31 gennaio 2010

IERACARI: IL PENSIERO ORIZZONTALE E LA COSCIENZA DEGLI UOMINI

Ndi cunsulamu, 'sta vota durau pocu.
Nella notte appena trascorsa, per 12 ore, Ieracari -il quartiere posto a Est del centro urbano di Scilla- è rimasta isolata dal resto dello Scigghio.
Per consentire l'esecuzione di alcuni lavori fognari collegati all'abbassamento della quota del viadotto autostradale "D'Angelo", è stato necessario bloccare il transito di qualunque tipo di mezzo nel tortuoso tratto di strada che collega Ieracari al resto del paesello.

E' circa 1 km di strada, caratterizzato da un andamento altimetrico altalenante e da tratti in curva davvero degni di un ...circuito. Vi transita di tutto:pedoni, auto, motorini, pullman, ruspe, betoniere, motopale, camion, ecc...
Caratteristica principale: la lunga discesa che porta al campo sportivo. 'Na vota era percorribile tranquillamente nei due sensi; adesso, poiché il numero degli abitanti è andato via via aumentando nel corso degli anni, in qualunque ora proviate a percorrerla, 'sta biniritta calata potete farlo solo ...a senso unico alternato.

Poiché non tutte le numerose costruzioni realizzate sono infatti dotate di garages o aree di parcheggio interne, l'unico posto dove lasciare la macchina è la stessa sede stradale.
Così, quello che una volta era nu vecchiu sinteru che correva vigni vigni, scalunati scalunati, è stato allargato di quel tanto che basta a 'ngiuriarlu strada. A sancire pienamente il diritto di questa piccola arteria cittadina (e dicu arteria, pirchì a percorrerla tutti i santi iorna, ti pigghiunu... l'arterii) a far parte della viabilità scigghitana, qualche anno fa il Comune ha provveduto ad assegnare i numeri civici e a "battiarla", con molta fantasia, a Via Ieracari.
Già negli anni scorsi su questo blog si erano più volte affrontati i problemi della viabilità dell'intero quartiere, sottolineando il fatto che era necessario trovare una soluzione in grado di consentire la normale vivibilità di Ieracari.

Non è un discorso che faccio per interesse diretto -poiché vi abito.
E' una questione di sicurezza e di incolumità pubblica, cui sono intimamente legati aspetti che hanno a che fare con le responsabilità dirette delle autorità e la loro coscienza di uomini.

Grazie al cielo, siamo in Italia (o almeno così mi pare), quello che -possiamo dirlo ad alta voce- è il miglior Paese al mondo dal punto di vista della legislazione e dell'organizzazione delle strutture centrali di Protezione Civile. Il guaio è che, a fianco delle strutture centrali, vi devono essere necessariamente delle strutture locali, alle quali è direttamente demandata la programmazione degli strumenti necessari e l'attuazione pratica di tutte le misure previste a salvaguardia dell'incolumità della popolazione nel caso di emergenze particolari.

Non voglio drammatizzare, né andare sugli aspetti tecnici. Mi limito solo a ricordare che qualche anno fa il Comune di Melito Porto Salvo, in collaborazione con la facoltà di Ingegneria ha avviato una serie di esercitazioni pratiche, simulando quello che dovrebbe essere il comportamento della popolazione in caso di sisma.

L'esempio di Melito, purtroppo, è stato seguito da pochi se non da nessuno dei Comuni limitrofi, tra di essi, Scilla: quand'anche ne siano dotati, tutti gli strumenti pratico-attuativi di cui dispongono (piano comunale di protezione civile, ecc.) sono rimasti a prendere polvere dentro un cassetto.
In alcuni di questi comuni, come nello Scigghio, non vi è nemmeno un Ufficio di Protezione Civile degno di tal nome! La qualcosa è alquanto sconfortante, non a detta del sottoscritto, ma degli stessi funzionari della Prefettura (cioè l'Ufficio che dovrebbe coordinare tutti gli interventi in caso di eventi che vanno al di là della competenza comunale).
Facendu corna e tuccandu ferru, in caso di 'n cacchi malanova, gli abitanti di Ieracari non hanno da dove scappare.

