23 dicembre 2009

NATALI STA PI 'RRUVARI

versione dialettal-natalizia di “Ho visto Nina volare” di Fabrizio De André


Addhuma e stuta,
comu stiddha nte cieli.
Addhuma e stuta,
nte casi ogni sira.
Addhuma e stuta,
fora, chi friddu 'i nivi.

L'abeti è la razza umana,
rami randi e picciriddhi,
vardu a ogni pianu,
ogni ramu ch'i so' disegni.

Natali sta pi 'rruvari,
di gioia l'aria è prena,
l'arbiru ch'io farò,
di la vita è 'na scena.
'U mei, è comu all'atri,
cu nastri e palli 'mpisi,
comu l'atri in virità
vacanti su', da vulari.

Addhuma e stuta,
comu stiddha nte cieli.
Addhuma e stuta,
nte casi ogni sira.
Addhuma e stuta,
fora, chi friddu 'i nivi.

Rami e nastri fannu umbra
a 'n mundu ch'era diversu,
nto presepi era 'sì beddhu,
tra palli e nastri è persu.
'U mei è comu all'atri,
ca pagghia pu Bambinu,
la notti chi nascerà
'U nnacu cantandu chianu.

Addhuma e stuta,
nte casi ogni sira.
Addhuma e stuta,
comu stiddha nte cieli.
Addhuma e stuta,
fora, chi friddu 'i nivi.

Natali sta pi 'rruvari,
di gioia l'aria è prena,
l'arbiru ch'io farò,
di la vita è 'na scena.
Cusì è la razza umana,
com' o ramu ch'i so' disegni:
cu' 'llumina ogni pianu,
su' ddhi luci picciriddhi.

Addhuma e stuta,
fora, chi friddu 'i nivi.

LA LUCINA VERDE

Tempo fa avevo letto 'Pasto nudo' di William S. Borroughs e mi aveva particolarmente colpito questa frase: “...viveva ormai in vari gradi di trasparenza...sebbene non proprio invisibile, se non altro era difficile vederlo. La sua presenza non destava particolare attenzione...la gente lo considerava una proiezione o lo liquidava come un riflesso, un'ombra: 'qualche trucchetto della luce o una pubblicità al neon'.
E' tutto qui, o almeno in gran parte è qui il problema con cui conviviamo. Cosa siamo agli occhi della gente?
In verità, forse faremmo meglio a pensare solo cosa siamo.
A questo proposito, mi sono tornate in mente le famose parole di Madre Teresa di Calcutta, che così si autodefiniva: “Sono una piccola matita nelle mani di Dio...”.
Con i dovuti distinguo, in questi giorni che precedono il Natale, ho pensato spesso a cosa io possa essere.
Eh già, non siamo “...tante stelle di fumo, che convivono si tormentano sempre umilmente...” di cui parla una canzone. 
 

Non siamo fumo, per fortuna. Ma nemmeno stelle.
 

Ciascuno di noi è una “...luce luce lontana più bassa delle stelle...” di cui parla Fabrizio De André in  'Ho visto Nina volare', e almeno chi è credente, sa perfettamente “...quale sarà la mano che ti accende e ti spegne...
Tra i tanti simbolismi, credo che l'albero di Natale che ognuno di noi in questi giorni ha preparato in casa, non sia altro che un'allegoria della società -con i suoi livelli e le sue 'caste'- e dei diversi stili di vita degli uomini.
Indipendentemente da quale sia il 'livello di appartenenza', molti amano la visibilità, l'eleganza, i trucchi e i lustrini. Sono come gli addobbi e i nastri colorati che adornano i nostri abeti. E' vero, sono belli a vedersi, ma è altrettanto vero che sono leggeri, vuoti dentro.
 

In realtà, a far brillare nastri e addobbi sono quelle piccole lucine che illuminano l'albero di Natale.
Credo che sarebbe bene che ognuno di noi fosse come una di quelle piccole lucine, che si accendono e si spengono, autonomamente ma non certo per loro volere, ma per volontà di Colui che con la Sua mano accende e spegne anche le stelle del cielo.



Così ogni giorno mi adatto e affronto le circostanze della vita, sforzandomi di essere come una piccola lucina. Non una qualsiasi, ma una in particolare: quella colorata di verde.
Sì, proprio quella che, sia quando è spenta, sia quando è accesa, si nota di meno, poiché si confonde, diventa un tutt'uno con il colore naturale dell'albero, ma per quanto piccolo, dà comunque il suo contributo.

08 dicembre 2009

L'INGEGNERE DEI POVERI E LA MADONNA DI CECCHI GORI

Oggi, festa dell'Immacolata, non si travagghia.
Ne approfittu allora per aggiornare questo blog che è rimasto fermo per un buon mesetto (e più), causa...'mpacci vari.

Vista la ricorrenza, mi è tornata in mente una storiella di cui mi parlava qualche giorno fa un amico, nonché collega (col quale spessu e vulinteri, ndi facimu ddu' risati) che, in un certo senso, collega le due cose: solenne festività e lavoro.

