21 aprile 2010

IL FUOCO DELLA SPERANZA

Ciao SORELLINA...
non pensavamo che sarebbe mai arrivato questo momento...ma purtroppo e inspiegabilmente è accaduto. Adesso che di te ci rimarrà soltanto un ricordo volevamo dirti grazie per quello che sei stata per noi, volevamo dirti grazie perché grazie a te i nostri genitori hanno portato avanti la nostra famiglia, volevamo dirti grazie per ciò che ci hai dato e perché grazie a te il mio papà ha saputo dimostrare a noi figli cosa significa andare avanti legalmente, onestamente, facendo sacrifici e lavorando sodo con tanta umiltà.
Sei stata il nostro sogno, la nostra passione e sei stata parte della nostra famiglia tanto che il tuo nomignolo era "la nostra sorellina".
Ci mancherai tanto, ma purtroppo qualcuno che non è stato fortunato come noi, che non ha avuto genitori come i nostri che gli hanno insegnato i valori come il rispetto e come la legalità, qualcuno che non ha avuto l'occasione di guardare il loro padre negli occhi e di essere fieri di lui come lo siamo noi del nostro, qualcuno che non ha il coraggio di parlare ma solo la vigliaccheria di agire dietro le spalle ha interrotto il nostro sogno, la nostra avventura...
ma sappi cara sorellina che le fiamme non distruggono tutto... forse non ti rivedremo più ma …
Chi cancellerà mai il tuo bel ricordo???
Chi cancellerà mai le tue avventure???
Chi cancellerà mai la nostra dignità???
Chi cancellerà mai la nostra storia???
Chi si può nascondere agli occhi di Dio???
Grazie ancora di tutto!!!

Oggi nostro padre e nostra madre hanno perso una figlia...noi una sorella …
qualcuno la coscienza...

Imparate a usare le parole e non l'accendino.
[Giusy Alfonzetti]


L'alba scillese del 20 aprile 2010 si è tinta di rosso.
Non il rosso fuoco del caldo sole calabrese, ma il rosso del fuoco vigliacco, che ha distrutto la "Santa Lucia", la passerella di un pescatore scillese e della sua famiglia.


Crediamo che le parole scritte da Giusy, oltre che un più che comprensibile sfogo, siano come uno specchio cristallino, che riflette a beneficio di noi tutti la dignità, il viscerale attaccamento al lavoro -considerato non solo mezzo di sostentamento per la famiglia, ma parte integrante della stessa- l'orgoglio, la forza, la rabbia e il coraggio che solo chi è umile e onesto può possedere.


Beh, Giusy e la sua famiglia tutta, ne sono l'esempio.


Certo, davanti a queste vigliaccate è difficile restare lucidi, mantenere la calma. Prevale la rassegnazione e ci si sente annientati. E' difficile trovare la fiducia necessaria per andare avanti.


Ogni volta che accade un episodio del genere, la prima reazione, istintiva, è quella di dire: basta! non è possibile rimanere in un posto così. Andiamocene via! O, cosa ancora più pesante: non voglio che i miei figli crescano in un paese come questo!


Ecco, pur comprendendo pienamente lo stato d'animo di chi si lascia andare a queste reazioni, è doveroso riflettere e non lasciarsi accecare dall'emotività del momento.


Qualche giorno fa, ci è stato ricordato un detto scillese: si chiuri 'na porta e si iapri 'n purticatu. Vale a dire: anche quando tutto sembra irrimediabilmente perso, c'è sempre un'altra occasione.


L'importante è continuare a cercarla questa nuova occasione. Come? Anche con l'intervento degli amici e non solo.


Di tutte le persone che si riconoscono nelle parole di Giusy: di tutti coloro che lavorano, umilmente e onestamente, di tutti quelli che hanno una dignità da difendere. Non solo la loro, ma la dignità di un intero paese:Scilla.


Non basta riempirsi la bocca di quella solidarietà di facciata, sterile e dannosa. Occorrono gesti concreti e auspichiamo ci siano, sia da parte delle istituzioni che, soprattutto, dalla nostra comunità.


