15 gennaio 2011

MARCHIONNE E ‘A LINTICCHIA CA ‘ITALEDDHA

LENTICCHIE Gli operai della FIAT hanno deciso: si cambia all’insegna dei sacrifici.
Si mettano l’animo in pace coloro che pensavano con il loro voto di cambiare una decisione che era comunque inevitabile.
Sì, perché il dott. Marchionne, in caso avessero vinto i NO, sarebbe stato capacissimo di andare a fabbricare le macchine da qualsiasi altra parte del mondo, pur di salvaguardare la società per cui lavora. 

D’altra parte non è questo il suo mestiere?

Marchionne è conosciuto per essere un uomo molto deciso e determinato. Vuoi vedere che hanno davvero ragione quelli del Minnesota Planetarium Society? A causa dello spostamento dell’asse terrestre, il dott. Marchionne –che in origine è nato sotto il segno dei Gemelli (e quindi poteva avere anche qualcuno simile a lui), adesso  è passato sotto il segno del Toro. Segno inconfutabile di testa cchiù dura ru cimentu, chi quandu si zzicca ‘na cosa nta testa, l’avi a fari pi forza!

In realtà, la decisione della FIAT, appoggiata dal Governo (ma sicundu vui poteva mai il Berlusca appoggiare i comunisti della FIOM?), prevede misure pesanti per gli operai in termini di orario di lavoro, ma che –dicono i ben informati- dovrebbero essere ricompensati in qualche modo a fine anno con un aumento in busta paga.
Lo sanno quelli che hanno votato SI: “…Ma adesso non so cosa succederà”. Lo sa anche una parte di quelli che hanno votato NO, seppur in maniera non troppo convinta, visto che uno di loro dichiara:”Io ho votato no ma capisco quelli del sì, se avessi figli avrei fatto altrettanto. Speriamo di dimenticarci presto questi giorni”.
In realtà, la cosa che fa più paura agli italiani, secondo me che non me ne intendo, è che dovrebbero scomparire i “ponti” in corrispondenza delle festività, con lo scoppio di raffredduri e frevi a cumandu, pur di star qualche giorno consecutivo a casa.

Le decisioni aziendali della storica fabbrica torinese non sono il frutto di un sogno/incubo di Marchionne, che magari la sera prima aveva mangiato pesante, né di un’illuminazione divina. Misure dello stesso genere sono state infatti adottate da tutte le principali case automobilistiche europee e da altre aziende di dimensioni paragonabili a quelle della FIAT.

Insomma, visto il chiaro di luna attuale, si è trattato di una scelta obbligata: o timangi ‘sta minestra, o ti ietti ra finestra!
Gli operai della FIOM, però non ne sono convinti e danno tutta la colpa a Marchionne. La vignetta di Giannelli sulla prima pagina del Corriere lo riassume in maniera efficace e, al contempo, mi fa tornare in mente ‘na storiella risalente a parecchi decenni fa, raccontatami da un mio zio.

Erano i tempi della sua figghiolanza e, come tutti i figghioli, anche lui era nu pocu iarmaturi.
‘Na sira, rientrato per l’ora di cena, un’amara sorpresa lo aspetta: supra ‘a tavula ad aspettarlo, c’era un fumante piattu caddu di ‘italeddha ca linticchia!

Me’ zziu che, diciamo, non nisciva pacciu per i legumi in geniri, disse chiaru e tundu a suo padre: “Non ndi vogghiu! Non mi piaci!”
Il padre, persona altrettanto schietta e ferma, non si caddiò più di tantu e davanti al rifiuto del proprio figlio, dichiarò: “A no? Chistu c’è e chistu ti mangi.” e, per chiarire ulteriormente il concetto, aggiunse: “Se non di voi, ta mangi dumani!”.

A quelle parole, me’ zziu, dimostrando un orgoglio da adulto, pi non darla vinta al padre, si alzò da tavola e, cu ‘na ringia longa longa e senza sciatari ‘na parola, salì al piano di sopra se ne andò a letto a ddiunu.
Il resto della famiglia continuò tranquillamente la cena e, giunta l’ora di andare a letto, si andò regolarmente a curcari.

Passarono alcune ore e in me’ zziu accadde un naturali fenomenu secondo una leggi fisica che dici cusì: cchiù ‘u tempu passa, cchiù l’orgoglio si riduci, cchiù ‘a fami aumenta.

'U stomucu i me’ zziù cominciava così a dare segni di nervosismo e lanciava signali chiari e forti, tipo l’urlo di Tarzan nella foresta.
Al che me’ zziù non ci ‘a fici cchiù. Si iazò e, ‘ccattiandu in dirizioni della camera dei genitori, ccuminciò a scindiri li scali ‘a scaza, cercando di fare meno rumuri possibili.
Arrivato in cucina, addhumò la luci e si diresse subito verso la scanzìa. La iaprì e fu accolto da una visioni che –a quell’ura della notti- gli parse paradisiaca: ‘u piattu ra linticchia!

Lo mise sul tavolo, pigghiò ‘na cucchiara e, incurante del fatto chi oramai la pasta era fridda e solidificata, ccuminciò a mangiari con una fami e una voracità davveru lupigna.
Certu, il sapore della linticchia non doveva essere proprio il massimo, ma a me’ zziù, nci pariva di mangiari 'a megghiu pasta o’ furnu ru mundu.

Aveva quasi finito e il piatto era quasi vuoto quando dalla porta una voci lo paralizzò: “Ah, era bbona ‘a linticchia!”
Era il padre che, nonostante le precauzioni messe in atto da me’ zziu, sentito il rumore e visto la luce accesa, aveva immaginato quello che ora i suoi occhi vedevano.
Non aggiunse altro. Ma con un sorriso severo dipinto sul volto –evidente segno di affetto paterno- se ne tornò a dormire.

Ora, il nuovo accordo ‘sparmentatu da Marchionne e voluto dalla maggioranza dei dipendenti FIAT, come confermato dal referendum, è comu o’ piattu i italeddha ca linticchia pi me’ zziu.
Magari caddu caddu non piaci, ma cu tempu, puru friddu, ‘nzipitu e senza sapuri, lo digerirà anche chi non nesci pacciu pa linticchia.