Abbiamo tutti ancora negli occhi le file incredibili di persone davanti al muro dell’aeroporto di Kabul, in attesa di poter trovare un aereo su cui imbarcarsi per sfuggire ai talebani e garantirsi la libertà.
Ognuno di loro aveva dei documenti in mano, erano la prova della loro collaborazione con i paesi occidentali nel corso degli ultimi vent’anni, il loro lasciapassare per la libertà.
Purtroppo, non c’è stato il tempo per portare via tutti e molti, la maggior parte, di quegli uomini, donne e bambini, sono rimasti con le carte in mano ma fuori dall’aeroporto. Non hanno avuto altra scelta che tornare a casa, prendere ancora qualche altra cosa che avevano lasciato e scappare a nascondersi, per evitare di essere trovati dai talebani che sicuramente troveranno il modo e il tempo di vendicarsi della loro collaborazione con gli “infedeli”.
Pensavo a loro, l’altro giorno, mentre ero in fila per entrare in un centro medico per una visita. Prima e dopo di me, tante persone, per lo più anziane. Tutti avevano in mano la loro bella prescrizione medica, il loro lasciapassare verso le cure di cui hanno bisogno.
Fuori pioveva con una certa insistenza e le persone, per ripararsi dalla pioggia, spingevano più del dovuto, alla faccia delle disposizioni anticovid.
A un certo punto, l’assistente che teneva in ordine la fila e controllava i documenti in una sorta di pre-check-in, chiarisce: signori, un attimo di attenzione: tutti gli esami sono a pagamento perché abbiamo finito il budget assegnatoci dalla Regione Calabria. Sono esenti solamente i pazienti con il codice di esenzione 48.
Per gli altri, bisogna aspettare la riassegnazione del budget per il prossimo anno: arrivederci a gennaio (cu’ campa).
Bene, il codice 48 è quello assegnato ai pazienti oncologici. Per uno strano gioco del destino, a questi pazienti che sanno bene di essere dei morti che ancora camminano, la sanità italiana ha assegnato il numero 48 che nella smorfia napoletana è il “morto che parla”. Suona come una bizzarra e tragica presa in giro, degna del miglior teatro napoletano.
Alle parole dell’assistente, tra i presenti si diffonde l’angoscia. Tutti controllano freneticamente il loro codice di esenzione e quando si rendono conto che il loro numero non è il 48, molti escono dalla fila, si girano e se ne vanno sconsolati, fuori nella pioggia, perché sanno che non possono pagare l’esame medico di cui hanno bisogno. Altri vengono invitati a telefonare per un preventivo. L’alternativa per tutti, è rivolgersi alla sanità pubblica, gratuita, ma i cui tempi –soprattutto per gli esami specialistici- sono molto più lunghi di settimane se non, addirittura, mesi. Alla faccia di chi ha bisogno.
Mentre assisto a questa tragica scena, nella mia mente si materializza l’inevitabile parallelo con l’Afghanistan, che poi tanto parallelo non è. E', piuttosto, un intreccio, un cerchio che si chiude.
La verità è che gli Stati Uniti sono andati via da quel Paese perché devono pensare alla loro economia e, tra l’altro, a completare e migliorare la riforma sanitaria voluta dal Presidente Obama. Scopo di quella riforma è garantire a tutti i cittadini statunitensi il diritto a curarsi. E’ un diritto che, fino alla riforma Obama, poteva permettersi solo chi aveva i soldi. Intollerabile.
Così come è
intollerabile che mentre gli Stati Uniti si sforzano di copiare il modello
socio-sanitario europeo, in Italia quel modello lo abbiamo abbandonato e con l'incompetenza lo abbiamo
trasformato in quello americano pre-riforma obamiana.
Così, quella che fino a pochi anni fa era una scena molto frequente a Harlem o in tutte le periferie o i quartieri “difficili” degli Stati Uniti, oggi accade sotto i nostri occhi in Calabria, regione provata, esausta, dopo oltre un decennio di commissariamento sanitario che ha dato il colpo di grazia a una gestione sanitaria regionale che ha fatto più danni dei talebani in Afghanistan. Sì, perché ha portato alla dissoluzione della sanità regionale ed alla conseguente negazione del diritto alla salute per i calabresi. Reati per i quali nessuno, finora, è stato giudicato responsabile.
Che nella sanità regionale abbiano fatto più danni dei talebani non è un’esagerazione: gli afghani a Kabul sono rimasti con i loro lasciapassare in mano e sono andati via, con il pericolo di vedersi negato il loro diritto alla libertà; i calabresi del Calabristan sono rimasti con i loro lasciapassare in mano e sono andati via, vedendosi negato il loro diritto alla salute.
Se hai la
salute, puoi lottare per la tua libertà, puoi lottare per non morire. Ma se hai
la libertà e non puoi curare la tua salute, sei condannato a morte.
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