27 gennaio 2013

YOUNG WOMAN


foamingwaves
When it’s quiet all around
an’ ev’rybody has gone away
I get my thoughts together
on a so-called long silence day.
The stereo is playin’ low
and I hear a music jam
as I’m hummin’ into my mind
that well known music theme.

In my heart I have your sign,
that’s why I like to do a game:
I use to close ev’ry song’s line
spellin’ your musical name.
No I can’t play the music,
I don’t know the chords, nor the notes
so I write to you, young woman,
I get on well with words and dots. 

Oh, young woman with
a french kind of name, so sweet.

I’m addressin’ you, young woman
who dug my heart with a deep trace,
on the beach you look like Venus
comin’ out from the foamin’ waves.
The day when the sea was rough,
red flag, no sailin’ boat,
well I tried to call you loud
but  your name didn’t leave my throat.

You could not hear my voice,
I was so sorry, what a shame,
the crashin’ waves made so much noise,
I couldn’t spell your catchy name.   
No, I can’t play the music,
I don’t know the chords, nor the notes
so I write to you, young woman,
I get on well with words and dots. 

Oh, young woman with
a french kind of name, so sweet.

24 gennaio 2013

TRA RIFORMISMO E POPULISMO: LA DEMOCRAZIA IMPERFETTA

Tra poco più di un mese saremo chiamati al voto per eleggere il nuovo Parlamento e indicare il nome di colui il quale -secondo gli italiani- dovrebbe guidare il nuovo Governo (sarà il Presidente della Repubblica a nominarlo).

Nel corso di questa campagna elettorale che ha riservato non pochi colpi di scena rispetto all'ormai stucchevole contrapposizione bipolare, si è innescato nel popolo un meccanismo di definitivo rigetto verso comportamenti personali di tanti presunti "onorevoli" che di onorevole hanno dimostrato di aver ben poco se non nulla.

Si è perciò tornati a scoprire che la politica è appassionante non per le urla, ma per il dibattito tra idee diverse.

Alcuni giorni fa ho seguito alla radio un convegno nel quale si dibatteva di riformismo e populismo, due termini che sono stati ampiamente ribaditi -talvolta abusandone- dai rispettivi schieramenti.

Riformismo e populismo sono due modi diversi di pervenire al perfezionamento della democrazia.

Il riformismo è una creatura del movimento socialista ed è riferito in primo luogo al mantenimento dello stato sociale, cioè di tutte quelle norme che permettono di concretizzare il principio di eguaglianza tra tutti i cittadini, attraverso riforme graduali, senza perciò ricorrere alla "rivoluzione" propugnata dalla sinistra più radicale.

A destra dello schieramento politico si è assistito al passaggio da un indirizzo conservatore -che sta nell'ordine delle cose, poiché naturale contrapposizione al riformismo di sinistra, comunque finalizzato allo stesso obbiettivi di fondo- a un atteggiamento che è pericolosamente sconfinato nel populismo.

Ecco dunque che si sta diffondendo nel Paese la convinzione che le "elite" rappresentate da un governo che ha fatto gli interessi dei "poteri forti", hanno ridotto quelli che sono i diritti e i beni del popolo, che nella visione populista è come il cliente descritto nei cartelli in alcuni negozi: ha sempre ragione.

Ma questo modo di intendere la realtà italiana non è rimasto confinato da una sola parte ma si è via via diffuso, tanto che ritroviamo forti accenti populisti anche in neonate formazioni che sono diretta espressione non delle idee, dei sentimenti politici ma dei risentimenti degli italiani.

Riassumendo e semplificando, come notava Antonio Fuciniello nel convegno di qualche giorno fa, il riformismo si propone di migliorare la democrazia rimuovendo le cause (le leggi sbagliate, comunque migliorabili) che ne impediscono il perfezionamento; il populismo si nutre delle imperfezioni della democrazia, ne esaspera le conseguenze e va a caccia dei colpevoli, cioè degli uomini ritenuti responsabili delle condizioni di vita del popolo.

