Pigghiati dal convulso susseguirsi di accadimenti che hanno caratterizzato l'estate scigghitana e gli ultimi giorni settembrini, sicuramente nessuno si ricorderà più del regolamento comunale per gli impianti di telefonia mobile.
Anche se sulla stamapa locale la cosa non ha fatto tanto 'rumore' da destare l'attenzione degli scillesi, proprio di recente è intervenuta una decisione del T.A.R. reggino che ci induce a dovercene ricordare forzatamente.
Nell'aprile del 2007, in piena 'bagarre elettrodotto', su questo blog si era diffusamente parlato dell'allora neo-licenziato regolamento comunale in materia.
Dopo una lunga disamina dei vari articoli e delle vigenti norme legislative -sia europee che nazionali- nonché di diverse sentenze della magistratura amministrativa, si concludeva:
Anche se sulla stamapa locale la cosa non ha fatto tanto 'rumore' da destare l'attenzione degli scillesi, proprio di recente è intervenuta una decisione del T.A.R. reggino che ci induce a dovercene ricordare forzatamente.
Nell'aprile del 2007, in piena 'bagarre elettrodotto', su questo blog si era diffusamente parlato dell'allora neo-licenziato regolamento comunale in materia.
Dopo una lunga disamina dei vari articoli e delle vigenti norme legislative -sia europee che nazionali- nonché di diverse sentenze della magistratura amministrativa, si concludeva:
"gli articoli: 1, 7, 8, 12, 13 e 15 sono del tutto o in gran parte contestabili da parte di qualsiasi titolare degli impianti in oggetto, in quanto contrastanti con la normativa vigente."
Sulla base del regolamento comunale, a febbraio dello scorso anno il Comune intimava alla Vodafone "la cessazione di ogni attività di trasmissione dai due impianti dei quali essa è titolare nel Comune (via Parco angolo via Matteotti e Stazione F.S.)", dando avvio al procedimento di disattivazione.
Il gestore telefonico ha proposto ricorso al T.A.R. -sezione di Reggio Calabria, il quale, con sentenza n. 541 dello scorso 29 agosto, come del resto era stato ampiamente previsto, ha accolto le tesi esposte dalla Vodafone.
Infatti, oltre a lamentare l'illogicità manifesta del provvedimento inviato dal Comune, la Vodafone faceva presente che lo stesso atto era viziato 'a monte' "dall’illegittimità del Regolamento in materia di telefonia mobile approvato con deliberazione consiliare n. 56/2006".
Questa osservazione è stata accolta in pieno dal T.A.R. reggino, che l'ha addirittura ritenuta "preliminare e assorbente" -vale a dire di importanza rilevante rispetto alle altre "lagnanze".
L'attenzione dei magistrati si è concentrata in particolare su due articoli: il 7 -che stabilisce le aree di divieto assoluto e quelle di particolare tutela, limitando perciò le aree di territorio utilizzabili per l'installazione degli impianti- e il comma 2 dell'art. 15, che estendendo le prescrizioni del nuovo regolamento anche agli impianti già esistenti, viola un principio dettato da norme europee.
Sulla base del regolamento comunale, a febbraio dello scorso anno il Comune intimava alla Vodafone "la cessazione di ogni attività di trasmissione dai due impianti dei quali essa è titolare nel Comune (via Parco angolo via Matteotti e Stazione F.S.)", dando avvio al procedimento di disattivazione.
Il gestore telefonico ha proposto ricorso al T.A.R. -sezione di Reggio Calabria, il quale, con sentenza n. 541 dello scorso 29 agosto, come del resto era stato ampiamente previsto, ha accolto le tesi esposte dalla Vodafone.
Infatti, oltre a lamentare l'illogicità manifesta del provvedimento inviato dal Comune, la Vodafone faceva presente che lo stesso atto era viziato 'a monte' "dall’illegittimità del Regolamento in materia di telefonia mobile approvato con deliberazione consiliare n. 56/2006".
Questa osservazione è stata accolta in pieno dal T.A.R. reggino, che l'ha addirittura ritenuta "preliminare e assorbente" -vale a dire di importanza rilevante rispetto alle altre "lagnanze".
L'attenzione dei magistrati si è concentrata in particolare su due articoli: il 7 -che stabilisce le aree di divieto assoluto e quelle di particolare tutela, limitando perciò le aree di territorio utilizzabili per l'installazione degli impianti- e il comma 2 dell'art. 15, che estendendo le prescrizioni del nuovo regolamento anche agli impianti già esistenti, viola un principio dettato da norme europee.
