Il golfo del Messico -nome in vigore da oltre un secolo, attribuito in onore delle rotte utilizzate dagli imperi maya e aztechi, la cui prima apparizione risale alle mappe utilizzate dagli esploratori spagnoli ben due secoli prima della fondazione degli Stati Uniti- è "situato a sud degli Stati Uniti e a nord del Messico, e delimitato da due grandi penisole, lo Yucatán e la Florida, rispettivamente in Messico e negli Stati Uniti, comprende i litorali di undici Stati: Florida, Alabama, Mississippi, Louisiana e Texas (per gli Stati Uniti) e Tamaulipas, Veracruz, Tabasco, Campeche, Yucatán e Quintana Roo (per gli Stati del Messico). Sul golfo si affaccia anche Cuba" (cit. da Wikipedia)
Con uno degli ordini esecutivi firmati nel giorno del suo insediamento lunedi scorso, Trump ha ordinato alle agenzie federali degli Stati Uniti di rinominarlo "Golfo d'America".
Ora, per sua stessa natura, il mare non è patrimonio esclusivo degli Stati Uniti, ma è fisicamente condiviso con altri Paesi (Messico e Cuba). Già questo dovrebbe bastare. Inoltre, la sola ridefinizione di "Golfo d'America", potrebbe lasciare credere che Trump abbia inteso tale golfo come patrimonio dell'intero continente americano. Così non è.
L'ordine è motivato con queste parole: « È nell'interesse nazionale promuovere lo straordinario patrimonio della nostra Nazione e garantire che le future generazioni di cittadini americani celebrino l'eredità dei nostri eroi americani. La denominazione dei nostri tesori nazionali, tra cui meraviglie naturali mozzafiato e opere d'arte storiche, dovrebbe onorare i contributi di americani visionari e patrioti nel ricco passato della nostra Nazione.»
Riguardo al Golfo del Messico, è considerato patrimonio americano per i seguenti motivi:
• è una delle regioni petrolifere e del gas più prodigiose al mondo;
• fornisce circa il 14% della produzione di petrolio greggio e vi è abbondanza di gas naturale, con alcuni dei più profondi e ricchi giacimenti di petrolio al mondo;
• è un mare molto pescoso (dentici, gamberi, cernie, granchi);
• è una destinazione preferita per il turismo americano e le attività ricreative;
• è una regione vitale per l'industria marittima statunitense multimiliardaria
Il confine marittimo tra Stati Uniti e Messico fu stabilito in due accordi stipulati nel 1972 e nel 1978. Come si vede dalle immagini, partendo dalla foce del Rio Bravo, che segna il confine terrestre tra i due stati, il confine marittimo segue una linea pressoché rettilinea e, arrivato all'altezza della penisola dello Yucatan, si abbassa in un semicerchio verso Cuba.
Come si vede graficamente, il confine divide in due parti per lo più uguali questo specchio di mare. Eppure, Trump lo vuole tutto per sè. E' noto che gli statunitensi tendono a identificare il loro Paese come "l'America", e ciò potrebbe essere già sufficiente a spiegare la presunzione Trumpiana. Ma "The Donald" va oltre: se il Golfo del Messico è statunitense per merito dei multimiliardari, allora mezzo Messico sarebbe solo del trio Mursk-Bezos-Zuckerberg: il loro patrimonio è, infatti, pari al 49,7% del PIL dell'intero Messico. Ma se mezzo Messico potrebbe fare parte degli Stati Uniti, allora la fiumana di disperati immigrati che tentano di passare il Rio Bravo in ogni modo, non avrebbero necessità di farlo perché sarebbero già negli Stati Uniti. Finirebbero probabilmente a far da manovalanza al soldo dei multimiliardari che, arricchendosi ancora di più, giustificherebbero ulteriori annessioni, di ogni genere. Una visione del mondo "Multimiliardicentrica", che costituisce un circolo vizioso pericolosissimo.
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