Sono più di trent'anni che gli strumenti urbanistici riportano sulle carte quello che dovrebbe essere un ulteriore collegamento stabile e diretto con il resto del paisuzzo. Bene, la sua realizzazione è rimasta monca. E' andata a sbattere contro...lo svincolo autostradale e non si è più ripresa.
Dall'altopiano di Ieracari, per lasciare lo spazio necessario al "futuristico" e preventivato collegamento, si è limitata la fruibilità di proprietà private, (che, a onor del vero si sono  largamente "consolate" edificando volumetrie al di là di ogni limite) senza alcun beneficio per la comunità.

L'altra soluzione, è la realizzazione di un collegamento diretto che dal campo sportivo giunga alla villa comunale, attraversando il vallone dell'Annunziata.
Entrambe le soluzioni sarebbero praticabili, atteso che il tratto aereo potrebbe essere attraversato con ponti della lunghezza di poche centinaia di metri.

Nei lavori di ammodernamento dell'autostrada attualmente in corso, l'Anas non ha fatto altro che sostituire i vecchi ponti in cemento armato (la cui realizzazione è senz'altro economicamente più onerosa), con altri ponti in acciaio costituiti da moduli saldati tra loro e appoggiati ai piloni già esistenti, sui quali sono stati così modificati solo gli appoggi di vincolo della struttura.
Ebbene, il montaggio dei nuovi viadotti è avvenuto in un tempo brevissimo e la posa in opera ha richiesto poco più di un'ora.
Mi chiedo: perché non approfittare della presenza dell'Anas e dei suoi tecnici per progettare una soluzione simile tra Ieracari e il centro urbano? Considerata la breve disstanza (150-200 mt.), non sarebbe nemmeno necessario realizzare degli appoggi intermedi e il tutto (dal progetto alla messa in opera) potrebbe essere fatto in pochi mesi.

Altro problema: la viabilità interna del quartiere.
Con lo scempio attuato in questi ultimi venticinque-trent'anni, ci siamo ridotti con stradine e vicoli più stretti di quelli di Chianalea!
Sempre stando alle carte del Piano Regolatore, l'altro ramo della viabilità interna di quartiere che andrebbe a costituire una sorta di anello che circonda la parte più densamente edificata, dovrebbe essere realizzato lato Est, con vista panoramica sul... vallone dell'Oliveto. Anche qui, subentrano dei dubbi, in considerazione della particolare morfologia del terreno che, comunque, dovrà essere attentamente valutata, qualora detto tratto di viabilità dovesse essere finalmente realizzato.

Un volantino affisso in questi giorni, a ragione,  invitava gli abitanti di Ieracari a svegliarsi davanti a un'evidenza che si sta manifestando giorno dopo giorno con una gravità e una drammaticità che non possono certo lasciare indifferenti.
Non si tratta, ripeto, del “capriccio di un capoccia” per dirla alla Celentano, ma di una evidente e oggettiva necessità della collettività.

Allora, a svegliarsi non dovrebbero essere solo coloro che abitano a Ieracari, ma anche e soprattutto coloro i quali hanno la responsabilità, il dovere e la possibilità non di trovare, ma di attuare quelle soluzioni pratiche che peraltro sono in gran parte già state pianificate.
Pochi mesi fa, si è cominciato a realizzare il collegamento meccanico verticale tra San Giorgio e Marina Grande. Forse pirchì soffru nu pocu di virtigini, non mi piacciono le strutture verticali, specie quelle piramidali, preferisco ragionare più in termini orizzontali.

No, non faccio filosofia, non ne sono capace. Intendo dire che ho sempre pensato che le cose importanti devono essere partecipate e condivise il più possibile da tutti e non possono essere decise nel chiuso di qualche stanza o ancora, essere bloccate o peggio ignorate da coloro che agiscono in un'ottica esclusivamente verticale (per non dire piramidale) della vita e della società civile.
Allora, vista l'urgente necessità, dopo il collegamento verticale, perché non si comincia a pensare finalmente a un collegamento orizzontale tra Ieracari e il centro del paese?

Lo si potrebbe fare in parte con gli strumenti già a disposizione e in parte, per esempio, esaminando una volta per tutte e seriamente insieme alla comunità scillese, in un consiglio comunale aperto, quale sia la soluzione tecnicamente più attuabile, al fine di porre fine all'isolamento fisico e pratico di un quartiere, salvaguardandone nel contempo la normale vivibilità.
Ne potrebbe venir fuori un'idea definitiva da trasformare poi in un progetto di massima da presentare alla cittadinanza (così come s'è fatto per l'ascensore e altri progetti in corso) e sottoporre alle autorità provinciali e, soprattutto, regionali (che tanto interesse hanno dimostrato in questi anni verso Scilla), così da poter usufruire dei contributi necessari per la costruzione, seguendo perciò il medesimo percorso amministrativo intrapreso per il tanto decantato ascensore che, con obiettiva franchezza, non era certo tra le opere ad alta priorità di realizzazione.
Nell'attesa che qualcuno si svegli e qualcosa si (s)muova e che vengano quanto meno approntate quelle strutture comunali già previste dalla Legge  e rimaste inattuate, come ho risposto ieri a un amico, poco importa se va da Ieracari a Scilla-centro o da Scilla-centro a Ieracari: dilla comu la voi, 'a strata sulu una è!