Coloro che hanno creduto di essere forti usando l'accendino al riparo del buio,  in verità hanno solo dimostrato di avere paura.Sappiano che i loro metodi nulla possono contro la determinazione di un popolo che non ha paura. Perché come disse il giudice Paolo Borsellino: "Chi ha paura muore tutti i giorni. Chi non ha paura muore una volta sola".


Hanno "interrotto il nostro sogno, la nostra avventura..." dice Giusy.


No, Giusy, il vostro sogno e la vostra avventura non sono stati interrotti. Diciamo che... hanno fatto una sosta.


Vedi Giusy, come detto, dalle tue parole traspaiono rabbia -tanta rabbia- ma anche molto coraggio. E sono questa rabbia e questo coraggio che non devono mai mancare: a te e alla tua famiglia in questo momento particolare ma anche e soprattutto a tutta la comunità scillese che condivide i tuoi principi e che perciò non può non condividere la vostra sofferenza.


Diceva infatti Sant'Agostino: "La speranza ha due figli: una femmina, la rabbia; l'altro maschio, il coraggio"


Ecco, l'augurio che ci sentiamo di fare, alla tua famiglia e a tutti gli scillesi è soltanto uno: che non vengano a mancare mai la rabbia e il coraggio.


Essi sì, devono continuare a bruciare dentro di noi, come un fuoco: il fuoco della speranza.


La speranza in una Scilla migliore, per noi e per le nostre future generazioni.

12 aprile 2010

NON FACCIAMO CANCELLARE QUELLA "E"


Quello che vedete sopra è il logo di Emergency.

Come si afferma sul sito ufficiale:

Emergency è un'associazione italiana indipendente e neutrale.
Emergency offre assistenza medico-chirurgica gratuita e di elevata qualità alle vittime civili delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà.
Emergency promuove una cultura di solidarietà, di pace e di rispetto dei diritti umani.

Da qualche giorno, tre collaboratori dell'associazione (di cui due medici) sono stati arrestati con l'accusa di aver partecipato a un complotto per uccidere il governatore della provincia di Helmand, quella parte dell'Afghanistan che per l'80% è ancora sotto il controllo talebano.

Lasciando da parte ogni tipo di speculazione politica -chissà perché sempre presente in Italia, in qualsiasi occasione-  l'accusa mi pare davvero ridicola.
 Come si può pensare che dei medici, impegnati giornalmente a salvare vite umane, con pochi mezzi e in perenne emergenza, abbiano avuto il tempo di pensare per architettare un piano, al fine di uccidere il governatore della provincia, vale a dire l'unico "scampolo" di autorità locale con cui l'organizzazione può avere un dialogo civile?

In Afghanistan è in corso una spedizione internazionale che ha lo scopo di riportare la pace. E' una missione di pace sì, ma condotta con modalità e mezzi gioco forza tutt'altro che pacifici.

C'è però un'altra missione, e dura da parecchi anni. E' quella portata avanti in maniera esemplare da Emergency e votata essenzialmente all'assistenza sanitaria rivolta a tutta la sfortunata popolazione afghana, senza distinzione.
Nelle strutture di Emergency, quando arrivano feriti più o meno gravi, il più delle volte bambini, mica hanno il tempo di chiedere se siano pro o contro i talebani!

Fedeli alla loro missione, di medici in primo luogo, pensano solo a fare il loro mestiere. E' certamente il modo meno comodo e facile per farlo -rispetto magari agli insigni primari dei nostri ospedali- ma, altrettanto certamente, è quello più gratificante se non altro dal punto di vista morale.

La funzione di Emergency in Afghanistan non è però solo "professionale", ma grazie proprio alla professionalità dei medici che vi operano e ai loro collaboratori, l'associazione italiana ha assunto un importante ruolo sociale, specie se considerato nell'ambito della società tribale afghana.

Questa funzione è tutta racchiusa nella "E" del simbolo.
Quella "E" non è solo la semplice iniziale della parola emergency (emergenza) che, pur da sola, è estremamente indicativa delle condizioni in cui opera l'associazione.

