30 dicembre 2011

IL TEMPO DELLA CERA E DELLO ZOLFO

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Mi brucia 'u stomacu!

E chi veni mi ndi cunti? Direte voi.

Vu cuntu perché il bruciore non è dovuto all'inevitabile sacrificio culinario cui sono stato sottoposto in questi giorni. No.

E' uno stato di malessere, dovuto al fatto che siamo costretti ad assistere a vicende che di politico hanno poco ma che di convenienza personale hanno tantissimo.

Pirciò, mi sfogu! Pirmittiti.

Se fallisci come sindaco devi render conto ai tuoi cittadini, uno per uno. Se fallisci come deputato, non se ne accorge nessuno, perché -grazie a un balordo sistema elettorale- non ti ci ha eletto nessuno, ti ha solo nominato il segretario del tuo partito.
Ammettere il fallimento e poi rifugiarsi nel palazzo romano, come in ultimo ha candidamente fatto l'ex sindaco di Catanzaro nei giorni scorsi (ma è solo uno dei tanti), è come appiccare un incendio e poi scappare, senza nemmeno chiamare i pompieri, dicendo in pratica "ora sono c...i vostri!", preoccupandosi solo di non bruciarsi il c..o!!
E' un'azione di una slealtà e di una codardia tali, da augurarsi che gente così non metta più piede in Calabria!
Sarebbe loro dovere (se mai gente come questa conosca il significato di questa parola), perché a ciò chiamati dai loro elettori, pensare solo al mandato che hanno scelto di voler adempiere se chiamati dal popolo e non invece a tenersi da parte comode assicurazioni sulla vita politica, con le quali scappare al momento opportuno.

Questi personaggi, che si credono grandi nocchieri ed esperti nostromi, in realtà quando vedono che la nave sta per imbarcare acqua, scappano sulla scialuppa più comoda, lasciando che l'equipaggio affoghi affondando.
Si credono nocchieri e nostromi, in realtà non sono degni nemmeno di fare i mozzi! Con tutto il rispetto per i mozzi, con i quali mi scuso per il paragone.

A poco valgono le loro giustificazioni, che il più delle volte sconfinano nel più assoluto ridicolo, o il loro affannoso ed inutile arrampicarsi sugli specchi.

Questa sottospecie di instancabili spider men calabri non si rendono conto che le loro ragnatele sono ormai logore e piene di buchi.
Prima o poi cederanno, avviluppandoci tutti (grandi e piccoli, belli e brutti, buoni e cattivi).

E facendoci cascare insieme a loro cercheranno di nascondersi e nascondere la loro inettitudine.
A ciò si aggiunga che, intanto, dopo averci letteralmente bruciato il cervello, vogliono farci bruciare anche lo stomaco. Ma così facendo, va a finire che oltre a non sopportarli, non li digeriremo proprio.

Per la politica calabra è giunta l'ora. E' il tempo della cera e dello zolfo. Sentendo che il terreno sul quale hanno finora impiantato le loro trame è divenuto scivoloso (per la presenza della cera) e respinti dall'odore emesso dallo zolfo, non ritorneranno (o non dovrebbero tornare) più ad avvinghiarsi al loro scranno. Proprio come si fa con il ragno aggrappato alla “fulina” nell'angolo tra le due pareti di una casa vecchia.

E' tempo di togliere di mezzo questi spider men e le loro ragnatele scassate.

 

27 dicembre 2011

PANI E NDUJA

(Malatrasposizione calabro-scigghitana di “Hallelujah” di Leonard Cohen nella versione di Jeff Buckley, nell'album “Grace”)


Su' ddu' prodotti naturali,
pigghiaru peri nto Stivali,
sì, chistu non si può negari cchiù.
Dalla Calabria, 'u senti, 'nchiana
finu ammunti, in Val Brembana,
'u sciauru di pani 'i 'ranu e nduja.

Pani e nduja...Pani e nduja....

Nt' ogni putìa ormai li trovi,
e chi sapuri quand' 'i provi!
sì, di sicuru, non t'u sperdi cchiù.
Su' chini 'i treni e pur l'aeri,
va oltri tutti li frunteri,
'u sciauru di pani 'i 'ranu e nduja.

Pani e nduja...Pani e nduja....

Fan beni o' cori e all'amuri,
non servun' atri sumpusturi,
no, ‘u dicunu li merici, chi vo' 'i cchiù?
E ca mulingiana ri buccacci,
s' 'u vinu novu ra butti cacci,
calunu megghiu pani 'i ranu e nduja.

Pani e nduja...Pani e nduja....

Ti sana 'i visciri, però
ampestru iornu, si' ko,
chist'è sicuru, non t'u sperdi cchiù.
Ma ti urdi 'u stessu se ti senti giù,
e tagghi e spalmi, ti tiri sù
cu sciauru di pani 'i 'ranu e nduja.

Pani e nduja...Pani e nduja....