E davanti a questa oggettiva e incontestabile verità non si può aspettare oltre:un nuovo collegamento con Ieracari deve divenire non 'una' ma 'la' priorità.

Bisogna mettersi una mano sulla coscienza e agire, nella consapevolezza che trovare e attuare al più presto una soluzione è prima di tutto un dovere civile.
Diceva don Giussani: la civiltà non è il risultato clamoroso dell’agire, ma il frutto della coscienza che genera l’azione.

25 gennaio 2010

OSSA P'I CANI



Quello che vedete non è un cruciverba, è un rebus. Ovvero, un cruciverba sotto forma di rebus. La soluzione? Facile: è la traduzione cruciverbifera della nuova opera che dovrebbe costituire la nuova attrazione turistica scigghitana.
Chi? Ancora non 'nduvinastu di cosa si tratta?
E' la nuova frontiera scigghitana della speleologia. Beh, a dire il vero, poiché la genesi del nuovo finomeno pozzifero non è naturale, bensì provocata dall'intervento umano con trivelle, palu e picu, con rigore etimologico dovremmo parrari di kalálogia o, più precisamenti di geotrisilogia, ovveru la scienza (non so se esista davvero) che sturìa comu fari i pozzi trivellati, sia verticali che orizzontali, (in tal casu denominati tunnel).
A chi non è abituatu alle definizioni, ai cruciverba e ai rebus, svelerò la soluzioni: staiu parrandu della realizzazioni dell'impianto che consentirà il collegamento meccanizzato tra la piazza San Rocco e Marina Grande.
Pocu menu di tri anni fa -era il febbraio 2007- avevo dato la notizia del finanziamento del progetto grazie alla Regione Calabria. La cifra di partenza era di tuttu rispettu: € 2.440.000 + € 300.000 = € 2.740.000.
Il progetto originario era tutt'altro rispetto a quello in fase di realizzazione, i cui dati salienti potete leggere qui, sul malasito.
Si è passati dalle due cabine panoramiche, con vista mozzafiato sullo Stretto di Messina e, in futuro, sul ponte (se 'u fannu) a un ascensore che porterà gli scigghitani a mare attraverso le...viscere della rocca sulle quali poggia piazza San Rocco.
La trasformazione -per non dire lo stravolgimento- dell'idea originaria è stata dettata più che da ogni altra considerazione di ordine tecnico, dal fatto che -a detta della Soprintendenza- un'opera “a vista” avrebbe arrecato al paesaggio scillese un forte impatto ambientale. Accussì forti da pregiudicarne e comprometterne per sempre la bellezza.
Fu cusì sturiatu il progetto che ci ritroviamo sotto gli occhi e -tra poco- puru sutta e' peri, quando cammineremo in piazza.
Per via della trasformazione, cioè della realizzazione del nuovo progetto, l'importo a base d'asta è stato di € 3.600.000,00 oltre IVA ( totale € 4.320.000), di cui € 3.440.000 per lavori soggetti a ribasso, € 160.000 per oneri connessi alla sicurezza non soggetti  a ribasso e come si legge nell'esito della relativa gara (del 13.7.2009, pubblicato sul B.U.R.  n° 32 del 7 agosto 2009 -parte III), l'appalto è stato aggiudicato al Consorzio Stabile AEDARS S.c.a.r.l. da Roma, per l'importo complessivo di € 3.545.079,46 di cui € 2.794.232,88 per lavori al netto del ribasso del 18,7723%, € 160.000,00 per oneri connessi alla sicurezza non soggetti a ribasso ed € 590.846,58 per IVA al 20%.
L'incremento, rispetto alla somma originaria è perciò di circa il 47,5% ed è in massima  parte dovuto alle maggiori spese da affrontare, ove si consideri che -a occhiu- dovranno essere trivellati e smaltiti 500-600 mc. circa di materiale roccioso.
Considerato poi che l'intera opera è stata “interrata” e che per ovvi motivi non si è potuto modificare la quota d'arrivo, corrispondente a quella attuale della piazza, nel progetto si sono dovuti prevedere tutta una serie di accorgimenti tecnici (servoscala, sistemi di segnalazioni luminose ed acustiche in particolare) tali da permettere comunque la fruibilità dell'opera anche ai soggetti diversamente abili. Non saranno certo condizioni ottimali ma comunque, per stessa ammissione dei progettisti, di più non si poteva fare!