Appare evidente come sia estremamente facile che una concezione populista della democrazia, alimentata da particolari condizioni economico-sociali, possa sconfinare in forme di regime estremamente dannose. Ne abbiamo avuto esempi già in passato e ci auguriamo che non si ripetano mai più.

Dunque, la democrazia, non può essere regolata dagli uomini, bensì dalle Leggi, che sono il frutto del confronto delle idee che il popolo esprime attraverso chi lo rappresenta.

Ecco perché è sulle Leggi che bisogna intervenire per rendere la democrazia -cioè il potere del popolo- sempre più perfetta.

La democrazia, come la natura, non si crea né si distrugge, ma si trasforma: le Leggi cambiano, si adeguano alla realtà e ai bisogni del nostro tempo.

Così come l'uomo tende ad avvicinarsi alla perfezione, anche le sue Leggi continueranno a perfezionarsi, nella consapevolezza dei propri limiti. E' un processo continuo, inarrestabile.

Tornano perciò in mente le parole che Obama ha pronunciato durante il discorso di insediamento per il secondo mandato alla Casa Bianca: "Dobbiamo agire, consapevoli che la nostra opera sarà imperfetta".

21 gennaio 2013

OBAMA: VERSO UN FUTURO INCERTO, ALLA RICERCA DI VITA, LIBERTA’ E FELICITA’

Di seguito, il testo –tradotto dalla trascrizione originale- del discorso di inaugurazione del secondo mandato del Presidente Barack Obama, pronunciato oggi a Washington.
 