Oh, Calabrisi chi, pi ddaveru,
va' sempri 'spertu, pu mundu interu,
'na cosa teni a menti e nenti cchiù.
Quandu ti futti 'a nostalgia,
basta mi iapri 'a to' scanzìa,
chi sciauru di pani 'i 'ranu e nduja!

Pani e nduja...Pani e nduja....
Pani e nduja...Pani e nduja....


Traduzione italica
Pane e nduja
Sono due prodotti naturali,
han preso piede nello Stivale,
sì, questo non si può negare più.
Dalla Calabria, lo senti, sale
fino al Nord, in Val Brembana,
l’odore di pane di grano e nduja.


Pane e nduja...Pane e nduja....

In ogni bottega ormai li trovi,
e che sapore quando li assaggi!
sì, di sicuro, non te lo dimentichi più.
Sono pieni i treni e pure gli aerei,
va oltre tutte le frontiere,
l’odore di pane di grano e nduja.


Pane e nduja...Pane e nduja....

Fanno bene al cuore e all'amore,
non servon altre diavolerie,
no, lo dicono i medici, che vuoi di più?
E con la melenzana (sott’olio) delle bocce,
se il vino nuovo dalla botte prendi,
si gustano meglio pane di grano e nduja.


Pane e nduja...Pane e nduja....

Ti guarisce le viscere, però
il giorno dopo, sei ko,
quest’ è sicuro, non te lo dimentichi più.
Ma ti ingozzi lo stesso se ti senti giù,
e tagli e spalmi, ti tiri su
con l’odore di pane di grano e nduja.


Pane e nduja...Pane e nduja....

Oh, Calabrese che, per davvero,
vai sempre in giro, per il mondo intero,
una cosa tieni a mente e niente di più.
Quando ti frega la nostalgia,
basta che apri la tua dispensa,
che odore di pane di grano e nduja!
 

Pane e nduja...Pane e nduja....
Pane e nduja...Pane e nduja....

18 dicembre 2011

RAPPORTI SCILLESI

image   La notizia ai più è passata inosservata. E’ apparsa sugli organi d’informazione locale e su internet quasi di striscio.

Ci riferiamo alla nuova “defaillance” in seno all’Amministrazione comunale di Scilla: la restituzione, da parte di Giuseppe Pollidori, della delega comunale ai “rapporti istituzionali con altri enti”.

Il fatto non ha raggiunto certo i picchi d’interesse suscitati dalla vicenda Delorenzo, né porta con sé conseguenze altrettanto rilevanti.

Ma leggere le motivazioni con le quali è stata restituita la delega, dobbiamo ammetterlo, ci ha fatto sorridere.

Dichiara Pollidori: <<Ho deciso di restituire la delega comunale ai “rapporti istituzionali con altri enti” poiché ho constatato la mancanza di rapporti tra il sottoscritto e la locale Amministrazione comunale.>>

Per quanto possa sembrare paradossale –e lo è- il ragionamento di Pollidori non fa una grinza e non gli si può rimproverare  di non aver seguito alla lettera il mandato ricevuto.

Era stato infatti incaricato a tenere i rapporti istituzionali con gli altri enti, mica con il Comune di Scilla??!!

Come si dice, pi ‘sta vota comu fu’ fu’.

Ci auguriamo che il Sindaco la prossima volta specifichi bene e per iscritto in cosa consistano i compiti assegnati con la predetta delega, magari modificandone il “titolo”: mantenere i rapporti istituzionali tra il Comune di Scilla e gli altri Enti territoriali.

Tanto per evitare equivoci e situazioni francamente imbarazzanti, che come minimo fanno davvero (sor)ridere.

 

 

 

 

11 dicembre 2011

THE DOG AND THE MOON

 

Coyote

I watch the clock, it’s 3 a.m.,

I stop workin’ hard, how tired I am!

In spite of all, I cannot sleep

and I can’t count not even one sheep.

So I stand by the window,  I watch through the glass,

I’m still thinkin’ of you, Yes, here I confess.

Then I see somethin’ which catches my eye:

I wanna tell you about or at least I try.

 

There is a dog alone in the night,

he wanders the street, nobody in sight.

When he looks above, up in the sky,

what a wonderful show! he almost cries.

There’s a lot of stars with their shinin’ skin,

they circle around the moon like a queen.

She makes the night clear with her bright face,

wrappin’ up the dog in a friendly embrace.

 

Now he’s not all alone, in the night deep and wide,

because he has a friend flyin’ high by his side.

She smiles to the dog which is barkin’ loud

and she greets him gently while approachin’ a cloud.

Oh, he felt so happy and he bayed at her this

but it didn’t last long, it was just a short bliss.

She sneaks in and out from the cloud, with a trick,

just like she was playin’ to hide and seek.

 

But she must take her light to some other land,

so the dog bays his “Hi!” at his travellin’ friend.

Now he’s so sad while she flies far apart,

but he knows she’s so close, ‘cause she warms his heart.

I’m still standin’ here as the light seems to change,

with you in my mind, and I feel really strange.

Because as the day is about to begin,

I feel just like the dog, that keep up his chin .