Leggendo la relazione che accompagna il progetto, viene subito evidenziato il fatto che nell'intento dei progettisti ad utilizzare la nuova opera non dovranno essere tanto i turisti quanto soprattutto gli 'ndigini scillesi. Sono loro -cioè noi- infatti, i maggiori responsabili dell'ingolfamento della via Marina e della Statale 18, poiché si pretende di arrivare con la macchina fin quasi alla battigia!
Ebbene, scigghitani, priparativi a cangiari sunata. Spirditivi a' machina, che potrete lasciare comodamenti parcheggiata davanti casa e mullativi a peri finu a' piazza.
L'idea, pinsata così, non è poi tantu mali. Ci sono però dei problemi.
Conoscendo la testardaggini paisana, andrà a finiri che il Sindaco dovrà fari più di un'ordinanza per costringerci -eh sì, pirchì se non ndi costringiunu, è difficili mi ndi smuvimu- a lasciare a casa l'adorato mezzo.

Se si ribalta l'ottica però e ragioniamo dal punto di vista del turismo, la cosa assume risvolti anche comici e surreali.
Mintimu chi tra radio, giornali, tv, internet, ecc. un tedescu della più profonda tedeschìa ma anche un Pasquale Amitrano dello Scigghiu o un parmisanu o riggitanu qualsiasi venga a sapiri chi a Scilla è stato realizzatu st'ascensori. “Bellu!” -pensa 'u  turista- “Vogghiu iari mu viru!”.
A centru 'stati, pigghiata la machina, 'u trenu o l'aeriu, si avventura per le lande Suddole finu a giungiri nella perla della Costa Viola. Beh, arrivare in piazza dallo svincolo è abbastanza facili, puru pi nu cinesi (per le difficoltà della lingua intendo, nient'altro): veni 'i calata.
Arrivato in piazza San Rocco, il nostro turista 'ccumincia a firriari tundu comu 'n palorgiu dumandusi: “Ascensori? Ma aund'è 'st'ascensori, ieu non viru nenti!” Gira gira, a 'n certu puntu, avendu bisognu di vuotare la buscica dopu il lungo viaggio, va alla ricerca ri cessi ra chiazza ma...sorpresa: un cartellu gli indica chi sunnu sutta terra.
Pigghiatu l'ombrelloni, tuvagghi e seggi sdraiu, iarmatusi di cascu da minatore e bombola d'ossiginu, si addentra quindi nelle viscere della chiazza scigghitana e...sorpresa! Chi ti trova: l'ascensori! 'U vì!
'U pigghia, e dopo un viaggio chi dura appena 24 secondi (!) s'illude di ritrovarsi già sulla spiaggia, ittatu a panza all'aria. Invece no. Dopo esser disceso lungo un pozzo di 60 metri di profondità, non cuntentu, si dovrà sciroppari un lungo tunnel, altri 50 metri, illuminati dalle soli luci artificiali, tipu Frejus, però in leggera discesa (Ah, menu mali!). E ormai sudato chi mancu un maratoneta sutta o' picu ru suli, là, alla fine del tunnel, il violaceo color del mare lo attende, qual meritata ricompensa di un viaggio breve sì ma leggermente angosciante, sconsigliato ai deboli di cuore.
Insomma, quanto sopra per dire semplicemente questo: un'opera sotterranea non potrà mai costituire un'attrazione turistica degna di tal nome.
Rimane dunque l'obiettivo di “miglioramento delle condizioni di vita nonché di sviluppo occupazionale” di cui si è parlato all'origine del progetto. Anche qui ci sono delle perplessità.