Vice Presidente Biden, Sig. Presidente della Corte Suprema, Membri del Congresso degli Stati Uniti, illustri ospiti, e concittadini:
Ogni volta che ci riuniamo per l'insediamento di un presidente, portiamo testimonianza della forza duratura della nostra Costituzione. Confermiamo la promessa della nostra democrazia. Ricordiamo che ciò che tiene insieme questa nazione non è il colore della nostra pelle o i dogmi della nostra fede o l'origine dei nostri nomi. Ciò che ci rende eccezionali - ciò che ci rende americani - è la nostra fedeltà a un'idea, articolata in una dichiarazione fatta più di due secoli fa:
"Noi riteniamo queste verità di per sé stesse evidenti, che tutti gli uomini sono creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni diritti inalienabili, che fra questi ci sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità".
Oggi continuiamo un viaggio senza fine, per congiungere il senso di quelle parole con le realtà del nostro tempo. Poiché la storia ci dice che, mentre queste verità possono essere di per sé stesse evidenti, non si sono mai eseguite da sole, che, mentre la libertà è un dono di Dio, deve essere garantito dal Suo popolo qui sulla Terra. I patrioti del 1776 non hanno combattuto per sostituire la tirannia di un re con i privilegi di pochi o il volere di una folla. Loro ci hanno dato una Repubblica, un governo di, e da, e per il popolo, affidando a ogni generazione il compito di proteggere il nostro credo fondante.
Da più di duecento anni, lo facciamo.
Attraverso il sangue versato dalla frusta e il sangue prelevato con la spada, abbiamo imparato che nessuna unione fondata sui principi di libertà e di uguaglianza potrebbe sopravvivere per metà schiava e per metà libera. Ci siamo rinnovati, e abbiamo promesso di andare avanti insieme.
Insieme, abbiamo stabilito che una moderna economia necessita di ferrovie e strade per velocizzare viaggi e commerci; di scuole e università per formare i nostri lavoratori.
Insieme, abbiamo scoperto che un libero mercato prospera solo quando ci sono delle regole volte a garantire la concorrenza e la correttezza.
Insieme abbiamo deciso che una grande nazione deve aver cura dei più vulnerabili, e proteggere il suo popolo dai peggiori pericoli e dalle disgrazie della vita.
Attraverso tutto questo, non abbiamo mai abbandonato il nostro scetticismo verso l'autorità centrale, né abbiamo ceduto alla finzione che tutti i mali della società possano essere curati solo attraverso il governo. La nostra esaltazione dell'iniziativa e dell'impresa, la nostra insistenza sul duro lavoro e sulla responsabilità personale, queste sono le costanti nel nostro carattere.
Ma abbiamo sempre compreso che quando i tempi cambiano, così dobbiamo cambiare noi; che la fedeltà ai nostri principi fondanti richiede risposte nuove alle nuove sfide; che la tutela delle nostre libertà individuali richiede in ultima analisi, l'azione collettiva. Perché il popolo americano non può più soddisfare agendo da solo le esigenze del mondo di oggi più di quanto i soldati americani avrebbero potuto affrontare le forze del fascismo o del comunismo con i moschetti e i gruppi di volontari armati. Nessuno da solo può formare tutti gli insegnanti di matematica e di scienze di cui avremo bisogno per darli in dote ai nostri figli per il futuro, o costruire le strade e le reti e i laboratori di ricerca che porteranno nuovi posti di lavoro e imprese sulle nostre sponde. Ora, più che mai, dobbiamo fare queste cose insieme, come una sola nazione e un solo popolo.
Questa generazione di americani è stata messa alla prova da crisi che hanno indurito la nostra determinazione e dimostrato la nostra capacità di ripresa. Un decennio di guerra sta per concludersi. La ripresa economica è iniziata. Le possibilità dell'America sono infinite, poiché possediamo tutte le qualità richieste da questo mondo senza confini: la gioventù e l'iniziativa, la diversità e l'apertura; una capacità infinita di rischiare e il dono di reinventarsi. Compatrioti americani, siamo pronti per questo istante, e noi lo coglieremo -fino a quando lo coglieremo insieme.
Poiché noi, il popolo, siamo consapevoli che il nostro paese non può avere successo quando alcuni in numero ristretto vive molto bene e un numero sempre più crescente faticano a farcela. Noi crediamo che la prosperità degli Stati Uniti deve poggiare sulle spalle larghe di una classe media emergente. Sappiamo che l'America prospera quando ogni persona può trovare l'indipendenza e l'orgoglio nel proprio lavoro; quando il salario del lavoro onesto libera le famiglie dal baratro della privazione. Noi siamo fedeli al nostro credo, quando una bambina nata nella più nera povertà sa che ha la stessa possibilità di avere successo di tutti gli altri, perché è un'americana, è libera, e lei è uguale, non solo agli occhi di Dio ma anche ai nostri.
Siamo consapevoli che i programmi obsoleti sono inadeguati alle esigenze del nostro tempo. Dobbiamo sfruttare le nuove idee e le tecnologie per ricreare il nostro governo, rinnovare il nostro codice tributario, riformare le nostre scuole, e rafforzare i nostri cittadini con le competenze necessarie per lavorare di più, imparare di più, arrivare più in alto. Ma mentre i mezzi cambiano, il nostro scopo resta: una nazione che premia l'impegno e la determinazione di ogni singolo americano. Questo è ciò che questo momento richiede. Questo è ciò che da un senso vero al nostro credo.
Noi, il popolo, crediamo ancora che ogni cittadino meriti una base essenziale di sicurezza e dignità. Dobbiamo prendere decisioni difficili per ridurre il costo della sanità e le dimensioni del nostro deficit. Ma rifiutiamo la convinzione secondo la quale l’America debba scegliere tra prendersi cura della generazione che ha costruito questo paese e investire nelle generazione che ne costruirà il futuro. In quanto ricordiamo le lezioni del nostro passato, quando gli anni del crepuscolo si trascorrevano in povertà, e i genitori di un bambino disabile non avevano nessuno a cui rivolgersi. Non crediamo che in questo paese la libertà sia riservata ai fortunati, o la felicità a pochi. Riconosciamo che per quanto responsabilmente viviamo le nostre vite, ciascuno di noi, in qualsiasi momento, potrà affrontare la disoccupazione, o ammalarsi all'improvviso, piuttosto che vedersi spazzare via la casa da una terribile tempesta. Gli impegni che prendiamo l’un con l’altro - tramite Medicare, Medicaid e la Social Security - che cose come queste non riducano la nostra intraprendenza; ci rafforzino. Non ci trasformino in una nazione di mendicanti; ci rendano liberi di prendere quei rischi che fanno grande questo paese.