04 dicembre 2011

REGIONE CALABRIA: FAVI, PISELLI E… MACCARRUNI

 

imageIn quale regione d'Italia possono permettersi di pensare alle fave e ai piselli, piuttosto che al bilancio?

In Calabria, of course!

Appena due settimane fa, la Corte Costituzionale con la sentenza n° 310/2011 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di ben 7 artcoli (su 52 disposizioni) della Legge Regionale n° 34/2010 - Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2011.

Gli articoli “presi di mira” dai giudici delle leggi, sono quelli che riguardano incarichi dirigenziali conferiti a soggetti esterni per la copertura dei posti vacanti, copertura dei posti di qualifica dirigenziale e assunzioni in varie forme, ritenuti illegittimi perché contrastanti con i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, vuoi perché prevedono procedure a dir poco “atipiche”, dimenticandosi delle normali procedure di selezione. Per la serie: il concorso, questo sconosciuto.

Altra norma sotto giudizio, quella che prevedeva la compatibilità tra le cariche di presidente ed assessore della Giunta provinciale e di sindaco ed assessore comunale con la carica di consigliere regionale. E' stata dichiarata incostituzionale poiché, oltre a essere in contrasto con la normativa statale in materia elettorale, lede il principio di eguaglianza tra i cittadini nell’accesso alle cariche elettive. Decade così uno dei “privilegi” che i ….soliti noti si erano auto-concesso.

E pensare che la Regione Calabria si è dotata di un “Comitato per la qualità e fattibilità delle leggi“, il cui compito dovrebbe essere quello (dichiarato) di innalzare “il livello della qualità ed efficacia della legislazione calabrese”.

Purtroppo, a causa dei tagli alle spese cui la Regione sarà obbligata dagli attuali “chiari di luna”, il Comitato lavorerà solo fino a dicembre 2012. Considerati i risultati, invece che purtroppo, dovremmo dire per fortuna!

Ma noi calabresi siamo furbi, ...per questo, mentre il bilancio lo lasciamo valutare alla Corte Costituzionale (che ci possiamo mettere a perder tempo ad esaminare il bilancio noi?), ci dedichiamo a progetti di legge di ben altra qualità, appunto.

Come, per esempio, la Proposta di legge n. 77/9^, il cui fine, sancito nel primo articolo, è quello di “Salvaguardare, sostenere ed incrementare la coltura, la produzione e la commercializzazione di fave e piselli nel territorio dell'Alto Ionio cosentino”.

imageVisti i personaggi che han discusso e approvato questa legge, mi viene in mente però una proposta che potrebbero prendere in seria considerazione, poiché non faticherebbero a scriverla a loro immagine e somiglianza: ci vuole una legge per la valorizzazione ri maccarruni...'i casa!

(foto da http://www.sgroppino.altervista.org/5.htm)

Restiamo in fiduciosa attesa. Per intanto, non ci resta altro da fare: iamu zzappamundi u favu!!

La (mala)sorte, beffarda, ha voluto che l' ortalizia proposta di legge fosse discussa dal Consiglio Regionale proprio quando il suo proponente, l'on. Francesco Morelli, non ha potuto essere presente in aula, in quanto arrestato poiché accusato di aver favorito un clan della 'ndrangheta, con ramificazioni a Milano.

Ebbene sì, la Lega si può mettere l'anima in pace. Dopo l'ultima operazione di pochi giorni fa (ma si può tranquillamente prevedere che ce ne saranno altre), è confermato: oramai Milano è come la Calabria.
Ma qualcuno l'aveva previsto, Totò.

Mi torna in mente una frase di “Totò, Peppino e... la malafemmina” (anno 1956), nella scena in cui Antonio Capone -con tanto di carta geografica (capovolta) sul tavolo- spiegava la geografia al fratello Peppino Capone: «Milano? Come, non sai dov'e' Milano? Milano e’ la capitale della Calabria!» Aveva capito tutto, con quasi sessant' anni di anticipo!

Certo, vedere coinvolti in maniera così diretta e pesante, i rappresentanti di quella giustizia che dovrebbe tutelarci, non può che lasciare sgomenti. A prescindere dalle responsabilità personali di chi è oggi oggetto di indagini, è tutto l'apparato giudiziario che, volenti o nolenti, ne esce “ammaccato”.

Finché si parla di connivenze, di condotte equivoche, ecc., finché si riempiono giornali e libri di analisi sociologiche utili sì ma che vengono spesso dimenticate, è un conto. Ma quando ti vedi davanti fatti, nomi, circostanze provate, dimostrate o dimostrabili, beh, allora lì vacilli.

Qualche certezza che prima avevi, comincia a venir meno.

Dall'altro lato, però, vedi le facce di continua a lottare senza sosta, ogni giorno, cercando di far valere quella “ragion di stato” cui tutti ci aggrappiamo.

