18 maggio 2007

NON BANDIERA BLU, CRAVATTA ROSSA!

Sulla quistione bandera blu s'è davvero generato un terrabilio di reazioni. Ho passato urati e urati a pinzari: comu facimu ora senza cchiù bandera? Poi la curiosità stimolata da un amico (un tipo veramente...da spiaggia) e la storia mi hanno aiutato a trovare la soluzione.
Beh, a dire il vero, amprima non è che l'argomento mi fosse molto congeniale, perché pi natura sono -diciamo così- allergico alle cravatte.

Eppuru, la cravatta ha una storia molto antica. Fu portata in Francia nel 1660, da un reggimento di cavalleria croata (da qui, il nome di “croatta”, poi divenuto cravatta) e in seguito piacque tanto al re Luigi XV, che istituì persino la carica di porta cravatte.

Nel 1706, durante l'assedio di Torino da parte degli ispano-francesi, la cavalleria, guidata personalmente dal duca di Savoia Vittorio Amedeo II, con l'aiuto del cugino Eugenio di Savoia, sconfigge i francesi prendendoli alle spalle nei pressi di Lucento, facendoli fuggire verso la Dora. Nella stessa battaglia, secondo la leggenda, un portaordini di "Savoia Cavalleria", incaricato di recare informazioni sull'esito vittorioso dello scontro, pur gravemente ferito alla gola, riesce a raggiungere Vittorio Amedeo dandogli la notizia prima di spirare. Si vuole che il filetto rosso che borda il bavero nero dello stesso reggimento, o per talune epoche, come l'attuale. la cravatta rossa, non sia altro che il simbolo del sangue che ha arrossato il colletto dell'ignoto soldato.

Da questo episodio storico, prima i “Cacciatori delle Alpi”, poi i garibaldini e, a seguire, diversi battaglioni e reggimenti dell'esercito italiano (tra i quali i bersaglieri), hanno adottato la cravatta rossa nella loro divisa, come simbolo di sacrificio, per ricordare sempre che in ogni cosa, nc'è mi si ietta sangu.

Nonostante questa gloriosa storia però, tutte le volte che mi capita di doverla indossare, per battiscimi, matrimonii e cirimonie varie nonché in ogni altra occasione in cui sugnu 'i cumparenza, mi sentu comu fussi 'ttaccatu, 'ngissatu, comu a unu cu l'ossa rutti. Propriu comu o' cumuni 'i Scilla.
E' questo infatti il poco tranquillizzante quadro clinico delle finanze comunali che -preceduto dalle raccomandazioni fornite con la Deliberazione n. 69/2006- emerge dalle puntuali e chiarissime cazziate -che eufemisticamente quelli che scrivono bene definirebbero “richiami”- da parte della Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti.
Con la Deliberazione n. 19 del 9 Marzo 2007 -pubblicata sul B.U.R.C. n. 9 del 16.05.2007- la Corte ha preso in esame i questionari inviati dai revisori dei conti (unici controllori della legalità nella formazione dei documenti contabili) del Comune.
In particolare, dopo aver ricordato le conseguenze penali cui può andare incontro un pubblico funzionario che attesta un risultato contabile non veritiero, la Corte ha valutato i risultati di gestione, attraverso l'esame del rendiconto fornito. Ecco a voi le magnifiche sette cazziate!

CAZZIATA N° 1 Risultato economico d'esercizio: - € 109.000. Non è stato rispettato il principio del pareggio di bilancio economico-patrimoniale previsto dalla normativa degli Enti Locali.

CAZZIATA N° 2 Il risultato di cassa, di € 159.000, è stato impiegato per pagare debiti che non erano previsti in bilancio, per procedure giudiziarie divenute esecutive (cioè cause perse dal comune, con sentenze oramai definitive), senza il necessario riconoscimento da parte del Consiglio Comunale.

CAZZIATA N° 3 Si è riscontrata una “rilevante evasione tributaria” [eh bravi e' scigghitani!] e “Appare...evidente che l'Amministrazione ha tentato di porre rimedio a una politica di rinuncia a riscuotere tasse e tributi solo tra il 2005 ed il 2006”. Da ciò, discendono “gravi dubbi circa le attività ...poste in essere nel periodo precedente, anche in ordine alle responsabilità discendenti dalla mancata riscossione.” Si potrebbe pertanto “concretare grave responsabilità degli uffici finanziari comunali”, con conseguente “omissione di atti d'ufficio a carico del reo”.

