Nel mese di gennaio u.s., si è persino svolto un incontro -promosso dal gruppo consiliare di minoranza “Unti per rinnovare”- perché la cittadinanza venisse portata a conoscenza della novità.
A quell'incontro -cui ho personalmente assistito- erano presenti anche alcuni cittadini di Bagnara che da più di un anno, portano avanti la loro battaglia contro l'elettrosmog, accompagnati dallo slogan “le uniche onde che vogliamo sono quelle del mare”. Gli amici bagnaresi hanno accolto con entusiasmo la novità scigghitana e, da allora hanno cercato di sollecitare l'attenzione dei loro amministratori. Qualche giorno fa, ho letto sulla Gazzetta del Sud che sembra che le cose si siano sbloccate e che, a breve, il consiglio comunale bagnaroto esaminerà la questione. Mi auguro però che non finiscano con l'approvare un regolamento come quello scillese. Eccone i motivi.
Premesso che, dalla data dell'incontro non avevo avuto la possibilità di leggerne il contenuto, una volta scovatolo su internet, mi sono premurato di dargli un'occhiata e, successivamente, di andare a vedere la cosiddetta giurisprudenza in materia. Com'era prevedibile, le sorprese non mancano.
All'art. 1, viene specificato che il regolamento, basato sul “Principio di cautela e di minimizzazione dell'esposizione” ha lo scopo di “salvaguardare la salubrità e la sicurezza negli ambienti di vita [materia di competenza statale] e di proteggere la popolazione dall'esposizione ai campi elettromagnetici”.
All'art. 2, la normativa di riferimento è soltanto quella nazionale, mentre non viene citata -perché inesistente- nessuna normativa di carattere regionale.
Nell'art. 5 si stabilisce che gli impianti in oggetto sono da considerarsi “nuove costruzioni”, soggette all'ottenimento dell'autorizzazione all'installazione (Legge 259/2003), previo pareri dell'ASL e dell'ARPA.
L'art. 7 -quello che sarebbe il più importante dal punto di vista sostanziale- è dedicato alla “localizzazione degli impianti. Vengono individuate (per mezzo di una cartografia che non è allegata al regolamento ma che comunque ho avuto modo di vedere) Aree di divieto assoluto di installazione (quali asili, scuuole, ospedali, carceri [???], ecc.) e Aree di particolare tutela (tutte quelle comprese entro i 100 metri dal perimetro di proprietà delle aree di divieto assoluto.
L'art. 8 detta invece le norme progettuali delle installazioni, fissandone:altezza massima, distanza minima dagli edifici residenziali, interramento delle strutture di sostegno, ecc. Ai fini della protezione dell'ambiente e del decoro paesistico [materie di competenza rispettivamente statale e (da dicembre 2006) regionale]
L'art. 10 rimanda direttamente al D.P.C.M. dell' 8 Luglio 2003 che fissa i limiti di esposizione. Inutile? Nella sostanza sì, c'è già la normativa nazionale, cui si rimanda espressamente anche nell'art. 16 . Dannoso? Forse, visto che il titolo recita: “Misure di cautela sanitaria”, che certamente non tocca al Comune stabilire.
L'art. 12, dispone che qualora gli Enti competenti riscontrino il superamento dei limiti d'esposizione “il Sindaco su proposta dell'ASL medesima, prescrive al Titolare dell'impianto l'adozione di misure di risanamento entro tempi definiti in relazione alla situazione verificata.”
L'art. 13, dispone che, oltre ai controlli eseguiti dagli Enti a ciò preposti (ASL e ARPA) “l'Amministrazione Comunale si riserva di attuare forme di controllo integrative, avvalendosi di soggetti privati....o di organi pubblici non assegnati territorialmente...”
Nell'art. 14 sono stabilite le sanzioni -a carico naturalmente dei gestori inadempienti- che variano da € 2.500 a € 10.000.
Nell'art. 15, si stabilisce (anche se è scritto davvero male), che per gli impianti situati in aree non idonee, i gestori titolari entro i 6 mesi dall'approvazione del regolamento devono presentare un piano per la loro rilocalizzazione ed entro altri sei mesi devono provvedere ad ubicarli in area idonea.
La giurisprudenza amministrativa, ha più volte ribadito che la possibilità data ai Comuni dalla Legge quadro n° 36/2001 è un potere di regolamentazione del tutto sussidiario (rispetto a quanto dettato dalla stessa norma), che deve riguardare soltanto i profili urbanistici e territoriali ma senza entrare nel merito dell'individuazione dei siti. Tale potere spetta solo alle regioni.