Lo Stato è forte, ha i mezzi, ha le leggi, ma ha anche un limite: è fatto di uomini. Lo Stato sarà forte finché ci saranno uomini forti, capaci cioè di sopportare il dolore, sì, il dolore di doversi accorgere di essere attorniato da colleghi che, in realtà, tentano di vanificare anni di lavoro e si rammaricano di non aver scelto strade diverse da quelle della legalità. Non hanno avuto, personaggi del genere, nemmeno questo coraggio di scegliere da che parte stare. Vivono nell'ombra, in quella zona grigia che gli uomini forti -e ce ne sono- stanno cercando di cancellare.

C'è stato chi si è lamentato del fatto che in Consiglio Regionale quasi non si sia fatto alcun cenno all'ennesima vicenda giudiziaria di 'ndrangheta che vede indagati anche dei politici.

Ma diciamoci la verità: a cosa servirebbe un dibattito in Consiglio Regionale? Sarebbe un'inutile esercizio di "smarcamento" da comportamenti che dovrebbero essere del tutto estranei a chi amministra la cosa pubblica (e almeno a parole, lo sono), ma la cui esistenza e realtà vengono provate e dimostrate quasi ogni giorno dopo dalle indagini giudiziarie.
Vi è perciò una grande amarezza nel constatare che nei fatti, alla fine, non si fa altro che continuare a girare e rigirare il coltello dentro una piaga già aperta da tempo, che rischia di divenire ancora più ampia e che soprattutto, ormai quasi non sanguina più.

14 novembre 2011

GIU’ LE MANI DALLO “SCILLESI”

image«Le rovine sono un dono. La distruzione è la via per la trasformazione». Questa frase di Elizabeth Gilbert descrive in maniera perfetta lo stato di fatto della sanità calabrese. Si è detto e scritto tanto sulle cause che ne hanno determinato lo sfascio e sul Piano di rientro che dovrebbe fare il miracolo.

Ma c’è un aspetto rimasto inesplorato che differenzia lo “Scillesi d’America” dagli altri ospedali: la sua proprietà. Il nosocomio, dalla sua genesi e fino a oggi, è un immobile dell’intera collettività scillese. Lo provano le carte!

La prima costruzione fu realizzata su un suolo che il Comune donò al “Comitato pro-erigendo Ospedale” nel 1952. L’amministrazione comunale all’epoca era guidata da Antonia Assunta Paladino e a rappresentare il comitato era il notaio Giuseppe Gioffrè. In seguito, il Comune avviò le procedure espropriative, occupando anche le aree attigue a quella originaria, per consentire l’ampliamento dell’ospedale nella conformazione attuale. I lavori furono ultimati nei primi anni 80.

L’area sulla quale sorge l’ospedale è stata individuata negli strumenti urbanistici, dal 1979 fino a ora, come area destinata ad attrezzature ed impianti di interesse generale, ma l’esproprio, pur se previsto sulla carta, ancora oggi non risulta concretizzato, per via di un contenzioso legale tra il Comune e alcuni dei proprietari dei terreni espropriati.

Di questa storia, la Regione non ne sa niente. E lo dimostra in maniera lampante.

Nel 1992, lo Stato ha riordinato la disciplina in materia sanitaria, prevedendo che «il patrimonio delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere è costituito da tutti i beni mobili e immobili a esse appartenenti, in virtù di leggi o di provvedimenti amministrativi, nonché da tutti i beni acquisiti nell’esercizio della propria attività o a seguito di atti di liberalità».

La Regione, con efficienza degna di uno stupido bradipo cieco, ha perciò proceduto al censimento di tutto il patrimonio immobiliare delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere della Regione, decretando il trasferimento dei beni che erano di proprietà dei comuni. Così, nel 2005 (dopo soli 13 anni!), ha trasferito all’ex Azienda Sanitaria n.11 di Reggio il fabbricato sede dello “Scillesi d’America”. Nella premessa del provvedimento, si legge: «Considerato che nel patrimonio del Comune di Scilla è compreso un immobile sede del p.o. “Scillesi d’America”, in quanto risultante con vincolo di destinazione all’Azienda medesima». Che tradotto significa che la Regione ha dato per scontato che il Comune di Scilla ne fosse il proprietario.

Tra i terreni compresi nel decreto, per un errore dattilografico, ve ne era però anche uno che con l’area dell’ospedale non aveva niente a che vedere, essendo ubicato niente di meno che a Ieracari! Per tale motivo, dopo poco meno di tre anni, l’atto viene rettificato con altro decreto.

Arriviamo al 9 maggio di quest’anno, quando il Commissario Straordinario dell’Azienda reggina si accorge che nelle carte c’è qualcosa che non quadra (vivaddio!) e invia una nota al dipartimento regionale, chiedendo la revoca del decreto di rettifica poiché «la procedura espropriativa avviata per l’acquisizione delle aree interessate alle opere non si è mai conclusa formalmente con l’emissione dell’atto definitivo d’esproprio» e dichiarando che «solo per mero errore materiale si è data comunicazione della titolarità dei suoli citati rispetto ai quali, ad oggi, alcuna proprietà può essere trasferita all’Asp di Reggio Calabria». Tra le tante negligenze addebitabili alle strutture amministrative della sanità calabrese, c’è anche quella di non sapere di cosa le stesse aziende sanitarie sono proprietarie e di cosa non lo siano!

