Il più sacro dei punti del fiume Gange si trova “in corrispondenza della larga curva che il fiume sacro degli indù disegna attraversando la città di Benares (conosciuta anche come Varanasi), nell'Uttar Pradesh (stato dell'Est dell'India, sotto la catena Himalayana). “E' qui che, per migliaia di anni, gli indù sono venuti a bagnarsi nelle sue acque sacre, a berle, a implorare il favore degli dèi capricciosi.”*
All'alba del 15 agosto 1947, il giorno in cui venne proclamata l'indipendenza dell'India dalla corona inglese, in onore della (allora) più giovane nazione del mondo “le file silenziose scendevano per i ghat, le larghe scalinate che conducono al fiume; ognuno dei pellegrini recava una piccola lampada a burro fuso o a olio di canfora, simbolo della luce che scaccia le tenebre dell'ignoranza.”*
In un piccolo paese della Calabria sulle rive dello Stretto di Messina, a poco meno di 7.900 km di distanza da Benares, da due settimane un gruppo numericamente inferiore alle folle indiane del 1947 ma non meno determinato, ogni lunedì sera si reca in pellegrinaggio verso la struttura dell'ex Ospedale “Scillesi d'America”. E' un pellegrinaggio il loro, un viaggio poiché condotto verso un luogo che in un certo qual modo possiede una sua sacralità antropologica per gli scillesi che, seppur residenti, sono pur sempre pellegrini poiché costretti a condizioni di civilizzazione ridotta. Sì, perché là dove non si riesce a garantire un diritto costituzionalmente sancito come il diritto alla salute, quella società vive in condizioni di civilizzazione ridotta.
I pellegrini scillesi non hanno “lampada a burro fuso o a olio di canfora”, ma moderne torce a batteria, “per simboleggiare una luce di speranza in una terra dove le speranze vengono quotidianamente uccise”, afferma chi l'ha organizzato.
La speranza è un concetto che appartiene più all'aspetto filosofico-religioso e, in particolare, cristiano. Trattandosi di un pellegrinaggio laico, però, mi piace pensare che quelle luci servano, come in India, a scacciare soprattutto le tenebre dell'ignoranza, che hanno reso orbi politici, commissari, sub-commissari e chiunque abbia guidata la sanità regionale almeno nel corso degli ultimi quindici anni.
In tutto questo tempo, si è voluto ignorare tutti gli appelli, le manifestazioni, gli articoli di giornale che cercavano di dimostrare -numeri alla mano- che il disegno della sanità regionale non corrispondeva né con quelle che erano le potenzialità delle strutture sanitarie presenti sul territorio né, soprattutto, con l'effettiva domanda sanitaria da parte della popolazione.
Già nel Piano Sanitario Regionale del 2007/2009 erano chiare le deficienze della rete sanitaria, dovute a un motivo semplice: era stata dimensionata esclusivamente sulla base del numero di residenti, senza tener conto di come la popolazione calabrese fosse distribuita sul territorio. Il risultato fu che l'offerta sanitaria di quel Piano era inferiore del 31% rispetto alle reali necessità dei residenti, tenendo conto di come essi fossero distribuiti sul territorio regionale, cioè secondo il parametro della densità di popolazione, l'unico che avrebbe consentito di realizzare una rete con strutture sanitarie presenti lì dove servono, ovvero dove ci sono agglomerati urbani di 40-50.000 persone.
Dal 2010 in avanti, le tenebre della voluta ignoranza dei decisori politici hanno nascosto il più grande danno fatto alla salute dei calabresi, che ha comportato, di fatto, la pesantissima limitazione del primario diritto di ogni individuo, quello alla salute, sacrificato sull'altare del dio denaro, nella falsa convinzione che si sarebbe rientrati dall'enorme disavanzo di bilancio chiudendo gran parte delle strutture presenti sul territorio, tra le quali lo storico nosocomio scillese.
I fatti, a dieci anni di distanza, hanno dimostrato la non veridicità di quanto ci hanno propinato: gli ospedali sono stati chiusi e la loro parziale riconversione non è ancora stata attuata; i debiti rimangono, pesantissimi e, di fatto, inestinguibili se non per mezzo di un “provvedimento di clemenza” da parte del governo nazionale; dei responsabili di questi debiti multimilionari, solo pochissimi sono stati tuttora individuati e condannati.
Davanti a questa che è ormai la storia, non resta che prendere un'altra strada, ripensare totalmente, una volta azzerato il debito, la rete sanitaria regionale in maniera da garantire la presenza di buone strutture sanitarie lì dove le persone vivono, dimensionando il loro numero e le loro funzioni in base alla densità di popolazione.
In caso contrario, i problemi attuali continueranno a perpetuarsi nel tempo, resteremo sempre nel buio attuale e alle torce che oggi provano a squarciare queste tenebre, chissà quante volte ci toccherà cambiare le batterie.
*N.B.: Brani tratti da “Stanotte la libertà”, di Dominique Lapierre e Larry Collins