08 novembre 2018

ELOGIO BREVE DELLA MATITA

Mi sono sempre piaciute le matite, più delle penne.
La penna è da signori, la matita è per i bambini, i giovani.
La penna è per chi è sicuro di sè e non ha paura di sbagliare. Se si sbaglia quando si scrive a penna, è difficile correggersi e si finisce con lo "sporcare" il foglio. La matità è insicura, è per chi ha dubbi, per chi vuole migliorarsi, perché ti lascia il tempo e il modo di correggere gli errori cancellandoli e lasciando il foglio bianco, in ordine.
La penna ha l'inchiostro colorato: una volta c'erano solo le penne dall'inchiostro nero, blu o rosso. Il primo era per i burocrati, il blu per i dotti e gli uomini importanti, quelli che avevano il colore dello stesso sangue, il rosso per le intestazioni o i dati importanti. Poi, sono arrivate le penne multicolor.
Di matite, invece, c'erano quelle rosse/blu, usate dalle maestre per correggere i compiti (gli errori gravi erano segnati in blu, quelli meno gravi erano segnati in rosso) o metter i voti sul quaderno; e c'erano le matite normali, il pezzo di grafite rivestto di legno -il più delle volte di colore giallo o marrone- e sormontato, a volte, da una gomma. Più tardi, il bastoncino di legno è divenuto multicolor (unico elemento in comune con le penne).
La penna è silenziosa, come chi agisce di nascosto. La matita, invece, fa rumore. Mi è sempre piaciuto ascoltare il "suono" della punta di grafite mentre scorre sul foglio, dà l'idea del movimento della mano e, al contempo, del movimento dei neuroni nel cervello, dove si formano le idee che vengono poi trasferite sulla carta, dove prendono forma.
La penna ha una conformazione robusta, una corazza (di plastica o di metallo) e il suo inchiostro scorre liscio, scende in verticale, dritto, senza deviazioni. E' un percorso facile il suo, ma noioso. Quando finisce, l'inchiostro della penna, quasi non te ne accorgi nemmeno. La penna è come una persona che vive la sua vita in modo piatto, nell'anonimato. E' un'esistenza comoda la sua, scorre sul foglio liscia, facile sì, ma di una noia insopportabile.
La matita, al contrario, è esile, un piccolo pezzo di legno che può rompersi o spezzarsi facilmente, al minimo urto. La sua esistenza è legata alla sua fragilità. Usare la matita dà l'dea del tempo che passa, che si consuma piano piano, come la sua punta. Ha una vita travagliata la matita, ma ogni volta che sembra che stia per morire -quando la sua punta è consumata- finisce con l'essere girata e rigirata dentro il temperino. Perde un po' della sua corazza di legno ma ogni volta rinasce, temperata, cioè formata plasmata e, allo stesso tempo temprata, resa più forte e vigorosa, irrobustita. La vita della matita è come quella delle persone semplici, che combattono e si consumano nelle difficoltà di ogni giorno, ma sono capaci di creare meraviglie.
Non a caso, Santa Teresa di Calcutta diceva:
Sono come una piccola matita
nelle Sue mani, nient'altro.
È Lui che pensa.
È Lui che scrive.
La matita non ha nulla
a che fare con tutto questo.
La matita deve solo
poter essere usata.

Con la penna puoi soltanto scrivere e, ormai non si usa quasi più, perché il suo posto è stato preso dai computers o dai telefonini.
Con la matita, invece, si può fare di tutto: scrivere, truccarsi, disegnare figure geometriche, nature morte, opere d'arte, su un pezzo di carta come su un muro, creare meraviglie. La matita è lo strumento della cretività umana: quante opere d'arte sono nate da un piccolo pezzo di grafite! Niente e nessuno potrà mai sostituire la creatività umana. Per questo la matita è più viva che mai, difficilmente potrà essere sostituita.