Il 16 Settembre – cioé il giorno prima della visita a Scilla del governatore Scopelliti – è stato pubblicato il decreto di revoca dei precedenti del 2005 e del 2008.

La sostanza, alla fine di questa tragicomica fiera, è questa: i terreni e la sede dello “Scillesi d’America” sono di proprietà in parte del Comitato pro-erigendo ospedale e in parte dei proprietari che avrebbero dovuto essere espropriati. Questi ultimi, una volta definite le controversie legali, dovrebbero essere acquisiti definitivamente al patrimonio comunale.

Occorre dunque definire la questione irrisolta legata alla proprietà del nosocomio. Sarebbe opportuno chiudere i giudizi pendenti da tempo immemorabile anche con atti di conciliazione. Ma pur se il Comune procedesse alla definitiva acquisizione delle aree e quindi la Regione trasferisse la proprietà all’Asp di Reggio Calabria, rimarrebbe insoluto il nodo della proprietà legato alla parte di proprietà del Comitato pro-erigendo ospedale. Si potrebbe perciò pensare a moderne e nuove forme di gestione del presidio, quali per esempio la costituzione di una fondazione tra il Comitato (e tramite esso gli scillesi d’America), il Comune di Scilla e la Regione Calabria. La questione merita un serio e competente approfondimento giuridico, dopo decenni di colpevole disinteresse.

Intanto, però, il governatore Scopelliti ha deciso di non andare troppo per il sottile e di chiudere di fatto la struttura, decretando (ufficialmente dallo scorso 20 ottobre) un’emergenza sanitaria nella Costa Viola e in una larga fetta del territorio aspromontano. «L’ospedale di Scilla – ha affermato nel corso della conferenza stampa ospitata dal nosocomio – diventerà un presidio strategico, sia per i residenti che per i turisti, non appena realizzeremo 16 postazioni specialistiche». Cioè: l’ospedale non esiste più, in cambio vi diamo qualcosa di lontanamente simile. Meglio poco che niente affatto, ma che certezze ci sono? Quanto durerà quel “non appena”? Che tempi si prevedono, dalla dismissione alla riconversione? Quanto passerà prima che vengano attivate le nuove dotazioni promesse? Occorre fare chiarezza e dare garanzie a una popolazione in grande difficoltà.

A questa serie di incognite, si aggiunge un dato certo. Ce lo fornisce la Commissione parlamentare sugli errori e disavanzi sanitari, che nelle conclusioni scrive: «La commissione ha sempre

espresso l’orientamento unanime a considerare prioritaria, nell’invarianza dei costi, l’attenzione per la tutela del diritto alla salute dei cittadini, e quindi a finalizzare gli interventi del Piano di rientro, oltre che al doveroso recupero del disavanzo e al contenimento delle spese, anche al migliore utilizzo possibile delle strutture sanitarie esistenti. In questo senso la Commissione prende atto che è stato richiesto di valutare l’effettiva esigenza della chiusura di ospedali quali quelli di Scilla e Rogliano, nonché di alcuni ospedali di confine e situati in zone isolate e di montagna. Tale scelta è di esclusiva competenza della Regione Calabria».

Sta ora all’amministrazione comunale far pesare questa valutazione super partes in ogni modo e in ogni decisione che riguarderà il presidio. Il sindaco Caratozzolo, dopo aver ascoltato le promesse incantatrici del governatore, dovrà finalmente rompere ogni indugio e muoversi rapidamente su due fronti: definire e chiarire situazioni poco note ai capoccioni regionali e proporre soluzioni alternative utili al territorio; chiedere, verificare e pretendere il rispetto degli impegni presi da Scopelliti nei confronti di tutta la comunità scillese.

La recente delibera comunale, proposta dal gruppo di minoranza guidato da Pasquale Ciccone e approvata all’unanimità, lascia sperare che ci sia la necessaria unità d’intenti perché venga salvaguardata una struttura di estrema importanza sociale.

Le promesse del governatore, almeno per ora, rimangono dati espressi solo verbalmente ma dei maccheroni non si sente neanche l’odore! Perciò, l’amministrazione comunale dovrà abbandonare gli atteggiamenti ossequiosi messi in campo finora nei confronti dei “superiori in grado” ed essere capace di pilotare e non subire il destino dello “Scillesi d’America”, che per ora resta (nei documenti e nella realtà) una scatola desolatamente vuota. Tocca a noi scillesi cercare di riempire la nostra scatola e a nessun altro. Chi ha tempo, non aspetti tempo.

*N.B.: [articolo pubblicato sul mensile "Scilla!"]

01 novembre 2011

TERNA-COMUNE DI SCILLA: DI CHE CAVO….STIAMO PARLANDO?

Sorgente-Rizziconi Torniamo a parlare dell’elettrodotto “Sorgente-Rizziconi”. I lavori vanno avanti a ritmo sostenuto e su più fronti contemporaneamente .

