18 novembre 2012

ISRAELIANI E PALESTINESI: I SCECCHI SI SCIARRIUNU E…

gaza Poche cose sono o sembrano immutabili nell'universo, una di queste è l'odio tra israeliani e palestinesi.
Sì, Hamas è un'organizzazione terroristica di cui aver paura, che nessuno dei palestinesi è riuscito a “disinnescare” e da cui è giusto e sacrosanto difendersi.

Ma come definire uno Stato che, andando ben oltre il diritto di difendersi, ammette pubblicamente che i bombardamenti in risposta ai razzi palestinesi sono un atto politico?!
Uno Stato la cui politica è basata sui bombardamenti è peggio che terrorista, è uno Stato guerrafondaio.

La cosa è doppiamente tragica se si considera che trattasi di uno Stato -quello di Israele- nato proprio in conseguenza alle devastazioni del più grande conflitto mondiale del secolo scorso.

Il passato non ha insegnato nulla. E' una situazione insopportabile, cui bisogna porre fine prima che accada l'irreparabile.

Dice un nostro detto: quandu 'u sceccu non voli mbiviri, ambatula nci frischi.
Ma israeliani e palestinesi sono "scecchi" che si fanno la guerra oramai da 65 anni, in maniera pressoché continua.
E quandu i scecchi si sciarriunu, i barriddhi levunu 'a furia.
I barriddhi sono gli innocenti, i bambini, che da un lato e dall'altro, muoiono senza nemmeno sapere perché.
Ho ancora negli occhi le lacrime di una ragazza il cui fratellino è stata la prima vittima di questi nuovi “raid punitivi” che stanno infiammando Gaza in questi ultimi giorni.

Quante lacrime dovremo ancora vedere? Che sgorghino dagli occhi delle mamme o delle sorelle israeliani o palestinesi che siano, non hanno tutte lo stesso sapore? Il sapore salato di quel sale che torna a spargersi su una delle ferite più profonde di questo nostro mondo.

Come uscirne?
La soluzione è una e una soltanto: dare a ciascun popolo il diritto ad avere un proprio Stato.
Se questa possibilità è stata concessa a Israele, quasi a parziale risarcimento di quanto subito nella seconda guerra mondiale, perché non concederlo ai palestinesi?

E' un principio sacrosanto, riconosciuto da tutte le democrazie occidentali, condiviso dal mondo arabo moderato, sul quale si è già più volte discusso in passato, ma che deve trovare attuazione nel più breve tempo possibile.
Come fare?
Un ruolo fondamentale dovrebbe giocarlo l'Onu, così come fece nel 1947, riconoscendo Israele.
Convocherei in seduta permanente i rappresentanti israeliani e palestinesi -assistiti da Stati a loro vicini, con esclusiva funzione di mediazione- e li "costringerei" a trovare un accordo definitivo e vincolante per sempre.
Su quell'accordo, in deroga al regolamento vigente all'Onu, non vi deve essere la possibilità di porre alcun veto da parte di qualunque altro Stato. Nessuno ha il diritto di decidere il destino di un popolo se non quel popolo stesso. Si chiama autodeterminazione.

Dicevo prima delle madri, delle sorelle, dei bambini, vittime innocenti.

Ecco, mentre padri e fratelli sono impegnati a farsi la guerra, dovrebbero essere le mamme e le sorelle israeliane e palestinesi a dire: basta, non vogliamo piangere più!
Dovremmo tener presente solo una cosa: non ci sarà nessun futuro senza bambini, né per gli israeliani, né per i palestinesi.
Perciò, inviterei tutte le organizzazioni mondiali che si occupano dei bambini, a partire dall'Unicef, a stabilire una sede comune operativa proprio nei territori dei due Stati, organizzando eventi che coinvolgano bimbi arabi e israeliani insieme.
Vorrei che quei territori, dove oggi i bambini sono vittime e ostaggi innocenti, fossero per così dire ostaggio dei bambini, della loro voglia di vivere, della loro voglia di avere un futuro, indipendente e comune.
Questa loro azione continua, incessante, la forza della loro innocenza, è l'unica che può ancora riuscire a convincere i rispettivi rappresentanti politici a trovare una soluzione che sia definitiva, prima che sia troppo tardi per tutti.

n.b.: foto tratta da http://www.ilmessaggero.it/foto/nuovi_raid_su_gaza_uccisi_nove_bimbi/5-10481-232445.shtml

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