Sono incazzato. Sì, incazzato. Permettetemi uno sfogo.
In questo momento, mentre sto scrivendo, a Reggio Calabria è in corso un'assemblea spontanea e pubblica davanti al Museo dello Strumento Musicale. Forse sarebbe meglio dire quel che rimane del museo, visto e considerato che la scorsa notte è stato dato alle fiamme (l'origine dolosa non sembra essere in discussione) e danneggiato in maniera significativa se non irrimediabile.
Da quando ho appreso la notizia, la mia mente è tornata al tempo in cui ero bambino.
Ho rivisto mio nonno materno insegnare le note a mia sorella, seduta sulle sue ginocchia. Ho risentito la sua voce dettare i tempi segnati sullo spartito appoggiato su quello che era il suo tavolo di lavoro di un tempo, quando faceva il calzolaio. Ho rivisto i suoi occhi, dai quali traspariva netta, profonda e inequivocabile, la gioia di tramandare un'arte antica e nobile, forse la più antica e nobile: la musica.
Mio nonno, la cui famiglia era letteralmente “impregnata” di musica, a detta di tutti coloro che lo hanno conosciuto, era un bravissimo suonatore di tromba nella banda di Scilla, un suo fratello -purtroppo poi deceduto in guerra- era un abilissimo suonatore di clarino.
Conservo ancora un'immagine, una foto scattata a Taranto il giorno in cui prestò giuramento e iniziò il suo servizio in Marina: anche lì fu subito reclutato a far parte della banda.
Ho rivisto i capodanno passati accanto a lui ad ascoltare il concerto trasmesso in tv da Vienna; confusi e resi ormai incomprensibili dal troppo tempo trascorso da quando non c'è più, ho riascoltato i suoi tanti aneddoti, le sue critiche per una marcia troppo “pomposa”, troppo “tedesca”. E a lui i tedeschi non piacevano, non potevano piacere, essendo stato prigioniero di guerra.
Ho rivisto la sua tromba, pulita, lucida, nella sua custodia, anche se ormai non utilizzata da tempo, ma che ci mostrava gelosamente orgoglioso.
Queste immagini mi son passate in mente come un lungo flash. Le conservo nella memoria, il mio museo personale. Le conservo come qualcosa che faranno sempre parte di me, di quello che sono, pur se -per uno degli strani scherzi della Natura- quell'arte musicale non sono stato in grado di portarla avanti come forse mio nonno avrebbe desiderato che qualcuno dei suoi nipoti facesse.
E' vero, non ho imparato a suonarla la musica, non ci sono portato, ma certamente con gli insegnamenti di mio nonno ho imparato ad apprezzare la buona musica, di qualunque genere essa sia.
Penso -e mi auguro vivamente- di non essere il solo in queste ore a provare forte rabbia, direi quasi dolore. In ogni contrada, in ogni paesino c'è una banda. L'Italia è un Paese fatto di musica, nato con la musica.
Nella nostra provincia, negli ultimi anni, tanti sono stati i riconoscimenti ricevuti dai ragazzi che fanno musica: dalle bande ai gruppi musicali, ai singoli cantautori. Un patrimonio culturale che dobbiamo difendere ed incrementare.
Ironia del destino, proprio oggi ho finito di leggere “Verdi, l'italiano. Ovvero, in musica, le nostre radici”. E' il libro con il quale il Maestro Riccardo Muti -che tanto a cuore ha la formazione musicale dei giovani, specie calabresi- ripercorre le opere del Maestro Giuseppe Verdi, la cui musica giocò un ruolo fondamentale per l'indipendenza italiana dagli austriaci. Fu la musica di Verdi ad esprimere al meglio il temperamento italiano e ad incoraggiare il sussulto d'orgoglio nazionale che portò all'unità d'Italia. Questa è storia, e come dice il Maestro Muti, “...La storia è testimonianza di tante situazioni e non può essere bruciata”.
Chi ha agito nel buio della notte, avrà potuto distruggere il luogo fisico in cui venivano custoditi gli strumenti, ma non potrà mai distruggere quel patrimonio di conoscenze che ognuno di noi -anche in minima parte, come per il sottoscritto- porta dentro di sé e che è chiamato a tramandare alle future generazioni, come mio nonno ha fatto con me. Ma non basta la memoria di ogni singolo cittadino. E' giusto e sacrosanto che ci sia un luogo che costituisca il centro della memoria collettiva. Reggio, città sede di uno dei più apprezzati conservatori a livello nazionale, l'ha avuto fino a ieri e merita di averlo anche in futuro.
Per questo dobbiamo fare in modo che il Museo dello strumento musicale rinasca, più grande e più bello di prima, ma al più presto, perché quello di ieri resti solo un episodio (profondamente negativo) e non diventi storia, lasciato lì a farsi incancrenire dal tempo. L’episodio della notte scorsa la storia non la merita.
*N.B: foto tratta da http://www.strill.it/index.php?option=com_content&view=article&id=180052:reggio-in-fiamme-museo-dello-strumento-musicale-la-storia-della-musica-in-cenere-le-foto&catid=40:reggio&Itemid=86