Immagine tratta da: https://www.gaservices.it/shop/gadget/penne/personalizzazione-a-colori-matita-mod-pd057-100-pz/


16 settembre 2018

PI ‘N PICCATURI, SI PERDI ‘NA NAVI

Ci sono circostanze davanti alle quali non si può rimanere in silenzio.
Stavolta, mi riferisco alla Delibera adottata dalla Commissione Straordinaria lo scorso 1 Agosto, con la quale è stato decisa l’immediata restituzione, da parte della Polisportiva San Filippo Neri, del campo sportivo comunale.
Nel novembre del 2010, con apposita convenzione, l’Associazione Polisportiva Dilettantistica “Oratorio San Filippo Neri” –Circolo Parrocchiale di Scilla, aveva ricevuto in comodato d’uso gratuito la maggiore struttura sportiva cittadina.
L’intento, ovviamente, era ed è stato in tutti questi anni- di coinvolgere i tanti bambini e giovani scillesi nella pratica dell’attività sportiva. Naturalmente, credo che a nessuno sfugga l’utilità sociale che un’attività sportiva svolga all’interno di una comunità, pertanto non mi soffermerò più di tanto in merito. 
Una cosa, però, mi tocca dirla: nel 1984 entrai a far parte di una piccola società calcistica, l’”A.S. Scilla Calcio”, costituita da un gruppo di giovani poiché, all’epoca, oltre la Scillese –squadra militante in seconda categoria- non esisteva una società sportiva che si prendesse cura di bambini e giovani. Gli stessi fondatori, tra l’altro, erano loro stessi il frutto di un’attività calcistica giovanile, svolta a metà degli anni ‘70. A dieci anni di distanza, dunque, loro riproposero lo stesso modello di educazione sportiva e non solo. Due anni più tardi, nel 1986, l’”A.S. Scilla Calcio” partecipò a un torneo calcistico giovanile a livello nazionale che si svolse a Torino, riscuotendo unanime apprezzamento e simpatia e permettendo a uno dei giovani componenti della squadra, di essere selezionato per entrare a far parte di una società di serie A. Quel ragazzo divenne calciatore professionista e oggi fa ancora l’allenatore. Se uno solo riuscì a coronare il sogno di diventare calciatore, tutti riuscimmo a divertirci e a vivere quell’esperienza con un entusiasmo e una serietà che viene ricordata ancora oggi, a distanza di oltre trent’anni. Sì, perché quella trasferta, quell’esperienza è rimasta unica, mai replicata da parte di altre società calcistiche scillesi.