Dopo aver completato i rilievi nella zona dell’approdo e le verifiche effettuate nel vallone “Favagreca” (sul quale, personalmente, conserviamo i dubbi espressi in passato), dove sarà realizzato il tunnel che porterà i cavi fino alla centrale di Melia, a Favazzina è iniziata la fase pienamente operativa e tecnicamente più complicata: l’interramento, con relative opere di protezione, del cavo dell’elettrodotto che collegherà la Sicilia al resto d’Italia.

Le operazioni di posa del cavo n° 6 hanno avuto inizio lo scorso Settembre, e come informa l’ordinanza della Capitaneria di Porto di Reggio Calabria n° 109/11, la società Ship Management Ltd., su incarico della Prysmian, esecutrice dell’opera per conto di TERNA, avvalendosi della nave ARGO I e di un’unità d’appoggio, provvederà all’interramento del cavo e alle opere di protezione.

I lavori, iniziati lo scorso 22 Ottobre, dovrebbero durare fino al prossimo 20 Novembre, con operatività 24 ore su 24 mediante un sistema di aratro di fondo filoguidato, unitamente a un sistema di controllo mediante ROV di profondità, vale a dire un robot in grado di muoversi sott’acqua, pilotato dall’esterno.

Contemporaneamente, a Melia sono stati eseguiti i lavori all’interno della stessa centrale elettrica, con la realizzazione del nuovo muro esterno, che ha permesso di ampliare l’area della stessa centrale, oltre ad alcune nuove strutture di servizio per la nuova linea.

Da pochi giorni, sono partiti anche i sopralluoghi per l’immissione in possesso, da parte della TERNA, dei terreni interessati dal passaggio della linea principale.

Uno dei problemi è che per conferire con i tecnici della TERNA per qualsiasi domanda e/o precisazione, occorre rivolgersi direttamente alla loro sede di Napoli. Pare però che, nei prossimi giorni, il Comune darà alla TERNA la possibilità di usufruire di una sede presso il Comune, dove i cittadini interessati si potranno recare per chiedere informazioni in merito alle procedure espropriative in corso.

Ma c’è qualcosa qualcosa che non quadra.

Non è passato nemmeno un anno (era fine gennaio di quest’anno) da quando il vice sindaco del tempo, Francesco Bellantoni, annunciava sui giornali:

«Nella proposta iniziale la Terna voleva attraversare il territorio di Melia con elettrodotti aerei, ma grazie a un reciproco accordo abbiamo ottenuto che i cavi venissero interrati. I cavi provenienti da Rizziconi giungeranno per via aerea, per poi essere interrati, ripartendo da Melia, e raggiungere la Sicilia utilizzando la via sottomarina. È stata prevista anche una compensazione [€ 445.000]. Nell'ultimo incontro con i tecnici della Terna ho chiesto anche che venissero interrati i tralicci del pianoro di Melia, ottenendo così che alcuni cavi venissero dismessi e altri interrati».

La realtà invece sembra essere diversa. A dirlo sono gli stessi documenti della TERNA. Eccone un esempio:

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Quello riportato a sinistra (edificio in costruzione), è la centrale dalla quale partirà la nuova linea per Rizziconi. La linea verde è la traccia del cavo principale. Ai suoi fianchi, si notano due linee gialle, che indicano la fascia di rispetto (50 mt, 25 per ciascun lato). Con una linea viola sono invece indicat le linee elettriche che verranno dismesse.

Come si può vedere, con i numeri 1 e 2 (che abbiamo evidenziato con un cerchio rosso), sono indicati i tralicci della nuova linea e, per ognuno di essi, nel relativo atto d’esproprio è indicata anche la superficie.

Ci chiediamo: come mai, se la linea doveva essere interrata, viene prevista la realizzazione dei tralicci?

Se ci sono problemi tecnici che –vista la potenza elevata, 380 kV- impediscono l’interramento, che fine ha fatto l’accordo stipulato con il Comune di Scilla, di cui si è data notizia?

Le somme dovute dalla TERNA a titolo di compensazione, non saranno più erogate al Comune?

Sul sito ufficiale della società, tra i cantieri aperti è citato anche quello di Scilla. Nell’illustrazione del progetto, si parla solo di “circa 5 km in cavo terrestre” che non sono altro che il tunnel che da Favazzina dovrebbe arrivare alla centrale di Melia (lunghezza prevista 4,8 km, ma alla fine potrebbero essere di meno). Non si fa alcun cenno ad altri tratti di linea interrata.

Cavi interrati o no? e se no, qual è il motivo? Abbiamo capito male (anche se l’italiano è uno, per tutti) e stiamo parlando di due cose diverse?

Gradiremmo avere delle risposte.

11 ottobre 2011

LA SP “SCILLA-MELIA. SE QUESTA E’ UNA STRADA

 

image Questa mattina, al Comune, ci sarà una riunione tra il Sindaco, il Presidente della Provincia e l’assessore all’assetto del territorio Pirrotta. Tema dell’incontro la viabilità  provinciale che attraversa il territorio di Scilla. Prima fra tutte la Strada Provinciale 107, meglio nota come “Scilla-Melia”.

