23 settembre 2023

L'OSPEDALE DEGLI SCILLESI E LA RABBIA DELLA MEMORIA


E' incredibile come "i piani che non dipendono da noi" -per riprendere una felice espressione del mio amico Giovanni Panuccio- si intreccino di continuo in concatenazioni e collegamenti del tutto inaspettati, ma che -in quanto pianificati- non sono casuali seppur indipendenti dalla nostra volontà.

Se avrete la pazienza di proseguire la lettura, credo che ne resterete colpiti anche voi. Vengo e mi spiego.

La lettera con la quale ASP di Reggio Calabria ha disposto la chiusura della parte di più recente costruzione del presidio sanitario "Scillesi d'America" porta la data del 21/09/2022.

Lo stesso giorno, a un anno di distanza, per gli insondabili disegni di chi regola ciò che accade in questo nostro mondo indipendentemente dalla volontà nostra, si sono svolti i funerali dell'amico Pietro Bellantoni. Cu Petruzzu -così lo chiamavo affettuosamente ogni volta che lo incontravo o ci sentivamo telefonicamente- avevo collaborato nell'ormai lontano novembre 2011 quando, sul mensile "Scilla" di cui era direttore, rendemmo pubblica ad una più vasta platea la clamorosa vicenda della proprietà della struttura sanitaria scillese, nodo che a tanti anni di distanza rimane a tutt'oggi ancora irrisolto. Credo sia stato uno dei suoi primi scoop giornalistici. 

Ricordo con inevitabile commozione la sua meticolosità nel voler approfondire i come e i perché di una vicenda che è davvero ai limiti dell'umana sopportazione burocratica. Mi rimproverava -lui che della sintesi era maestro- di essere troppo lungo nell'esposizione (e sono certo che mi rimprovererebbe anche per la lunghezza di questo post), ma i fatti da raccontare erano tanti. Così, alla fine, sulla "storiaccia burocratica" dell'Ospedale degli scillesi, ne scrivemmo altri di articoli, ripromettendoci, magari, un giorno, di farne un libro. Purtroppo non ne abbiamo avuto il tempo, anche perché la burocrazia è continuata, imperterrita.

Il 23/09/2022 è la data dalla quale nella parte "nuova" dello "Scillesi d'America" sono cessate <<...le azioni sanitarie ivi erogate>>, come recita il provvedimento ufficiale. 

Lo stesso giorno di cinque anni prima, nel 2017, morì mio padre, che le azioni sanitarie dell'ambulatorio di oncologia -allora operativo presso la struttura scillese- le vide cessare quando, un anno e mezzo prima, avrebbe dovuto iniziare la terapia che i medici avevano intenzione di somministrargli. 

Quello stesso ospedale i cui medici lo avevano accolto e salvato quarantacinque anni prima per un'altra patologia, quel giorno gli chiuse le porte solo ed esclusivamente per colpa delle ottuse volontà dei decisori politici e degli attuatori amministrativi della "moderna" sanità calabrese.

Successe, infatti, che quella stessa mattina l'ambulatorio di oncologia operativo presso la struttura sanitaria di Scilla, fu chiuso. I medici che vi lavoravano furono trasferiti a Melito Porto Salvo. Fu solo grazie alla sensibilità umana -prima ancora che professionale- di uno degli oncologi che subirono quel trasferimento a sorpresa, mio padre ebbe la possibilità di potersi curare presso l'allora "Riuniti". Ricordo le parole che, mortificato per quanto era avvenuto, l'oncologo disse a mio padre, <<...nelle sue condizioni non me la sento di farla viaggiare avanti e indietro, da Scilla a Melito, per la terapia. Parlerò con i colleghi di Reggio, la prenderà in cura uno di loro.>>

Così fu. Mio padre fu curato a Reggio per quasi due anni nel migliore dei modi possibili, grazie alle capacità e sensibilità di un reparto, quello di oncologia, davvero valido, pur tra mille difficoltà operative. A quei medici e a quegli infermieri, a ciascuno di loro, andrà sempre la mia riconoscenza. 