Rispetto all'originario progetto che prevedeva la realizzazione di due cabine esterne (praticamente una funicolare alla scigghitana, come tante ce ne sono in giro per l'italico stivale), e tre fermate, con sosta intermedia all'altezza di Piazza Matrice, in prossimità dello sbocco dell'attuale galleria, con l'ascensore la prevista mobilità pedonale degli scigghitani subirà un notevole handicap.
Esempio: un abitante di Chianalea ha bisogno di andare a far la spisa. Consideratu che nel suo quartiere non trova mancu 'na putìa, deve salire a San Giorgio. Bene: pigghia l'ascensori. Per prenderlo, però, ha due possibilità: o va a piedi fino a Marina (ma se stai a' Nunziata s'avi a fari un chilomitru) o trova qualcuno che lo accompagni con la macchina. A meno che non si tratti di qualcuno dotato di spirito d'avventura che vuol provare il brivido che solo un “viaggio al centro della terra” può dare.
E se qualcuno ha necessità di andare in farmacia. E se qualcuno vuole andare a messa? O si sottopone a un girotondo in grande o...continua a fare come ha sempre fatto, cioè come se l'ascensore non ci fosse.
Se a scendere, nci voli un coraggiu degnu  -come detto all'iniziu- del miglior geotrisilogo o comunque dei coraggiusi minatori calabrisi chi tanta sulura e sangu ittaru nelle miniere del Belgio,nell'affrontare il viaggio di ritornu la cosa 'ddiventa ancora cchiù impegnativa.
'Mmaginativi vui 'na vintina di cristiani (tanta è la capienza massima), nto misi d'agostu, stivati nta cabina 'ill'ascensore.
Se è iornu, è facili chi restunu ddhà fermi, impossibilitati a muoversi di un centimitru, pirchì letteralmenti 'mbiddhati l'unu cu l'atru e a cortu d'ossiginu.
Se è sira, la cosa si fa schiantusa assai. Ma non mi vi fazzu schiantari, preferisco pensarla in maniera più...poetica. Il sommo poeta mi perdonerà per l'accostamento, ma pensando al caldo infernali chi troverà  'na coppia di amici (opuru di zziti) chi piglierannu l'ascensori in senso mare-monti, non mi vengono parole migliori di queste:

Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d'alcun riposo,
salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch'i' vidi de le cose belle
che porta 'l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.
[tratto dal  XXXIV e ultimo canto dell'Inferno]

L'efficacia pratica dell'ascensore specie se valutata non solo nel periodo estivo ma durante tutto l'anno, secondo il parere di chi scrive, rappresenta un vero e proprio rebus.
A parte il fatto che Scilla potrebbe costituire il miglior luogo per una dimostrazione di  geotrisilogia applicata e tenere così a battesimo una nuova disciplina universitaria, per il resto mi pare che abbiamo fatto come il cane con l'osso.
Sì, visto anche quello che è costato, 'st'ascensori è comu all'ossa pi cani: per ora lo stiamo spolpando, ma una volta finutu di spruppari lo nasconderemo, sutta terra. Bisogna vedere se saremo capaci di custodirlo come un vero e proprio tesoro o se, dopo qualche tempo, dimenticheremo perfino il posto in cui l'abbiamo nascosto.

06 gennaio 2010

E A SCILLA, CHI SI RICI?

La mareggiata 'rrivau con circa una simanata di ritardu. Niente di eccezionale: onde di circa 7-8 metri, ma non si signalunu particolari danni a cose e/o persone.
Cusì, ora che il vento s'è acquietato e lu Strittu è turnatu a essiri praticabili, ecco turnari le grandi navi da crociera.
Aieri sira, una di queste -setti ponti, setti piani oltre la stiva, ecc.- accussì grandi chi ddha dintra nci sunnu tanti cristiani quantu ndavi a Scilla di 'stati, ha solcato le acque dello Stretto antistanti la spiaggia di Marina Grande.
Sulu chi, dal mio punto di vista, posto sulla collina di Ieracari a circa 140 mt. d'altezzitudini, aippi comu 'na 'mprissioni particolari: mi parsi infatti chi la navi fussi diretta dritta dritta propria cuntra o' casteddhu, adduvi si sarebbe infilata dintra alla rocca millenaria, causandu un dannu non da pocu.
Fu allura chi mi turnau alla menti 'nu fattu chi cuntava 'na vota me' nonnu e chi me' ziu m'ha rinfriscatu pi l'occasioni.