Noi, il popolo, crediamo ancora che i nostri doveri come americani non siano solo verso noi stessi, ma verso tutta la posterità. Daremo una risposta alla minaccia del  cambiamento climatico, consapevoli che se non lo facessimo tradiremmo i nostri figli e le generazioni future. Alcuni possono ancora negare il soverchiante giudizio della scienza, ma nessuno può evitare il devastante impatto della furia degli incendi, e della siccità soffocante e delle più potenti tempeste. La strada verso fonti energetiche sostenibili sarà lunga e talvolta ardua. Ma l’America non può resistere a questa transizione; dobbiamo guidarla. Non possiamo cedere ad altre nazioni la tecnologia che darà energia a nuovi posti di lavoro e nuove industrie - dobbiamo farne nostra promessa. Ecco come conserveremo la nostra vitalità economica e il nostro tesoro nazionale - le nostre foreste e le vie fluviali; i nostri terreni produttivi e le cime innevate. Ecco come preserveremo il nostro pianeta, affidato da Dio alla nostra cura. Ecco ciò che darà senso al credo che i nostri padri pronunciarono un tempo.
Noi, il popolo, ancora crediamo che una sicurezza duratura e una pace prolungata non richiedano una guerra perpetua. I nostri coraggiosi uomini e donne in uniforme, temprati dal fuoco della battaglia, non hanno pari in quanto a capacità e coraggio. I nostri cittadini, segnati dal ricordo di coloro che abbiamo perso, conoscono fin troppo bene il prezzo che viene pagato per la libertà. La consapevolezza del loro sacrificio ci terrà sempre vigili contro coloro che vorrebbero farci del male. Ma siamo altresì eredi di coloro che hanno vinto la pace, non solo la guerra, trasformando nemici giurati nei più leali fra gli amici, e dovremo portare quelle lezioni anche in questo nostro tempo.
Noi difenderemo il nostro popolo e terremo saldi i nostri valori con la forza delle armi e le regole della legge. Mostreremo il coraggio necessario a cercare e risolvere i contrasti con le altre nazioni in modo pacifico - non perché siamo ignari dei pericoli che affrontiamo, ma perché lo scontro può a lungo termine sollevare sospetti e paure. L’America resterà l’ancora di alleanze forti in ogni angolo del globo; e rinnoveremo quelle istituzioni che ampliano la nostra capacità di affrontare le crisi all’estero, in quanto nessuno ha più interesse in un mondo in pace della sua nazione più potente. Noi sosterremo la democrazia dall’Asia all’Africa; dalle Americhe al Medio Oriente, perché i nostri interessi e la nostra coscienza ci spingono ad agire dalla parte di coloro che aspirano alla libertà. E dovremo essere fonte di speranza per i poveri, i malati, gli emarginati, le vittime del pregiudizio - non per mera carità, ma perché la pace nella nostra epoca richiede il costante progresso di quei principi descritti dal nostro credo condiviso: tolleranza e opportunità; dignità umana e giustizia.
Noi, il popolo, oggi dichiariamo che la più evidente fra le verità - che tutti noi siamo stati creati uguali - è l’astro che ancora ci guida; così come ha guidato i nostri precursori a Seneca Falls, Selma e Stonewall; così come ha guidato tutti quegli uomini e donne, noti e ignoti, che hanno lasciato le proprie impronte lungo questo grande viale, per sentire un predicatore dire che non possiamo camminare da soli; per ascoltare [Martin Luther] King proclamare che la nostra libertà individuale è inestricabilmente legata alla libertà di ogni altra anima sulla Terra.
E' adesso compito della nostra generazione portare avanti ciò che quei pionieri hanno cominciato. Perché il nostro viaggio non sarà concluso finché le nostre mogli, madri e figlie non potranno guadagnarsi da vivere proporzionalmente ai loro sforzi. Il nostro viaggio non sarà concluso finché i nostri fratelli e sorelle omosessuali non saranno trattati come chiunque altro davanti alla legge –perché se siamo veramente stati creati uguali, allora di certo l’amore con cui ci leghiamo l’uno all’altro dovrà essere altrettanto uguale. Il nostro viaggio non sarà concluso finché nessun cittadino si troverà costretto ad aspettare per ore il suo turno per esercitare il suo diritto di voto. Il nostro viaggio non sarà concluso finché non troveremo un modo migliore per accogliere gli immigrati volenterosi e pieni di speranza che ancora vedono l’America come la terra delle opportunità; finché bravi e giovani studenti e ingegneri saranno inclusi nella nostra forza lavoro piuttosto che essere espulsi dal nostro paese. Il nostro viaggio non sarà concluso finché tutti i nostri figli, dalle strade di Detroit alle colline degli Appalachi, ai vicoli silenziosi di Newtown, sapranno che ci si prenderà cura di loro, che verranno amati e tenuti al sicuro dal pericolo.
Questo è il compito della nostra generazione - rendere queste parole, questi diritti, questi valori – di Vita, e Libertà e Perseguimento della Felicità – vere per ogni americano. Essere fedeli ai nostri testi fondamentali non ci richiede di concordare su ogni singolo aspetto della vita; non significa che definiremo la libertà tutti nello stesso identico modo, o che seguiremo la stessa identica strada verso la felicità. Il progresso non ci impone di porre fine per sempre a dibattiti lunghi secoli sul ruolo del governo - ma ci richiede di agire nel nostro tempo.
Perché adesso ci tocca decidere, e non possiamo permetterci di rimandare. Non possiamo confondere l’assolutismo col principio, o sostituire la politica con lo spettacolo, né trattare gli insulti come ragionevoli dibattiti. Dobbiamo agire, consapevoli che la nostra opera sarà imperfetta. Dobbiamo agire sapendo che le vittorie di oggi saranno solo parziali, e che toccherà a chi sarà qui fra quattro anni, e quarant’anni e quattrocento anni da oggi, portare avanti quello spirito senza tempo che fu infuso in noi in una sala spartana di Philadelphia.