In merito all'art. 7, nella sentenza si afferma chiaramente: "La giurisprudenza ha da tempo chiarito, infatti, che al Comune non è concesso di limitare soltanto ad alcune zone del territorio l’installazione degli impianti di telefonia mobile e che l’unica condizione che può essere imposta è quella di non superare i limiti legali di esposizione, oltre a poche eccezioni sui c.d. siti sensibili, singolarmente individuati e legittimamente esclusi dalle installazioni (es. scuole, ospedali, ecc.).
E’ altresì pacifico che ai Comuni non spetta disciplinare, nei loro regolamenti, l’installazione di impianti di telefonia mobile con limitazioni o divieti generalizzati e tali da non consentire una diffusa localizzazione sul territorio del servizio pubblico relativo, quando tale potere sia rivolto ad aspetti collegati con la salute umana (il che nella specie non risulta avvenuto), dal momento che siffatte esigenze sono valutate dagli organi statali a ciò deputati. Al Comune è consentito solo, con disposizione innovativa rispetto alle precedenti competenze in materia urbanistica, dettare prescrizioni volte a "minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici" (art. 8, comma 6, legge n. 36 del 2001).
A tale scopo può prevedere siti sensibili, quali scuole o ospedali, ma non può estendere, come avvenuto nella fattispecie, siffatti siti all’intero centro abitato (v.. ad esempio, C.S., VI, 19 giugno 2009, n. 4056, cit.; C.S., VI, 5 giugno 2006, n. 3332)."
Riguardo alla retroattività stabilita dall'art. 15 -comma 2, spiega che essa: "... viola chiaramente il principio, di derivazione comunitaria, di tutela dell’affidamento e della stabilità dei rapporti giuridici (v. T.A.R. Campania, I, 8 aprile 2005, n. 3587; C.S., VI, 9 giugno 2006, n. 3452)."
Davanti a tali motrivazioni -peraltro suffragate da una vasta e consolidata giurisprudenza- appare evidente che le previsioni dettate dal regolamento comunale di telefonia relativamente agli articoli citati (7 e 15.2) sono illegittimi, per cui anche il provvedimento con il quale il Comune intimava la 'fine delle trasmissioni' nei due impianti, è illegittimo.
Pertanto il T.A.R. ha accolto il ricorso della Vodafone e, oltre ad annullare il provvedimento comunale dello scorso anno, ha disposto il "...conseguente annullamento degli articoli 7 e 15 del Regolamento per l’installazione di impianti fissi di telefonia approvato con deliberazione del Consiglio comunale di Scilla n. 56/2006 - nella parte in cui, rispettivamente, vietano l’installazione degli impianti nei centri abitati e estendono retroattivamente la disciplina regolamentare agli impianti esistenti...".
Un'ultima annotazione: per stavolta, la corte ha disposto la compensazione delle spese tra le parti, senza decidere oltre in danno del Comune, ma poteva andare peggio...
Alla luce di quanto avvenuto, appare in maniera evidente l'urgenza di intervenire sul testo del regolamento approvato e apportare le necessarie modifiche, così che esso divenga davvero uno strumento utile alla salute e agli interessi della collettività e dell'Ente che la amministra.
Davanti a tali motrivazioni -peraltro suffragate da una vasta e consolidata giurisprudenza- appare evidente che le previsioni dettate dal regolamento comunale di telefonia relativamente agli articoli citati (7 e 15.2) sono illegittimi, per cui anche il provvedimento con il quale il Comune intimava la 'fine delle trasmissioni' nei due impianti, è illegittimo.
Pertanto il T.A.R. ha accolto il ricorso della Vodafone e, oltre ad annullare il provvedimento comunale dello scorso anno, ha disposto il "...conseguente annullamento degli articoli 7 e 15 del Regolamento per l’installazione di impianti fissi di telefonia approvato con deliberazione del Consiglio comunale di Scilla n. 56/2006 - nella parte in cui, rispettivamente, vietano l’installazione degli impianti nei centri abitati e estendono retroattivamente la disciplina regolamentare agli impianti esistenti...".
Un'ultima annotazione: per stavolta, la corte ha disposto la compensazione delle spese tra le parti, senza decidere oltre in danno del Comune, ma poteva andare peggio...
Alla luce di quanto avvenuto, appare in maniera evidente l'urgenza di intervenire sul testo del regolamento approvato e apportare le necessarie modifiche, così che esso divenga davvero uno strumento utile alla salute e agli interessi della collettività e dell'Ente che la amministra.