C'era 'na vota un gruppu di operai scigghitani chi eranu stati 'naccaricati di fari alcuni lavuri nella vicina frazioni di Melia. Pi chistu, ogni matina si partivunu e percorrivanu la vecchia strata comunali. Arrivati sul postu, s'incuntravunu ddhà con altri operai mulioti, i quali pi tinirsi aggiornati su quel che capitava o' paisi, puntualmenti, ogni santa matinata, dopu aver salutatu, spiavunu:
"Bongiornu cumpari, comu siti? E a Scilla, chi si rici?"

Ora, 'sta dumanda è la stissa chi ogni vota mi sentu fari dall'amici quandu tornunu periodicamenti (a Natali, Pasca e pi' ferii nta 'stati) dai luntani luoghi d'emigrazioni.
E' 'na dumanda chi se fatta tri o quattro voti all'annu, poti aviri 'na logica, anche oggi, nell'era in cui se unu faci nu baragghiu a' Chianalea, si sapi prima a Milanu e poi a Ieracari.

La stissa domanda ripituta però tutti 'i matini, pi 'na sumana 'ntera, 'ddiventa nu pocu fastidiusa. Chi vuliti mi succiriva a Scilla, decini d'anni arretu, nel breve spazio di qualche ora? Nenti.
Stanchi di sintirsila ripetiri in continuazioni, l'operai scigghitani si vardaru nta facci e, dopu un brevi confrontu mintuti a rigghiocculu ntra iddhi, sturiaru l'adeguata "vinditta" cuntra a ddhi muliuti 'mpacciddheri.

Com'infatti, lu iornu dopu, appena 'rrivaru, furunu accolti dal solito "Bongiornu cumpari, comu siti? E a Scilla, chi si rici?"
Al che, i nostri assunsiru nta facci 'n'espressioni nira, di luttu, chi mancu nu iettaturi chi porta la notizia di 'na stragi.
E mentri l'autri gli facivunu da sfondu, iarmati puru di uno scenograficu muccaturi per asciugarsi li lacrimi di circustanza, don Micucciu, 'u capu-operaiu, affranto, rispose:
"Rassantindi iari, chi simu siddhiati!"
I mulioti si prioccuparunu subitu e unu di loro spiò: "Chi succirìu cumpari, 'ncacch' cosa?"
"Aieri sira -riprese don Micucciu, 'ccumpagnandu li paroli con una mimica degna della più tragica tragedia greca- nu vapuri minau ddrittu cuntra 'a rocca ru casteddhu e 'u rumpìu, facendulu cadiri a mari!! Capiscistu? 'U casteddhu cadiu a mari!!"
La maravigghia cchiù 'mmaravigghiata si pittò sulla facci del muliotu chi esclamò dispiratu: "I chi mi sciurbava!"
'I scigghitani, comu o' triatu, non pottifuru fari autru che ammucciarsi la facci cu fazzolettu, comu stessiru ciangendu pi lu gravi luttu, poiché pi nu scigghitanu, perdiri 'u casteddhu significa perdiri tuttu.
In virità, chiddhi chi ciangivunu non erano lacrimi di tristizza ma lacrimi di troppa cuntintizza, causate dalle irrefrenabili sane risate. Lu scherzu era 'rrinisciutu.

Antantu, mentri me' ziu finiva di cuntarmi il fatto, la navi da crociera era 'rrinisciuta a disignari 'na curva stritta tra le onde del mare e a dirigersi verso Nord (Genova, Marsiglia, Barcellona, boh, cu' sapi), scongiurando quindi il pericolo di danni o' casteddhu.
Il simbolo dell'identità scigghitana, la granitica rocca ru casteddhu, era dunque salva ancora una volta. Meno male. 
Cusì, pure quando non succede niente di importante, agli amici emigranti  chi spiunu "E a Scilla, chi si rici?" potrò sempri rispundiri: nenti, 'u casteddhu è sempri ddhà!

01 gennaio 2010

L'ANNO NUOVO

Attraverso la notte, il buio, il vuoto.
Vado verso il futuro, viaggio verso l’ignoto.
Mi spingo avanti nel nuovo giorno,
su di una strada senza ritorno.

Ancora non so cosa m’aspetta,
ma ci sarà del bello e del brutto.
Lungo la via, ciò che s’accetta
è quel che so già: non avrò tutto.

Ma come il sole le nubi sorregge
con la sola forza d’ogni suo raggio,
avrò con me chi mi protegge,
chi nei giorni bui mi darà coraggio.

Quieta è la notte, di luna piena,
che le foglie sfiora dell’albero di Atena.
E’ un segno di pace nel nuovo giorno,
su di una strada senza ritorno.