabria, la quale dovrà pur servire a qualcosa!
Sarebbe opportuno, quindi, che oltre alle innovazioni sulla percentuale del fronte mare e sull'abbattimento/annullamento della distanza tra nuove concessioni, l'oramai vecchia norma regionale che regola l'utilizzo del demanio, si coordinasse con la normativa paesaggistica della nostra Città Metropolitana e, sulla falsariga dei distretti turistico-balneari, prevedesse una Cabina di regia o un organo consultivo comunque denominato, con le stesse finalità.
B) L'Area Portuale
Il
P.C.S. rimanda ogni previsione di intervento sull'area portuale alla
sovraordinata pianificazione prevista per gli interventi di
ammodernamento del porto, per i quali è in fase di approvazione il
relativo progetto.
Per lo svolgimento delle attività fino alla
realizzazione dell'opera pubblica da così lungo tempo attesa, il
PCS non dice nulla di nuovo rispetto al regolamento esistente.
Detto regolamento, che disciplina la “destinazione funzionale delle aree e banchine nell'ambito del porto di Scilla, è stato approvato il 30/03/2011 ma si basa su un verbale sottoscritto dal Comune di Scilla e della Capitaneria di Porto il 25/11/2009. Quindi, è vecchio di ormai 12 anni.
Naturalmente, il regolamento non ha comportato il passaggio delle aree demaniali marittime dell'area portuale al patrimonio comunale. In particolare, in detto verbale si prevedeva che il sedime stradale della viabilità di accesso al porto, cioè della strada -Via San Francesco da Paola- che dopo la galleria paramassi si immette nell'area portuale fino all'ingresso del quartiere di Chianalea, “sarà inglobato, con provvedimento e/o regolamento dell'amministrazione comunale, nel circuito viario cittadino”. Questo provvedimento non mi risulta sia stato emanato.
Dunque, nell'area portuale, rimasta interamente di proprietà demaniale, continuano a coesistere zone promiscuamente destinate in parte a parcheggio o sosta per i residenti e/o pedonale e in parte ad attività turistico-ricreative a carattere stagionale (non meglio identificate e, quindi, da intendersi, di qualunque genere tra le tipologie consentite dalla normativa regionale). Inoltre, sono previste zone di:
ormeggio di unità da diporto;
stazionamento unità da pesca;
ormeggio unità navali e natanti da diporto;
ormeggio unità da pesca.
A mio modesto parere, sarebbe opportuno:
assicurare un'area di sosta ai soli residenti;
limitare l'accesso e la sosta con auto ai non residenti almeno nel periodo estivo;
distinguere in maniera più chiara qual' è la porzione di porto che può essere adibita per attività turistico-ricreative rispetto alle attività più strettamente di carattere portuale, accorpandole per aree funzionali;
prevedere, nell'area destinata alle attività turistico-ricreative la possibilità di utilizzare una parte del molo foraneo o delle banchine, per lo stazionamento di attività turistico-ricreative da esercitare direttamente dalle imbarcazioni come, peraltro, avviene già da anni in numerosi porti e porticcioli turistici in tutta Italia (Campania, Toscana, Liguria, ecc.).
C) L'occupazione delle aree comunali
Il Regolamento per l'occupazione delle aree e spazi pubblici (TOSAP), approvato nel 2017 opera solamente una suddivisione del territorio comunale in tre categorie, ai soli fini dell'applicazione della tassa, ma non individua fisicamente le aree concedibili né le loro destinazioni possibili né le tipologie di strutture e i criteri d'esecuzione. Quest'ultima lacuna è stata -solo in parte- colmata dal “Regolamento per l'installazione di chioschi, gazebo, dehors, tettoie e simili” approvato dalla Commissione Straordinaria il 23/04/2018. Forti sono, comunque, le limitazioni.
I chioschi si possono collocare:
in zone di nuovi insediamenti residenziali con scarsità di locali utilizzabili per l'insediamento di attività commerciali (praticamente, solo Ieracari, dove manca tutto);
sui marciapiedi, lasciando lo spazio di almeno 1,20 mt per il passaggio pedonale;
nelle aree verdi, ma il chiosco deve avere, al massimo, la superficie di 1/10 rispetto a quella dell'area
solo per le attività di sola somministrazione di alimenti e bevande, anche in aree contigue ai mercati (cioè, in piazza San Rocco).
I dehors sono ammessi solo come pertinenze di attività già presenti, a condizione che lo stato dei luoghi e delle architetture lo consenta.
Quindi, allo stato attuale, sul suolo comunale non è possibile avviare un'attività commerciale nuova, che possa essere esercitata in chioschi, dehors o simili e che non sia presente anche in aree ove siano già presenti altre attività commerciali.
A parte chioschi e dehors, non viene prevista alcuna altra tipologia di insediamento a fini commerciali.
Da quanto sopra richiamato, emerge in maniera piuttosto evidente come tutta la normativa che regola il settore del commercio nel territorio scillese, sia affetta da due micidiali difetti:
sia “sovraordinata”, soggetta, cioè, a pareri, autorizzazioni, nulla-osta e attestazioni di ogni genere e grado, alcuni dei quali sproporzionati e manifestamente pleonastici;
sia oramai piuttosto datata e non al passo con una nuova concezione di offerta turistica e, quindi, con le nuove tipologie commerciali possibili in un territorio a forte valenza turistica come il nostro.
Nessuna delle innovazioni sopra proposte prendendo come riferimento norme già vigenti ed applicate praticamente con buoni risultati, che ritengo utili per ampliare e differenziare l'offerta turistico-commerciale, naturalmente, potrà mai essere attuata se gli operatori ed imprenditori commerciali scillesi, per primi, non capiranno che le loro lamentele e/o rivendicazioni personali, per quanto giuste e sacrosante, non incideranno mai se portate avanti singolarmente. Esse potranno essere accolte e trasformate in strumenti di pratica attuazione solo se avanzate in forma congiunta, come intera categoria produttiva nel suo complesso, tutta ed intera fondamentale per l'economia scillese.
Purtroppo, le esperienze fatte nel passato dal punto di vista associativo da parte dei commercianti scillesi, sono naufragate dopo poco tempo, pur avendo dimostrato quanto possano essere produttive. Il passato dovrebbe servire da insegnamento. Non per evitare forme associative, ma per migliorare ciò che non ha funzionato nelle precedenti occasioni.
Per questo, rivolgo a tutti loro un invito: pensate ad agire insieme, con spirito cooperativistico, anche tramite le organizzazioni sindacali di categoria, che a questo dovrebbero servire. Guardate dritto davanti a voi, perché lunga è la strada da percorrere per vedere riconosciute le vostre giuste rivendicazioni, non solo a livello comunale o regionale, ma anche delle istituzioni europee. Se continuate a guardare come i pesci, con gli occhi ai lati della faccia, andare avanti sarà molto più difficile, fino a risultare definitivamente impossibile.
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