Le motivazioni poste alla base della decisione dei Commissari, sostanzialmente, consistono nel mancato riscontro “agli articolati adempimenti” cui la Polisportiva era chiamata dalla convenzione stipulata e segnatamente nella mancata esecuzione di opere di ristrutturazione (in gran parte eseguite due anni fa dal Comune con finanziamenti pubblici), nel mancato pagamento della TARI per l’anno 2017 e, infine, nell’asserita mancanza di riscontro degli investimenti sostenuti dalla Polisportiva (in cambio dei quali era stata attuata una franchigia di cinque anni, fino al 2015, sul pagamento delle tasse relative alla TARI e alla fornitura idrica). Tali inadempienze, a norma della convenzione, giustificano la restituzione dell’impianto sportivo al Comune.
Non entro nel merito della questione legale, anche se –oltre alla preliminare questione della titolarità del campo sportivo (tuttora irrisolta), sulla quale si potrebbe scrivere un romanzo che non ha ancora una fine- leggendo la convenzione, quel che salta all’occhio è che quanto previsto nel contratto stipulato, va ben oltre il semplice comodato d’uso comunemente inteso e definito dalle norme vigenti.
La domanda che mi pongo è: pur in presenza delle contestate inadempienze, davvero non c’era un’altra soluzione, che consentisse di salvaguardare lo svolgimento dell’attività sportiva?
La verità è che le vicende inerenti l’impianto sportivo comunale erano state attenzionate dalla Commissione d’indagine prefettizia, tanto che nella relazione del Prefetto di Reggio Calabria allegata al D.P.R. che ha disposto lo scioglimento del consiglio comunale cittadino ed ha nominato i componenti della Commissione Straordinaria, era scritto:
«Per quanto concerne la gestione degli impianti sportivi e' da evidenziare che il campo da calcio, nonostante sia in uso, non appare dotato dei nulla osta e delle autorizzazioni previste dalla legge.»
Ancora più esplicitamente, nella relazione del Ministro dell’Interno allegata allo stesso D.P.R. è evidenziato:
«…è altresi' significativa la circostanza che il locale campo di calcio e' stato  concesso  in  comodato  d'uso  -in assenza della  necessaria  certificazione  di  agibilita'  prescritta dall'art. 80 T.U.L.P.S. - ad un'associazione dilettantistica,  mentre di fatto e' gestito da altra associazione sportiva che annovera tra i suoi amministratori soggetti che, per frequentazioni  e/o  parentele, sono affiliati o riconducibili alla locale criminalita' organizzata.»
Ora, nei confronti dei soggetti cui si riferisce la relazione non risulta siano stati presi provvedimenti. Nulla mi risulta, finora, essere stato fatto per ottenere la certificazione di agibilità dell’impianto sportivo, dopo oltre trent’anni. Per risolvere il problema, si è finito col vietare l’utilizzo della struttura alla Polisportiva, contestandole le semplici inadempienze di cui sopra.
Davanti a questa vicenda, mi torna in mente un detto nostrano: pi ‘n piccaturi, si perdi ‘na navi.  Per colpa di uno o, comunque, pochi “peccatori”, peraltro identificabili e già identificati dalle autorità e, quindi, isolabili dal contesto in cui operavano, si è finito col perdere la nave che, invece, era lo strumento che poteva contribuire a salvare molti giovani scillesi, instradandoli verso sentieri certamente lontani dal mondo criminale e dal “fascino” che esso possa esercitare sulle menti e le personalità di bambini ed adolescenti. Sì, perché per la presenza di uno o più soggetti riguardo ai quali emergono elementi che li fanno ricondurre alla criminalità organizzata, si è finito col criminalizzare un’intera associazione, peraltro riconducibile alla Parrocchia. Invece di togliere le mele marce, si è preferito tagliare l’intero albero. Insomma, con l’acqua sporca, si è buttato pure il bambino, o meglio, i bambini e i giovani che usufruivano dell’opera di un’associazione retta essenzialmente sul volontariato.
Viviamo in un tempo in cui ogni giorno sentiamo parlare di navi che salvano clandestini, quindi soggetti non regolari dal punto di vista burocratico-amministrativo, ma pur sempre esseri umani, che hanno come loro primo diritto quello di vivere.
A Scilla l’applicazione cieca delle norme ha portato alla perdita di una nave –quella della Polisportiva- la cui funzione educativa era per molti versi fondamentale e insostituibile ma, soprattutto, alla perdita dei “clandestini” –bambini e giovani- che ne avevano fatto il loro rifugio sociale. Da questo punto di vista, la Commissione Straordinaria, ha dimostrato di essere lontana dalla realtà in cui si trova ad operare.
Che il campo sportivo fosse privo dell’agibilità, l’avrebbe dovuto sapere il Comune prima di concedere la struttura in comodato. In ogni caso, si tratta di adempimenti burocratici non certo impossibili e che possono essere eseguiti in tempi ragionevolmente limitati. Inoltre, in attesa di ottenere l’agibilità, si sarebbe comunque potuto consentire alla Polisportiva di continuare ad utilizzare la struttura per gli allenamenti, considerando che i campionati cui partecipavano i ragazzi inizieranno non prima del prossimo ottobre. C’era tutto il tempo –da agosto fino a ottobre- di risolvere il problema “agibilità”. Le inadempienze contestate, poi, sono tutte regolarizzabili con poco:
- rateizzare il pagamento di un anno di TARI non è impresa impossibile, tanto che viene fatto con tanti cittadini morosi;
- concedere un termine entro cui dimostrare, carte alla mano, che di investimenti per garantire le migliori condizioni di svolgimento della propria attività sociale, la Polisportiva ne ha fatti certamente. Bastava che i Commissari –che sono arrivati a fine marzo scorso- fossero saliti a dare un’occhiata durante gli allenamenti dei ragazzi;
- riguardo alla mancata ristrutturazione dell’impianto sportivo, basta ricordarsi com’era diventato il campo otto anni fa e come, invece, si presenta adesso.
Insomma, c’erano tutte le condizioni per trovare ed attuare una soluzione indolore al problema.
E’ vero, la legge che regola la loro presenza nelle istituzioni locali è una legge preventiva, il cui scopo è quello di evitare condizionamenti mafiosi; è vero, i Commissari agiscono sulla base della particolare “agenda” dettata loro dal Ministero dell’Interno.  E’ altrettanto vero, però, che dietro quei “punti d’agenda” ci sono persone, c’è una comunità intera che non può essere danneggiata oltre che dalla presenza di organizzazioni mafiose, anche da quella Legge che, invece, da quelle organizzazioni avrebbe dovuto difenderla. E' amaro dirlo, ma da decisioni come questa, Scilla si ritrova oggi ulteriormente danneggiata. Le conseguenze che ciò provoca possono essere dirompenti e il pericolo reale, specie se valutato nel lungo periodo,  è quello di finire con lo stravolgere completamente la corretta percezione dell’amministrazione pubblica da parte dei cittadini. Dio ce ne scampi.
 N.B.: immagine tratta da http://www.gamesblog.it