CAZZIATA N° 4 I residui attivi, cioè i soldi di cui il Comune è creditore, ammontano a € 15.413.000, dei quali però solo € 9.159.000 si riferiscono al 2005. La restante parte presenta “un alto grado di vetustà” perché il Comune non ha istituito un “fondo svalutazione crediti”, al fine di riaccertare l'ammontare degli stessi nonché le ragioni del loro mantenimento.
Pur non essendo un tecnico della materia, mi pare che sia stato usato lo stratagemma cui ricorreva il governo italiano quando inseriva in bilancio i crediti vantati nei confronti dei paesi africani. Erano somme che figuravano solo sulla carta, ma che in realtà, per ovvia impossibilità materiale dei debitori , non erano in cassa. Il Comune ha fatto persino peggio: la gran parte dei 15 milioni di euro di crediti, pur se sapesse dove andare a prenderli (ma a quanto pare non lo sa), non potrà recuperarli mai, in quanto si riferiscono “ad esercizi precedenti al 2000”, quindi già bell' e prescritti. Di conseguenza, facendo un semplice cuntu ra serba, a essere ottimisti mancherebbero, di fatto, almeno € 6.254.000!

CAZZIATA N° 5 Il Comune ha delle partecipazioni azionarie in società che presentano perdite di esercizio (e ti pariva!). Non è stato però motivato quale siano i motivi d'interesse pubblico (cioè dei cittadini) a mantenere queste azioni. Pertanto, dette partecipazioni dovranno -per legge- essere riviste dall'Ente.

CAZZIATA N° 6 Nelle tre parti che compongono il rendiconto, il saldo è sempre negativo. Conto economico: - € 183.000 (-€ 235.000 rispetto all'anno precedente); Conto patrimonio: - € 109.000.

CAZZIATA N° 7 Si chiude in bellezza con i debiti di finanziamento. Per intenderci, sono i soldini che il Comune chiede -solitamente per mezzo di mutui- per la realizzazione delle opere pubbliche. Quante opere pubbliche si sono realizzate a Scilla negli ultimi anni? Ebbene, la Corte rileva che -secondo quanto riferiscono i revisori- tali debiti ammontano a complessivi € 4.231.000 (Ahi! Ahi!), pur non mancando di precisare (dimostrando di non fidarsi poi mica tanto del loro giudizio) che i chiarimenti forniti “non paiono sufficienti a dirimere ogni dubbio circa il loro elevato ammontare e l'andamento temporale della loro formazione”.

Siccome, come tutti sappiamo, è la somma che fa il totale, sempre ricorrendo alla preziosa serba, si ha: - € 109.000 - € 6.254.000 - € 4.231.000 = - € 10.594.000!!!

Ricordo che solo a gennaio scorso, era stato stimato un risultato negativo intorno ai 5 milioni di euro. A poco più di quattro mesi di distanza, il dato viene non solo confermato ma addirittura duplicato. Cosa significa? Più di 2000 euro di debiti a scigghitanu (neonati compresi).

Ogni ulteriore commento potrebbe sembrare fuori luogo. Lasciatemi dire soltanto che, di sicuro, per uscire da una situazione così grave dovremo davvero 'ITTARI SANGU, e parecchio anche.
Vuol dire che dopo aver perso la bandiera blu, ci consoleremo con la gloriosa cravatta rossa. Mi auguro solo che il nostro Sindaco (che so essere appassionato di storia), non faccia come Luigi XV e ci risparmi almeno la nomina di un assessore porta cravatte!

16 maggio 2007

E RISTAMMU... SENZA BANDERA!