Non è quindi consentito ai Comuni, pur utilizzando formalmente strumenti di natura edilizia-urbanistica, di adottare misure quali un divieto d'installazione generalizzato o di introdurre misure che pur essendo tipicamente urbanistiche (distanze, altezze, ecc.) non siano funzionali al governo del territorio quanto alla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo. E' pertanto illegittimo un regolamento che stabilisca in quali zone possano o meno essere realizzati gli impianti oppure quale sia la distanza minima da abitazioni o da aree ritenute sensibili.
Inoltre, il regolamento comunale non può sovrapporre un proprio autonomo sistema di cautele (per prevenire i rischi dell'elettromagnetismo) alla specifica normativa statale, in quanto la salvaguardia della salute umana è materia di esclusiva competenza dello Stato.
Il potere regolamentare attribuito al Comune non avrebbe potuto essere esercitato se non previa definizione delle competenze ad esso spettanti da parte della legge regionale. Cosa che la Regione Calabria non ha mai fatto, atteso che i riferimenti legislativi citati nell'art. 2 del regolamento sono esclusivamente leggi statali.
L'approvazione da parte del Comune di un regolamento che contrasta con detti principi, oltre a costituire una violazione di legge, configura anche profili di incompetenza ed eccesso di potere.
[ Tratto da: Sentenza TAR Lazio n° 2438/2002; Sentenza TAR Calabria -sede Catanzaro- n° 2930/2002; Sentenza Consiglio di Stato -sez. VI- n° 2997/2003]
Per quanto desumibile dalle sopra richiamate sentenze, gli articoli: 1, 7, 8, 12, 13 e 15 sono del tutto o in gran parte contestabili da parte di qualsiasi titolare degli impianti in oggetto, in quanto contrastanti con la normativa vigente. L'art. 10, come detto, è completamente inutile.
Non considerando gli artt. 2, 4, 16 e 17, i quali enunciano soltanto riferimenti legislativi, definizioni, rinvii alla normativa nazionale ed entrata in vigore, nonché l'art. 3 che definisce l'ambito di applicazione, solo cinque articoli (meno del 30%) sono “fuori pericolo” di contestazione.
Nessuno di essi fa però cenno all'adeguamento del Piano Regolatore, il quale dovrebbe recepire al suo interno quanto previsto da un regolamento che per sua stessa natura va ad incidere direttamente e in maniera così incisiva sul territorio.
Dimenticavo di dire che le sentenze di cui sopra hanno portato all'annullamento degli atti deliberativi e dei regolamenti comunali nelle parti non conformi e, in qualche caso, al risarcimento del danno (nell'ordine di migliaia di euro) ai danni del Comune.
Nell'ormai famoso recente incontro sulle “tematiche” favazzinote, il Sindaco ha riferito -con un leggero sorriso sulle labbra- che una delle società che gestisce la telefonia mobile, ha già presentato ricorso contro il regolamento comunale scigghitano!
S'impone perciò con urgenza, da parte dell'intero Consiglio Comunale (e dei cittadini tutti anche per mezzo di appositi comitati), un attento riesame di un atto amministrativo così importante, passando da un'indispensabile preventiva intesa con la Regione (colpevolmente latitante sul tema, non avendo provveduto alla delega delle funzioni) e/o con la Provincia di Reggio Calabria, così come hanno già fatto in altre realtà più attente dell'Emilia o del Veneto. Non si può illudere la gente facendole credere che il regolamento approvato abbia chissà quali poteri taumaturgici, quando in realtà -come diceva l'indimenticabile Gino Bartali- “L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare!”
..mi pariva, Cumpari, virimu se capiscia:
RispondiEliminaLa Regione dovrebbe dire come e dove si possono installre le 'ntinne, lo stato dovrebbe dirci quanto effetto forno a microonde ci possiamo beccare al massimo, ed il Comune dovrebbe metterci il carrico se necessario e vigilare che tutto vada bene.. ìzzorraight?
Ma visto che a quanto pare, escluse le norme nazionali, ne' la Regione ne' il Comune hanno fatto le cose giuste.. in pratica, se io voglio piazzare la 'ntinna, mi metto d'accordo col proprietario del posto dove voglio metterla, la metto.. e se qualcuno dice ahi.. nci pazzu pavari puru i ranni.. Comune in testa!?!?!?!
..there's no salt.. nor potatoe!!
E' triste ammetterlo ma è così. Siamo il paese con più leggi, leggine e regolamenti al mondo ma, gira, vota e firrìa, cu' leva 'a furia sunnu sempri 'i poviri cristianeddhi.
RispondiEliminaNon vorrei ripetermi, ma ancora una volta:curnuti e bastuniati!