Percorrerla non vuol dire solo fare un viaggio in macchina. Spostarsi oggi seguendo i tornanti che collegano il paese alla sua frazione collinare più vicina, significa avventurarsi in una sorta di dedalo fatto di deviazioni, slalom tra vere e proprie trappole, in un continuo alternarsi di brevi rettilinei, tornanti, restringimenti.

Insomma, un percorso che mozza il fiato per il paesaggio che si attraversa, in un continuo alternarsi/mischiarsi di verde e di blu –i boschi che costeggiano la strada, il mare che si intravede tra i rami degli alberi, i laghi di Ganzirri che sembrano star lì, a portata di mano.

Ma c’è un’altra cosa che fa mancare il fiato: lo stato pietoso in cui versa da tempo una delle principali arterie di collegamento tra il mare e la collina del nostro territorio nonché uno degli assi principali attraverso cui si svolge l’attività economica scillese.

Sì, si corre il rischio di avere dei veri e propri mancamenti a vedere quegli improvvisi ‘mancamenti’ della sede stradale.

Non voglio certo sembrare irriguardoso e mi scuso per il paragone un po’ azzardato. Ma percorrere la SP 107 è come fare un breve (per fortuna) viaggio nell’inferno dantesco.

Un altro girone di quell’inferno che è la viabilità della provincia reggina, la quale annovera tra le sue più disgraziate componenti la S.S. 106 –alias ‘strada della morte’- e la S.S. 18 che potremmo oggettivamente definire ‘la strada delle frane’.

Transitare lungo la “Scilla-Melia” e vederla ridotta in questo stato, fa tornare alla mente –con il dovuto riguardo- lo stato di abbandono totale, di umana alienazione raccontato da Primo Levi nel romanzo autobiografico scritto alla fine della seconda guerra mondiale.

In questi ultimi anni si sono posti in essere interventi tampone di cui abbiamo riferito in diverse occasioni (vedi: qui e qui). Si è continuato a ‘sopravvivere’, facendo affidamento solo ed esclusivamente alla buona stella dei tanti automobilisti che ogni giorno percorrono la '”Scilla-Melia”.

Ma adesso le cose si sono fatte ancora più serie: i numerosi fronti franosi staccatisi dalle nostre colline hanno quasi completamente riempito quei ‘contenitori’ precari che abbiamo ribattezzato ‘iaddhinari’.

Inoltre, in questi ultimi mesi si sono aperti nuovi fronti franosi, in alcuni casi molto pericolosi. Per rendere meglio l’idea, a guardare le colline che sovrastano Scilla, sembra siano state SGARGIATI ‘I ‘NA IATTA ‘RAGGIATA [graffiate da una gatta arrabbiata –n.d.r.].

La sede stradale costruita per lo più a mezza costa, specie nelle parti più esterne, come detto, manca. E’ venuta giù, tirata via come fosse stata MUZZICATA I NU ‘NFAMATU [presa a morsi da un affamato]. In altri tratti, la sagoma è completamente deformata e si notano veri e propri ‘scalini’ che non preannunciano niente di buono.

L’aggravamento dei pericoli già esistenti, la nascita di nuove criticità, l’importanza assoluta che riveste nell’ambito dell’economia cittadina, impongono il dovere di intervenire in maniera imperativa, puntuale e definitiva da parte degli enti competenti, ai quali non può non chiedersi uno sforzo che sappiamo essere superiore alla loro perennemente limitata disponibilità di risorse che, comunque, non costituirebbe un alibi.

 

 

 

10 ottobre 2011

MUSEO DI REGGIO: SERVE UN NUOVO PROGETTO PER FINIRE I LAVORI?

 

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Immagine tratta da: www.artefascista.it

Reggio. Notizia di oggi, riportata da RTV.
La ditta esecutrice dei lavori al Museo se ne va. Completate le opere finanziate, restano da fare lavori per 11 mln che pero' non ci sono.
Percio', per ultimare le opere (evidentemente non previste in partenza) bisognera' presentare un nuovo progetto!
Come mai sono stati previsti lavori per un importo superiore al contributo ricevuto dallo Stato, senza disporre dell'ulteriore necessaria copertura finanziaria?
Chi sono questi "geni" della finanza?
Lo vorrei tanto sapere!
Ecco perche' siamo sempre combinati "a peri i tavvulinu"!

02 ottobre 2011

RIFLESSIONI SUL DESTINO

imageCos’è il destino? Domanda difficile a cui rispondere. Ci provo comunque e, poiché non sono un filosofo, cerco (ho bisogno) di semplificare il ragionamento . E la risposta è: il destino è un’agenda.

Quando nasciamo, Dio ci consegna in dono un'agenda, una di quelle con la pennina attaccata.

E ognuno di noi riceve un'agenda diversa, con una pennina diversa, nella quale ci sono indicati gli anni, i mesi e i giorni che scandiranno la nostra vita. E le pagine sono bianche.