Aaahh, finalmenti!
Dopo aver sbandierato per anni, in lungo e in largo, a munti e abbasciu che Scilla aveva la bandiera blu, finalmenti ora non lo diremo più!
Eh sì, cari amici, perchè quest'anno, l'ambita bandera nelle suddiche terre calabre è stata assignata a Cirò Marina (non ci mbastava 'u vinu? Ora puru 'u mari hannu bonu?) e, in provincia riggitana, Roccella Ionica.
A livari la furia, fu oltre a Scilla, anche Catanzaro Lido (e pirchì, aippuru 'u coraggiu puru mi nci rurunu 'a bandera?). Vedi quanto riportato dal Messaggero oppuru iati nella sizioni Scilla news del nostro sito.
A dirla tutta, non è chi mi dispiaci più di tantu, vistu e consideratu che una clamorosa malinchiesta fatta la 'stati passata dal nostro Tatomaster, aveva svilato la stupida magagna che si nascondeva dietro quest' ormai famoso e ambìto riconoscimento.
Infattamente, si vinni a sapiri che la famosa bandera veniva assignata sulla base di un semplici quistionario a risposta SI o NO [Vedi sizione "Malaspecials" del malanova di sito]. E, sicundu vui, vabbò chi simu scigghitani e ch'aimu 'a nominata ru saccu chi si spaccau, ma erimu tantu fissa chi nci rispundiumu NO? Rispundimmu inveci positivamenti a tutti li richiesti alli quali aviumu a diri SI.
Eccu quindi chi ndi rialavunu 'sta pezza similbandera, la quali sventolò allegra e garrula allo scirocco del balconi del primo piano del palazzu comunali, giusto di scianco al tricolori e alla banderuna stiddhata d'Europa. Onori e vantu [e lavamentu 'i facci] pi lu populu scigghitanu.
Mi viene in mente un famoso detto riggitanu, molto in voga in ambito calcistico, dove il guardalinee (ddhu 'maru cristianeddhu chi si faci 'u campu avanti-arretu cunsumandu [ma non cu nasu] la striscia di gissu chi signa 'i lati longhi ru campu), ad ogni partita casalinga della Reggina (che Dio la salvi, davvero!), è da tutti amichevolmente e malanovamente accolto all'affettuoso grido di: curnutu ca bandera!
Ebbene, nui scigghitani, già curnuti e bastuniati, ndi cumbinammu peggiu ri guardalinii: da oggi non avimu mancu ddha pezza 'i bandera scura, sutta la quali ndi putiumu almenu 'mmucciari 'a facci, russa pi tanti virgogni.

02 maggio 2007

I MOTIVI DI UNA DEMOLIZIONE, IL PORTO TURISTICO E...IO PAGO!

La Regione Calabria ha pubblicato la sintesi del Programma “Paesaggi & Identità”, nell'ambito del quale è stata inserita l'intera operazione demolitoria dello Scoglio d'Ulisse.
Tra le tante belle parole, mi soffermerei in primo luogo sulla definizione di “ecomostro”: edificio e costruzione che la collettività percepisce avere almeno una delle seguenti caratteristiche:
- presenza di forte discontinuità con il tessuto ambientale e/o urbano (impatto ambientale);
- condizioni di illegalità nel processo di edificazione (abusivismo);
- costruzione il cui forte stato di abbandono rende impossibile il recupero (degrado).

Queste caratteristiche sono valutate secondo i seguenti criteri:
- incompatibilità con il contesto territoriale e naturale, valutata considerando elementi di tipo ambientale, idrogeologico e geomorfologico;
- incompatibilità con il contesto insediativo, che si riferisce alla capacità del manufatto di vincolare lo sviluppo organico programmato del territorio;
- incompatibilità con il quadro normativo;
- incompatibilità con le unità di paesaggio;
- incompletezza dell’opera .

Lo Scoglio, rientrerebbe nella categoria degli ecomostri -tanto da meritare uno dei primi posti in graduatoria nell'ambito del primo Accordo di Programma Quadro a livello nazionale- poiché rappresenta “una tipologia unica .... impossibile da rintracciare visto il carattere poliedrico e diffuso del fenomeno sulle coste regionali,...” mediante “...l’applicazione, caso per caso, di una lettura intrecciata dei fattori e dei criteri sopra descritti.
I 9 interventi, fanno riferimento alle tipologie come individuate nel programma Paesaggi & Identità del “degrado che impedisce” e del “degrado funzionale” e sono rappresentative delle seguenti categorie:
a) non finito (pubblico);
b) abusivismo in aree demaniali o comunque in aree oggetto di tutela;
c) cave dismesse in stato di abbandono;
d) costruzioni pubbliche in stato di abbandono e degradate, in aree demaniali;
e) interventi pubblici non coerenti o compatibili con il contesto paesaggistico-ambientale.

Dunque, è ufficiale: in base ai criteri di cui sopra, la buonanima del nostro Scoglio d'Ulisse costituiva un ecomostro solo perché degradato dall'incuria dello Stato italiano!