Miei compatrioti americani, il giuramento che ho fatto davanti a voi oggi, come quello pronunciato da altri che hanno prestato servizio in questo Campidoglio, è stato un giuramento davanti a Dio e al paese, non a un partito o a una fazione - e dovremo eseguire fedelmente questo impegno per la durata del nostro incarico. Ma le parole che ho pronunciato oggi non sono così diverse da quelle del giuramento prestato ogni volta che un soldato si arruola, o da un'immigrata che realizza il suo sogno. Il mio giuramento non è così diverso dalla promessa che noi tutti facciamo davanti alla bandiera che sventola sopra di noi, e che riempie d’orgoglio i nostri cuori.
Sono le parole dei cittadini, e rappresentano la nostra più grande speranza.

Voi e io, come cittadini, abbiamo il potere di determinare il corso di questo paese.
Voi e io, come cittadini, abbiamo il dovere di dare forma ai dibattiti della nostra epoca - non solo con i voti che esprimiamo, ma con le voci che leviamo in difesa dei nostri più antichi valori e dei più duraturi ideali.
Ciascuno di noi abbracci, con solenne dovere e meravigliosa gioia, ciò che è il nostro permanente diritto di primogenitura. Con sforzi comuni, e comuni intenti, con passione e dedizione, rispondiamo alla chiamata della storia, e portiamo in un futuro incerto la preziosa luce della libertà.

Grazie, Dio vi benedica, e che benedica per sempre questi Stati Uniti d’America.






