Quella del geometra è stata considerata sempre una professione di serie B, rispetto all'ingegnere o all'architetto. Nella pratica, e non pi vantarmi, vi assicuro che non è proprio così.
Potrei dire che tra geometra e ingegnere c'è la stessa differenza che c'è tra il questore e un commissario di polizia o tra il comandante della compagnia dei carabinieri e nu bravu marisciallu di paisi.

Insomma, mentri l'architettu si mbenta 'na casa con i pilastri  a triangulu e l'ingegneri cerca mi faci i cunti 'ill'ogghiu in modo tale da non farla cadere (spesso tutti e due con la testa tra le nuvole), 'u geomitra ha a che fari con le tipiche miserie quotidiane della gente semplice, che, fosse per lei (la gente), esisterebbe ancora il baratto.

Questa distinzione di ruoli, ha fatto sì che il geometra venisse definito -anche letterariamente- l'ingegnere dei poveri.

Ma, anche se poveri di beni materiali, 'u geomitra ha da trattari -specie dalle nostre parti- con una serie di personaggi così ricchi di umanità e di un involontario umorismo, che rendono questa professione molto particolare. E alcuni episodi, come questo che riporto di seguito, ne sono l'immancabile conferma.


Capitò che un anzianu cristianeddhu di campagna, che aveva affidato o' geomitra l'incarico di fare il progetto, dopo tanti tentativi andati a vuoto, viene finalmente contattato dal professionista il quale gli chiede di recarsi nel suo studio.
Essendo 'na persona 'rucazionata, 'u cristianeddhu si scusa col geometra per non essere potuto passare prima: "Geomitru, m'aviti a' scusari si non passai prima, ma a chi puntu simu cu 'precettu'?"
U geomitra, chi non era un fissa, sapendu che non si era nel periodo della Santa Pasqua, rispose: "'U progettu è prontu. Ma non 'rrinisciva mi vi rintracciu. Chi fini aiuvu fattu?".
"Sapiti..."-rispose 'u cristianeddhu- "...fu organizzata 'na gita e, 'pprufittandu ill'occasioni, cu me' mugghieri ndi iammu a la Maronna di Cecchi Gori."
Il geometra strambò. In un veloce ripasso mentale, non ricordava di aver mai sentito dire che Cecchi Gori -noto produttore cinematografico, onerovole, ecc.- avesse mai avuto a che fare con...la Madonna.
Poi, un lampo! Capisciu.
Ma non 'rriniscendu a tinirsi i scianchi e volendo -educatamente- evitari di ridiri in faccia a 'na persona 'nziana, disse velocissimo: "Scusatimi un minutu. Haiu a iri o' bagnu."
Una volta al sicuro tra le pareti del servizio igienico, il geometra scuminciò a ridiri, ma cusì tantu, chi mancu se fussi statu catugghiatu da centu mani a 'na vota. Uscì dal bagno dopo un buon quarto d'ora.


Quale fu il lampu? Vengo e mi spiego.
L'Immacolata, si sa, è il titolo massimo di Maria, Madre di Gesù Cristo nostro Signore, Regina della Pace.
Uno dei santuari mariani più famosi al mondo, dove si venera la Madonna Regina della Pace è quello di Medjugorje (Čitluk, Bosnia-Erzegovina), dove la Vergine apparve per la prima volta il 24 giugno 1981. Da allora la piccola cittadina bosniaca è divenuta meta di continui pellegrinaggi da tutte le parti del mondo. Naturalmente, un gran numero di fedeli proviene dall'Italia, tanto che il sito dedicato alle apparizioni ha un'intera sezione in italiano.


Dunque, il poviru cristianeddhu, chi magari a stentu riusciva a pronunciare la parola Erzegovina e chi magari non sapiva mancu aundi si trova,  insieme alla moglie  non era certo stato ospite di Cecchi Gori, ma era andato a Medjugorje.
Probabilmente (ma questo al geometra non l'ha detto), c'era andato anche per chiedere la grazia che il geometra gli facesse presto 'u precettu. E la Madonna la grazia gliel'ha fatta: 'u precettu era prontu!


Questo è solo uno dei tanti aneddoti che potrei raccontare, ma mi sembra estremamente rappresentativo della particolare clientela con cui spesso il geometra deve confrontarsi.
Certo, si ha a che fare anche con altri professionisti (ingegneri, architetti, avvocati, ecc.) ma, almeno personalmente, è con questi personaggi, con queste maschere del nostro tempo che mi trovo molto più a mio agio.
Sono il carattere, la semplicità e l'umanità di queste persone che mi fanno apprezzare il lavoro che svolgo e rafforzano in me una convinzione che ho maturato (senza offesa per nessuno), fin da quando -anni fa- l'ho letta su una rivista dedicata ai geometri: meglio essere un ingegnere dei poveri, che un povero ingegnere.


P.S.: Un ringraziamento particolare all'amico Leo per lo spunto narrativo.