"E" è un segno di congiunzione, cioè di qualcosa che unisce. E cosa unisce di più se non la condivisione di un'esperienza -il dolore della guerra- che accomuna bambini, adulti, vecchi, talebani, esercito, polizia e tutte le espressioni della variegata nazione afghana.

Viene il sospetto che le incredibili accuse di complotto rivolte ai tre collaboratori della nostra associazione, in verità siano esse stesse parte di un complotto più raffinato e preciso, con un solo, unico scopo: cancellare quella "E".
E' una cosa che non possiamo e non dobbiamo permettere.

06 aprile 2010

PI 'N PICCATURI SI PERDI 'NA NAVI

"La chiesa ha bisogno di un sessorcista più che di un esorcista"
"La sola cosa tra i Cattolici e Dio è una difensiva gerarchia ecclesiastica che non riesce a comprendere pienamente e sanare il danno fatto in tutto il globo"
"...Lunghi decenni di copertura di crimini contro i bambini da molti uomini che si pensava fossero le loro guide morali".
"Il giovedì e il venerdì santo stanno diventando il giovedi delle coperture e il venerdi del dare la colpa agli altri". "La chiesa difende un papa che ha continuato la perversa cultura della difesa dei molestatori e della reputazione della chiesa piuttosto che i bambini abusati"
"Gli avvocati del Vaticano sosterranno che il papa gode dell'immunità come un capo di stato e che i vescovi che hanno permesso una cultura dell'abuso, continuando a circolare come una fontana d'acqua sporca, non erano impiegati del Vaticano"
"C'è un'icapacità del papa a dir qualcosa di adeguato e sincero sullo scandalo"
"Tutto ciò che Benedetto...'Rottweiler' Ratzinger deve fare è la cosa giusta"
No, non sono impazzito, non vi preoccupate. 
Quelle che avete letto fin qui sono solo alcune delle considerazioni che trovate in diversi articoli pubblicati sul New York Times nei giorni della settimana santa appena trascorsa.
Lo stesso giornale ha però pubblicato anche altri articoli nei quali parla anche di "fiducia tradita" da parte delle istituzioni religiose.
"Il papa stesso, ritenuto infallibile dalla chiesa quando parla solennemente delle questioni morali e della fede è adesso sotto lo stesso esame minuzioso dei politici o dei banchieri o manager finanziari"
Insomma, quel che si è scatenato contro la chiesa cattolica è frutto di una sorta di pandemia scandalistica che ha travolto prima l'economia e poi la politica, coinvolgendo i lobbisti e gli speculatori di Wall Street che hanno rovinato l'economia mondiale portandoci alla crisi, i politici-ladri e, in ultimo, il papa.
E' proprio questo ciò che si sta verificando. 
Nel mare magnum dell'inconsistenza e della superficialità che si è potuto riscontrare sia in ambito politico che economico, si vuole coinvolgere anche l'ultimo baluardo cui un uomo può far sempre ricorso: la religione. Quella cattolica in particolare.
Sono l'ultimo in grado di parlare degli asspetti più delicati di questa vicenda. Volevo solo invitare tutti a leggere la lettera pastorale che papa Benedetto XVI ha inviato ai cattolici d'Irlanda.
Alla luce di quel che sta avvenendo, fate finta che questa lettera sia stata inviata anche in Germania, in olanda, in Italia.
In essa si smentiscono molte delle cose non vere affermate dai giornali americani.
La chiesa, non solo ammette l'esistenza di un problema di estrema gravità ma anche il manifestarsi di un indebolimento nell'adesione ai valori cattolici, un indebolimento della fede e la "perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti" che, da parte sua, la stessa Chiesa non ha saputo evitare.
Il papa sottolinea in maniera forte il fatto che i sacerdoti e i religiosi che hanno abusato dei ragazzi hanno di fatto tradito la loro fiducia, compiendo atti "peccaminosi e criminali" e di questo, dovranno rispondere "davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti".
