Scilla si appresta a riassaporare il piacere dell’esercizio della democrazia. Con un decreto pubblicato giusto ieri 19 marzo, è stata fissata la data delle oramai prossime elezioni amministrative: torneremo alle urne il 25 e 26 maggio. Così, i due anni di commissariamento, durissimi da tanti punti di vista, si avviano al termine: la terna commissariale, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, si potrà dedicare solo alla gestione dell’ordinaria amministrazione.
In un paese normale, anche festeggiare un santo dovrebbe rientrare nell’ordinaria amministrazione. Eppure…
Proprio ieri, si è svolta come ogni anno e come da consolidata tradizione, la processione in onore di San Giuseppe per le vie dei quartieri di Chianalea e Marina Grande. Quest’anno, a causa dei fenomeni franosi di lieve entità che nei mesi scorsi si sono manifestati dalla rocca del castello sul lato di Marina Grande, il percorso ha subito una leggera variazione, essendo chiusa al transito la Via San Francesco da Paola –strada che collega Marina Grande al porto e, quindi, a Chianalea.
Tutto si è svolto come da programma, salvo una cosa: non ci sono stati fuochi artificiali.
Ora, va bene che si tratta di un evento di preminente significato religioso, ma ogni festa è di tutta la comunità, fatta di credenti e non credenti, anziani, giovani e bambini. Per tutti, i fuochi d’artificio sono uno dei segni peculiari della festa, tant’è che erano stati preannunciati anche nel programma ufficiale della festa, pubblicato dalla Parrocchia scillese ben 11 giorni prima lo svolgimento della manifestazione.
Le feste costituiscono sempre un’attrattiva –vuoi per la bellezza dei fuochi in sé, vuoi per il particolare scenario in cui ha luogo lo spettacolo pirotecnico, un palcoscenico naturale invidiatoci da tutti. Per questo i fuochi legati alle feste tradizionali scillesi sono, da sempre, motivo di richiamo turistico, con conseguente vantaggi per gli operatori economici scillesi, che pure dovrebbero essere sostenuti dall’Ente a loro più prossimo.
Ebbene, quest’anno San Giuseppe è stato “sfocato”.
Eppure, le richieste erano state presentate con il dovuto anticipo presso gli uffici comunali competenti. Si sarebbe dovuto sparare dal molo del porto, stessa location dei fuochi della scorsa festa in onore di San Rocco. Non è stato possibile, non è stata concessa l’autorizzazione né per il sito del porto né per altri siti (alcuni dei quali già utilizzati in passato, analogamente al porto), che pure erano stati proposti all’attenzione degli uffici e della terna commissariale come valide alternative, tecnicamente attuabili con le dovute precauzioni, come avvenuto in passato. Nessuna risposta ufficiale, nessuna motivazione ufficiale messa nero su bianco. Solo silenzio.
Come, ahimè, avvenuto già in altre circostanze e per altre vicende scillesi (vedasi il caso ASP per lo “Scillesi d’America”), anche per la festa “sfocata” non ci sono state risposte ufficiali, messe nero su bianco. Evidentemente gli scillesi non meritano risposte. Lo stato italiano non è in grado di dare risposte. Perciò, continueremo a vivere fino al 25 maggio ”tra color che son sospesi”, in un inferno che continua ad avere poco di poetico e molto di reale.
Evitare di dare risposte è la cosa che più fa male. Meglio un “no” deciso e motivato, del silenzio, che consuma chi lo subisce, moderna fiamma dell’inferno burocratico.
Mi chiedo: possibile che nessuna delle soluzioni proposte potesse essere attuata? Possibile che le leggi della Repubblica italiana siano talmente ferree da impedire perfino lo svolgimento di una semplice festa di paese?!
Non ci credo. Non è possibile che sia così, per una semplice ragione: se le leggi sono tali da impedire, nei fatti, la normale vita di una comunità, allora quelle leggi sono inutili e dannose perché non sono leggi di uno stato democratico. E fino a prova contraria, l’Italia è ancora uno stato democratico e Scilla ne fa parte.
Mi limito ad osservare che il rispetto delle tradizioni, degli usi e consuetudini locali -feste religiose comprese- è la prima forma di rispetto verso lo Stato democratico, poiché essi sono alla base della piramide delle fonti del diritto italiano. Rispettare tradizioni, usi e consuetudini locali, quindi, è la prima forma di legalità.
Ma se le tradizioni non vengono rispettate perché lo stato è incapace o, peggio ancora, evita di dare risposte? E Il cittadino, le associazioni, gli enti che operano sul territorio, da chi le dovrebbero avere queste risposte?
Forse, mi è venuto da pensare, chi ha deciso di non rispondere l’ha fatto ritenendo che la Bibbia l’abbiamo letta tutti e non ci fosse bisogno di nessun’altra spiegazione.
Sì, ho pensato, perché chi ha deciso di non rispondere, ha ritenuto che San Giuseppe potesse fare a meno dei fuochi d’artificio. A Lui -che in piena notte prese con sé Maria e il Bambino Gesù e li portò via fino in Egitto, per sfuggire alla furia omicida del re Erode- avrebbero dato fastidio i botti e le luci dei fuochi d'artificio. Per la fuga, è molto meglio il buio dell’oscurità della notte, nella quale San Giuseppe ha saputo bene come muoversi. E se l’ha fatto dalla Palestina fino in Egitto, figurati se non può farlo da Chianalea a Marina e ritorno! Quindi, se proprio si doveva scegliere un Santo da far rimanere al buio, senza i botti e le luci dei fuochi artificiali, chi meglio di San Giuseppe?!
n.b.: foto di Rocco Panuccio