Quello che desta grande sorpresa nella lettura del documento è però la seconda parte. In essa si afferma infatti che i siti sui quali intervenire sono stati individuati “un approccio metodologico di tipo partecipativo [non so a voi, ma a me ricordano tanto le belle parole di una delibera comunale di fine gennaio scorso] fra tutti i soggetti interessati al programma di interventi. Attraverso una fase di indagine ascolto, realizzata attraverso interviste singole su tutto il territorio regionale e focus group a scala provinciale...” che ha reso possibile “perseguire decisioni condivise”. Qual è stata la partecipazione della collettività, prima diretta interessata? Chi hanno ascoltato questi signori (un gruppo tecnico di lavoro costituito da professori universitari e rappresentanti di enti statali)? Chi hanno intervistato? Chi ha condiviso le loro decisioni? IL SOTTOSCRITTO SICURAMENTE NO.

Perplessità ancora maggiori suscita l'ultima fase del progetto, quella realizzativa. Si afferma infatti: “La realizzazione degli interventi si svolgerà secondo procedure di evidenza pubblica (bando di progettazione e realizzazione degli interventi). Quando è stato pubblicato il bando del progetto? Il grado di evidenza pubblica -almeno quello percepito- è stato praticamente nullo.

Così, si è finito con l'eliminare sì una struttura fortemente degradata ma non per ricostruirla (riparando così al colpevole abbandono degli anni passati), perdendo in tal modo un piccolo patrimonio della nostra cittadina, che per la posizione oltremodo caratteristica e -diciamolo pure- per la sua storia, costituiva davvero un qualcosa di unico nel suo genere.
Al suo posto, ci dovremo accontentare del semplice “intervento di recupero paesaggistico” che consisterà nella realizzazione di una piazzetta, con annesse panchine.
Il tutto, come potete leggere anche sulla homepage ci costa ben € 600.000 (mentre per l'intero progetto ecomostri sono disponibili ben € 5.380.000), in verità utilizzati per eseguire anche altre opere che erano rimaste in sospeso anni fa (completamento del rivestimento del muro adiacente alla galleria sotto il castello). Quanto renderà questa piazzetta? Quanti anni ci vorranno per ammortizzare una spesa così cospicua? Quanto durerà questa piazzetta?

L'ultima domanda non è banale. Da fonti ben informate, ho appreso che in tempi abbastanza brevi dovrebbe essere avviata l'esecuzione dei lavori per il prolungamento del secondo braccio del molo foraneo (che dovrebbe arrivare a “coprire” con la sua azione protettrice tutto l'arco chianalioto, fino all'Annunziata).
I lavori sono stati inseriti dal Ministero nel PROGRAMMA TRIENNALE OPERE MARITTIME 2006/2008 e -da una stima fatta sempre dallo stesso Ministero- dovrebbe contare su una disponibilità finanziaria (di provenienza interamente pubblica)piuttosto rilevante: € 10.600.000.
L'unico particolare è che sono opere rientranti nel così detto
“codice 0”, che in parole povere significa: i lavori verranno realizzati se si trovano i soldini necessari, eventualmente derivanti da economie di spesa per altri progetti realizzati parzialmente o rimandati. Basti pensare che lo stesso progetto era stato già inserito nel precedente programma triennale 2005/2007.
Sembra comunque, che stavolta buona parte dei fondi necessari li abbiano trovati. Dovrebbe infine rientrare in tale operazione anche
l'apertura a Scilla un nuovo Ufficio Locale Marittimo, la cui sede dovrebbe essere l'attuale fabbricato (di proprietà demaniale), adiacente allo scalo d'alaggio del Porto, giusto all'ingresso di Via Grotte.
Di sicuro sarebbe molto importante poter usufruire in loco di un Ufficio Marittimo, se consideriamo che ben due quartieri nonché una frazione (Favazzina), sono direttamente e notevolmente interessate dalle problematiche demaniali. La cosa sarebbe inoltre estremamente importante poiché il futuro porto -più ampio ed in grado quindi di ospitare anche le imbarcazioni dei cosiddetti vips- potrebbe così disporre al suo interno di un adeguato punto di riferimento per assicurare assistenza ed eventuale soccorso alle imbarcazioni.
Questi lavori, consentirebbero quindi la trasformazione dell'attuale porto-rifugio [così è classificato nelle carte nautiche] in un vero e proprio porto turistico. Ma per far ciò, l'intera area portuale (nuova piazzetta compresa) dovrebbe quindi essere oggetto di lavori piuttosto lunghi e complicati, che comporteranno sicuramente un uso poco appropriato del nascente spazio recuperato. Dovremo spendere altri soldi per ripararla? E' altamente probabile. Ci sarà qualcuno del Gruppo Tecnico di Lavoro che avrà pensato a questo? E' molto poco probabile. E io (singolare maestatis) pago!