Ma Benedetto XVI non si ferma qui. Individua anche "i molti elementi che diedero origine alla presente crisi", prime fra tutte le "procedure inadeguate per determinare l'idoneità dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa" e poi "insufficiente formazione umana, morale, intellettuale e spirituale nei seminari e nei noviziati; una tendenza...a favorire il clero, ...una preoccupazione fuori luogo per il buon nome della Chiesa e per evitare scandali, che hanno portato come risultato alla mancata applicazione delle pene canoniche in vigore e alla mancata tutela della dignità di ogni persona".
Non mi sembrano certo affermazioni di poco conto. Viceversa, denotano la piena consapevolezza del problema e delle cause che lo hanno generato.
Non è certo un elemento che può suonare a discolpa, ma tra tutte, la religione cattolica è quella più "difficile" da rispettare, per lo stesso fatto di fondarsi sull'esempio di Gesù Cristo, di un Dio fattosi uomo. E' un esempio che tutti i credenti s'impegnano a seguire ma è estremamente difficile, ce ne rendiamo conto tutti, tanto che lo stesso papa Benedetto afferma che "Molto sovente le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fede...sono state disattese".
Certo, se a disattendere sono le stesse figure che dovrebbero fungere da guida per gli altri, la gravità del problema assume (e sta assumendo) dimensioni più rilevanti.
Ecco perché il papa invita i responsabili di tali atti ad assumersi la responsabilità dei peccati commessi e a pentirsi per ottenere il perdono di Dio, precisando però con fermezza che "Allo stesso tempo, la giustizia di Dio esige che rendiamo conto delle nostre azioni senza nascondere nulla." E conclude: "Riconoscete apertamente la vostra colpa, sottomettetevi alle esigenze della giustizia, ma non disperate della misericordia di Dio".
Mi vengono in mente le parole che Gesù rivolse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini»  (Lc 5,10)
Era l'investitura ufficiale di quello che poi sarebbe divenuto San Pietro, il primo pontefice.
Ma mi tornano in mente anche le parole che Gesù rivolse a Pietro la notte precedente al giorno della Passione: "prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte" (Marco 14:26-31; Luca 22:31-34; Giovanni 13:36-38)
Dunque, il Vangelo ci insegna che anche Pietro, colui che era stato scelto per divenire pescatore di uomini, proprio per la "fragilità della condizione umana" che in questi giorni " è stata così chiaramene rivelata" -come afferma il papa, venne meno a quel rappoprto di fedeltà che lo legava a Gesù.
Le Sacre Scritture, dopo più di due millenni ci ricordano che non è la prima volta -né certo sarà l'ultima- che la "nave" dei cattolici vacilla, inserita com'è stata e com'è in un mare di difficoltà nel quale viene continuamente sballottata.
Nonostante tutto però, questa nave ha toccato i porti di tutto il mondo, approdando ovunque e portando all'interno della stiva tanti frutti ed esperienze che hanno contribuito a far crescere e sviluppare il mondo intero.
E' pur vero però che si è pienamente consapevoli del fatto che tra i membri d'equipaggio di questa nave, qualcuno è contravvenuto alle ferree regole che fin qui ne hanno consentito la navigazione. Adesso si tratta di cominciare a usare di più e meglio quegli strumenti -che in gran parte già esistono- in modo tale da non far sì che, come dicevano i vecchi saggi scillesi, che di navi se ne intendevano: "Pi 'n piccaturi si perdi 'na navi!".
Solo che nella rigida scala gerarchica che regola la navigazione, non basta che il contrammiraglio segni la rotta giusta. 
Occorre che anche i timonieri che guidano la nave nei diversi porti prendano coscienza del fatto che molte volte hanno rischiato di far finire la nave sugli scogli o ce l'hanno fatta finire in maniera fragorosa. In questi casi, specie se ripetuti, forse non basta che cambino mansione, passando a fare i mozzi.
Da tempo e anche in questo momento, nessuno più di papa Ratzinger, se ne è reso conto e fa la cosa giusta, continuando la sua battaglia con un accanimento ,questo sì, degno di un rottweiler!
Come ha giustamente affermato mons. Rino Fisichella, "Ratzinger è la soluzione, non il problema".