20 gennaio 2013

‘U LIMUNI ‘I FAVAZZINA: RIPRENDIAMOCI LA NOSTRA TRADIZIONE

COSTA LIMONILa mia generazione è probabilmente l’ultima ad aver sentito parlare e raccontare “ru limuni ‘i Favazzina”.
I giovani di oggi e i bambini scillesi non sanno che in passato ma anche nei tempi moderni, in particolare nel dopoguerra e fino a qualche decennio fa, il nome di Scilla era associato anche al suo famoso limone, coltivato in special modo negli agrumeti posti sul litorale compreso tra Scilla e Favazzina, ma anche al di là del torrente Rustico, nella zona di Praialonga della vicina Bagnara.
Questo tratto di Costa Viola, oltre che dal viola del mare, era infatti caratterizzato dal colore dorato del limone, lo “sfusato” –come viene chiamato in gergo tecnico.
Era un tipo di coltura, quella del limone, che garantiva il mantenimento di una buona economia cittadina, tant’è che il prodotto è stato esportato nei tempi passati anche nel resto d’Italia, non ultima in quella costiera amalfitana che oggi risulta essere rinomata anche per questo tipo di limone.
Se provate a digitare “limone sfusato” su internet, viene infatti fuori che è il limone della costa di Amalfi! Che fosse coltivato  e commercializzato da Scilla fin dai tempi remoti, lo sanno in pochissimi.
Eppure, il limone presenta una varietà d’impiego tale (succhi, industria  dolciaria, liquori, cosmetici, ecc.) da poter rappresentare davvero una ricchezza, specie in un territorio come il nostro dove l’economia agricola è quasi del tutto scomparsa, fatta eccezione per qualche timido risveglio operato negli ultimi anni, in particolare con la ripresa dei vigneti della Costa Viola, soprattutto nella zona tra Scilla e Bagnara.
MANIFESTO convegno limone per WEB E’ per stimolare ancora di più questo risveglio dell’agricoltura –vera ricchezza della nostra regione, insieme al mare- che il Comune di Scilla e la Cooperativa Agricola “Enopolis –Costa Viola” hanno organizzato presso il Municipio di Scilla un convegno per il prossimo venerdi, 25 gennaio alle ore 18:00, durante il quale si discuterà dell’ipotesi di rilancio della coltura “ru limuni ‘i Favazzina”, nella zona tra Scilla e Bagnara.
Le basi di partenza ci sono già tutte:
-la tradizione, che non fosse altro per una dimostrazione di orgoglio nel chiamarci “scigghitani”, dovremmo fare di tutto per mantenere;
-le potenzialità, sicuramente numerose, atteso che i vari agrumeti presenti nel nostro Comune –ma anche altri terreni oggi in stato di abbandono- possono garantire una base produttiva di tutto rispetto e che la nascita di piccole aziende operanti nel settore specifico (che cureranno raccolta, conferimento, lavorazione e commercializzazione del prodotto)  favorirebbe la creazione di posti di lavoro;
- la qualità del prodotto, già conosciuta in passatato ma che oggi dovrà essere anche “riconosciuta” direttamente sul mercato, attraverso una seria politica di valorizzazione del marchio, utilizzando quegli strumenti che hanno consentito di fare emergere sul mercato italiano ed europeo anche realtà agricole vicine alla nostra, ma nettamente più piccole in termini di territorio.
Il convegno rappresenta dunque il primo passo di un progetto aperto al pubblico, alle comunità di Scilla e Bagnara Calabra, che già negli anni scorsi hanno dimostrato di saper operare congiuntamente con buoni risultati.
Le basi ci sono tutte, come detto, le possibilità tecniche e gli strumenti operativi sono sicuramente migliori e più numerosi di quelli che avevano a disposizione i nostri nonni. Sta a noi scillesi dimostrare, oggi come già fatto in passato, di essere fieri e orgogliosi di esserlo.

15 gennaio 2013

L'ASSISSURI SI NDI IAU

 

'Na notizia oi 'rrivau:
l'assissuri ndi chiantau!
'U partitu l'ha chiamatu:
“Pi favuri, fatti 'i latu.”

Sutt' all'acqua, senz' umbrelli
pigghiau armi e bagattelli,
quasi mancu salutau,
l'assissuri si ndi iau!

Oh Calabria, sbinturata,
sempri mal fusti trattata!
Dimmi, comu travagghiamu
senza l'assissuri o' ramu?

Nc'esti cu' scutola i mani,
e grira forti: “Manch' i cani!”
Cu' rispundi: “Simu cotti!”
e fui cu trenu, puru 'i notti.

Ma l'assissuri si cunsola,
'chì a Roma si ndi vola.
Sì, concorri o' Parlamentu,
iddhu almenu è cuntentu.

Cu nci faci sempri 'i spisi
e' 'u giuvin calabrisi,
ahi vogghia 'u cerca aiutu,
cu' ccà resta è futtutu!