18 agosto 2018

OH SANT’À RROCCU…AMMEN


Libera trasposizione in dialetto scillese di "The Trawlerman's Song" di Mark Knopfler




E’ tempu ‘n’atra vota di cresia e storia,
‘a genti torna ‘i fora pirchì l’avi ndo cori
e c’è inveci cu' è ccà
‘chì ‘a festa vinni, ‘chì ‘a festa vinni.
Figghioli e ‘randi su’ tutti in fila,
sì, pari cusì bellu, supr’ e’ spaddhi ssila,
“Oh Sant’à Rroccu!”,
tutti dinnu, “Ammen!”.

Nci sunnu tutti, però manchi tu,
è ‘n annu chi non vivi, ma mi par di cchiù
non sa’ quantu voti tu non ci sì…
L'anni 'i latu a’ vara fur sessantasei,
ma oi non si' ccà, su' sul' ricordi ‘i mei,
oh Sant’à Rroccu, aiutimi.

Ndo scuru ra notti, or chi nda luci stai
tu non p’o’ rispundiri,
no non ti toccu.
Ieu sulu preiu, si iazu l’occhi mi ti viru
o’ cielu, ‘ill’atru latu,
cu Sant’à Rroccu.

Su’ curiusu e goffu,ieu mai una ndi 'nzertu
e oi ndo cori haiu 'n tuffu, 'chi non ti trovu di certu,
ccà a menz' e 'randi
e a tutt' a genti chi vinni, 'a genti chi vinni.
Paru nta ‘na barca sempri ferma o’ molu
‘n ‘ceddhuzzu senza ‘n’ala chi cchiù non pigghia ‘u volu
Oh Sant’à Rroccu, aiutimi.

Ndo scuru ra notti, or chi nda luci stai
tu non p’o’ rispundiri,
no, non ti toccu.
Ieu sulu preiu, si iazu l’occhi mi ti viru
o’ cielu, ‘ill’atru latu,
cu Sant’à Rroccu.

TRADUZIONE IN IDIOMA ITALICO


E’ tempo un'altra volta di chiesa e di storia,
la gente torna da fuori città perché ce l'ha nel cuore
e c’è invece chi è qui
perché la festa è arrivata, 'ché la festa è arrivata.
Bambini e adulti sono tutti in fila,
sì, sembra così bellu, scivola sopra le spalle,
“Oh San Rocco!”,
tutti dicono, “Amen!”.
 
Ci sono tutti, però manchi tu,
è un annu che non vivi, ma a me sembra di più,
non sai quante volte tu non ci sei…
Sei stato a fianco alla statua per sessantasei anni
ma oggi non sei qui, sono solo ricordi i miei,
oh San Rocco, aiutami.

Nel buio della notte, ora che sei nella luce
tu non puoi rispondere,
no non ho più contatto fisico.
Prego soltanto, se alzo gli occhi ti vederti
in cielo dall'altro lato,
con San Rocco.

Sono strano e goffo, non e indovino mai una
e oggi ho un tuffo al cuore, 'ché non ti trovo di sicuro
qui in mezzo agli anziani
e a tutta la gente che è venuta.
Mi pare di essere su una barca sempre ferma al molo
un uccellino senza un'ala che non prende più il volo
Oh San Rocco, aiutami.


Nel buio della notte, ora che sei nella luce
tu non puoi rispondere,
no non ho più contatto fisico.
Prego soltanto, se alzo gli occhi ti vederti
in cielo dall'altro lato,
con San Rocco.