In quel periodo, finché le forze glielo consentirono, mio padre prese più volte carta e penna per testimoniare pubblicamente, tramite qualche quotidiano locale, ciò che stava vivendo sulla propria pelle. Conservo ancora quegli articoli.

Oggi, mentre scrivo, è ancora il 23 settembre, ma del 2023. Il giorno dell'anniversario -il sesto- della morte di mio padre; il giorno in cui i social, insensibili e incuranti di ciò che accade alle umane genti, mi ricorda -beffardo!- che avremmo dovuto festeggiare il  compleanno dell'amico Pietro Bellantoni. Sorrido, commosso e triste, nel vedere il suo numero nella mia rubrica: l'avevo memorizzato come "Pietro IV Bellantoni". Non era per un suo vezzo regale, non era da lui. Era solo per ricordarmi del suo simpatico ed autoironico modo di rivendicare con fierezza, e con il suo bellissimo sorriso, l'appartenenza ad una folta stirpe paterna. Questo era Petruzzu.

E' anche il giorno del primo anniversario della chiusura <<...di tutti i corpi [di fabbrica, n.d.r.] denominati "nuovo ospedale" e di immediato trasferimento di tutte le attività ivi erogate in altri siti>>, come è stato premurosamente vergato nero su bianco dai vertici dell'ASP reggina. Ho scritto "primo anniversario", sì, poiché credo che -ahinoi!- ce ne saranno altri prima che su questa storia dello "Scillesi d'America" venga scritta la parola "fine".

E questo 23 settembre è anche il "giorno dopo" di una grande, manifestazione di popolo  -come a Scilla non se ne vedevano da tempo- organizzata dal "Comitato Pro Casa della Salute di Scilla", alla quale hanno preso parte in maniera del tutto civile alcune centinaia di persone.

E' stata l'esternazione composta di una rabbia interiore che non è solo di chi ha manifestato pacificamente ma, ne sono convinto, di una intera collettività della Costa Viola e dei paesi pre-aspromontani che gravitano attorno alla struttura sanitaria scillese da decenni.

E' una rabbia scaturita dalla impossibilità di comprendere le scelte di una politica cieca, sorda e assente (anche ieri sera non c'era nessun politico politicante) nel dare risposte a tutela del diritto alla salute di quei cittadini dei quali, invece, stando alla Carta Costituzionale, dovrebbe essere serva.

E' una rabbia che nasce e sgorga inevitabilmente, in chi ha visto una sanità umana nei suoi attori in prima linea (medici, infermieri, operatori sanitari) ed è cresciuto fin da bambino, con i racconti dei propri nonni, dei propri zii, dei propri genitori, di come -in quel tempo fatto da uomini e donne che usarono la propria concreta intelligenza per fare del bene ad una comunità provata da guerra e fame- a Scilla si poté realizzare qualcosa che non ha avuto emuli in terra calabra: la costruzione dello "Scillesi d'America". 

Dall'America, oggi, purtroppo, abbiamo preso ad esempio soltanto un modello di sanità che la prova dei fatti ha dimostrato essere fallimentare, dimenticandoci colpevolmente di quanti dall'America hanno covato, alimentato un sogno e poi lo hanno concretizzato.

E' una rabbia che dobbiamo tenere viva, perché costituisca fuoco che alimenti la nostra forza nel denunciare le illogicità di scelte che, invece, ci vogliono imporre senza fornircene le reali motivazioni. 

Deve essere rabbia viva ma feconda, nel segno della riconoscenza. Personalmente, mi sento di doverlo  alla memoria degli scillesi d'America, alla loro voglia di crederci fino in fondo; alla memoria del mio amico Petruzzu Bellantoni, alla sua voglia di cercare risposte, di capire; alla memoria di mio padre, che non ha mai smesso di indignarsi per le ingiustizie. 

Sono certo che non sono e non sarò solo.