Ognuno di noi le riempirà, utilizzando quella pennina, come sa, con le parole e con i segni che imparerà nel tempo e con le quali descriverà ciò che sente, ciò che fa, esprimerà ciò che è.

E la pennina può essere una stilografica o una semplice biro (il cui inchiostro va cambiato ogni tanto) o anche unaimage matita la cui punta si consuma spesso, e spesso si rompe e, per questo, va continuamente temperata.

Alla fine, confrontando le agende, scopriremo che alcuni hanno riempito tutte le pagine, altri solo una parte. Alcuni sempre con la stessa pennina e con lo stesso tipo d’inchiostro; altri hanno cambiato colore all’inchiostro; altri hanno scritto prima con la matita e poi con una pennina o viceversa.

Scopriremo che altri hanno cominciato a scrivere ma poi, a un certo punto, si sono fermati.

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Ma scopriremo anche che molti di noi, di quell'agenda che ci è stata consegnata, non hanno riempito nessuna di quelle pagine. 

Altri, troppi, quelle pagine le hanno addirittura strappate.

11 settembre 2011

"CHE FILM E'?"

"Che film è?" mi sono chiesto vedendo il fumo uscire dalla prima torre. Invece, in basso a destra c'era un piccolo logo:erano le immagini da New York trasmesse dal tg4. Un brivido mi ha percorso il corpo.
Ho chiamato i miei genitori e mia sorella "Venite a vedere, in America sta succedendo la fine del mondo!".
Era un martedi e quel giorno a Reggio Calabria era festa. Avevamo programmato di andare alla processione della Madonna della Consolazione, Patrona della città dello Stretto.
Non ci siamo andati.
Siamo rimasti a Scilla, in casa, impietriti davanti alla TV, impotenti, ad assistere all'impatto del secondo aereo dirottato sulla seconda torre e, poi, ancora, alla caduta sul Pentagono del terzo.
E poi, infine, ai crolli dei due giganti, con la gente penzolante dalle finestre, nell'ultimo disperato tentativo di trovare la forza per un ultimo respiro.
Non capivo più niente. L'incredulità, la rabbia, il dolore. Un accavallarsi di sentimenti che non si possono descrivere, anche oggi, a dieci anni di distanza.
L'unica cosa che abbiamo potuto fare è stato pregare, perché quella Madonna che saremmo dovuti andare a festeggiare consolasse il dolore dei parenti delle vittime, di New York, degli Stati Uniti, del mondo intero.
A Reggio quel giorno, la processione non si tenne. Non ci fu festa. Non ci poteva essere. Si rimase in chiesa, a pregare.

18 agosto 2011

I MATTANZA

 

Nta ‘na notti di ‘stati ch’ ‘a luna rischiara,
si inchi ‘na chiazza, è cusì fitta e para.
Dill’arbiri movi ‘i fogghi lu ventu,
vardu la genti, è tutta ‘n fermentu.

E’ china la chiazza ma piccula pari
chi se ‘n ciciru ietti, ‘n terra non cari.
Cusì nica è la chiazza, par quasi ‘na stanza,
è sempri cusì, nci sunnu i Mattanza!

Com’ ‘a musica parti d’ogni strumentu,
mi trasi nto cori, nte vini la sentu,
nte canzuni paroli di rara putenza,
chi fannu pinzari, si smovi ‘a cuscenza.

Cu’ sona, cu’ canta, l’occhi no, non t’i stanchi
e ddhà  riccia bellezza, comu movi li scianchi!
Si gira e si vota e a’ scaza firrìa,
sbatt’ ‘i ciancianeddhi chi nta vesta tinìa.

Cusì vardu ‘sta chiazza e nta ‘n corpu m’accorgiu
ch’ in tundu si balla, sì comu ‘n palorgiu.
Non è cchiù lu ventu a movir li fogghi,
ma la musica, ‘u cantu, chi ‘n populu cogghi.

Sì, mi vardu attornu e famigghi ‘nteri
su’ ddhà chi satunu, tutti all’inperi.
C’è cu’ veni ‘i luntanu, cu esti di Rriggiu,
ma su’ tutti ‘i stessi: non hannu pileggiu.

Tambureddhu e chitarra, comu li senti!
‘randi e figghioli, su’ tutti cuntenti;
fisarmonica e bassu e ‘u ritmu reggi,
ballunu tutti, puru li seggi!

E la musica scurri, par chi t’acccarizza,
è com’ o’ vinu bbonu, nd’ ‘o’ ‘n’atra schizza.
Comu cala! Piaci e vo’ tutta ‘a buttigghia,
ra Calabria l’orgogliu ‘stu “vinu” ‘rrussigghia.

Chist’ è arti ‘ntisa a ricurdarci la storia
di cu’ erimu un tempu, pi farni memoria,
‘chì ‘n populu senza ricordi sarbati,
comu ‘n arbiru è chi non ha rericati.

Cchiù rriccu ti senti, ma non c’è misura,
‘chì ‘sta ricchizza non passa, p’a vita ti dura.
Su’ ‘sti sentimenti l’umana sustanza,
chi nto cori ti porti, com’ i Mattanza.