Sig. Presidente, Sig. Segretario Generale, membri delegati, signore e signori: vorrei iniziare oggi raccontandovi di un americano di nome Chris Stevens.
Chris era nato in una città che si chiama Grass Valley, California, figlio di un avvocato e di una musicista. Da giovane, Chris si arruolò nei Corpi di Pace, e insegnò inglese in Marocco. E arrivò ad amare e rispettare il popolo del Nord Africa e del Medio Oriente. Ha portato avanti quest' impegno per tutta la vita. Come diplomatico, ha lavorato dall'Egitto alla Siria, dall'Arabia Saudita alla Libia. Era conosciuto poiché camminava per le strade delle città in cui lavorava -gustando il cibo locale, incontrando quante più persone poteva, parlando arabo, ascoltando con un largo sorriso.
Chris andò a Bengasi nei primi giorni della rivoluzione libica, arrivando su una nave cargo. Come rappresentante dell'America, ha aiutato il popolo libico mentre lottavano con successo in un violento conflitto, si è preso cura dei feriti, e ha realizzato una visione per il futuro nel quale i diritti di tutti i libici sarebbero stati rispettati. E dopo la rivoluzione, ha sostenuto la nascita di una nuova democrazia, quando i libici hanno tenuto le elezioni, e costruito nuove istituzioni, e iniziato ad andare avanti dopo decenni di dittatura.
Chris Stevens amava il suo lavoro. Era orgoglioso del paese che ha servito, e ha visto la dignità nella gente che ha incontrato. E due settimane fa, si è recato a Bengasi per rivedere i piani per stabilirvi un nuovo centro culturale e ammodernare un ospedale. E' stato quando il campo americano è stato attaccato. Insieme ad altri tre suoi colleghi, Chris è stato ucciso nella città che ha aiutato a salvare. Aveva 52 anni.
Vi racconto questa storia perché Chris Stevens ha incarnato il meglio dell'America. Come i suoi colleghi del Foreign Service, ha costruito ponti su oceani e culture, ed ha avuto un incarico profondamente importante nella cooperazione internazionale che le Nazioni Unite rappresenta. Ha agito con umiltà, ma ha anche lottato per un insieme di principi -un credere che gli individui dovrebbero essere liberi di determinare il proprio destino, e vivere con libertà, dignità, giustizia, e opportunità.
Gli attacchi contro i civili a Bengasi sono stati attacchi contro l'America. Siamo grati per l'assistenza che abbiamo ricevuto dal governo libico e dal popolo libico. Non ci dovrebbe essere alcun dubbio che non ci fermeremo nel ricercare i killer per portarli davanti alla giustizia. E apprezzo anche che nei giorni recenti, i leader di altri paesi della regione -inclusi Egitto, Tunisia e Yemen- hanno adottato misure per proteggere le nostre strutture diplomatiche, e hanno invitato alla calma. E così le autorità religiose in tutto il mondo.
Ma comprendete, gli attacchi delle ultime due settimane non sono semplicemente un assalto contro l'America. Sono un assalto contro i molti ideali sui quali gli Stati uniti sono stati fondati -la nozione che il popolo può risolvere le proprie differenze pacificamente; che la diplomazia può prendere il posto della guerra; che in un mondo interdipendente, tutti noi dobbiamo partecipare alla ricerca di una maggiore opportunità e sicurezza per i nostri cittadini.
Se vogliamo davvero difendere questi ideali, non basterà mettere più guardie di fronte a un'ambasciata, o pronunciare dichiarazioni di rimpianto ed aspettare che l'offesa passi. Se davvero vogliamo difendere questi ideali, dobbiamo parlare onestamente delle cause più profonde della crisi -perché abbiamo di fronte una scelta tra le forze che intendono dividerci e le speranze che ci tengono insieme.
Oggi, dobbiamo riaffermare che il nostro futuro sarà determinato da persone come Chris Stevens -e non da chi lo ha ucciso. Oggi, dobbiamo dichiarare che queste violenza e intolleranza non hanno posto tra le nostre nazioni Unite.
Son passati meno di due anni da quando un venditore in Tunisia si diede fuoco per protesta contro l'oppressiva corruzione nel suo paese, e diede inizio alla scintilla che è divenuta nota come la Primavera Araba. E da allora, il mondo è stato affascinato dalla trasformazione che è avvenuta, e gli Stati Uniti hanno sostenuto le forze del cambiamento.
Siamo stati ispirati dalle proteste tunisine che hanno rovesciato un dittatore, perché vi abbiamo riconosciuto le nostre convinzioni nell'aspirazione degli uomini e delle donne che sono scesi nelle strade.
Abbiamo insistito sul cambiamento in Egitto, perché il nostro sostegno alla democrazia in ultima analisi ci mette dalla parte del popolo.
Abbiamo sostenuto una transizione di governo in Yemen, perché gli interessi del popolo non sono stati più serviti da uno status quo corrotto.
Siamo intervenuti in Libia a fianco a un'ampia coalizione, e con il mandato del Consiglio di Sicurezza delle nazioni Unite, perché abbiamo avuto la possibilità di fermare il massacro di innocenti, e perché abbiamo creduto che le aspirazioni del popolo erano più potenti di un tiranno.
E mentre ci incontriamo qui, dichiariamo di nuovo che il regime di Bashar al-Assad deve finire così che la sofferenza del popolo siriano possa finire e possa iniziare una nuova alba.
Abbiamo preso queste posizioni perché crediamo che la libertà e l'autodeterminazione non sono di una sola cultura. Questi non sono valori semplicemente americani o valori occidentali -sono valori universali. E anche se ci saranno enormi sfide nell'avvenire per una transizione verso la democrazia, sono convinto che alla fine il governo del popolo, dal popolo, e per il popolo è più probabile che porti stabilità, prosperità, e opportunità individuale che serve come base per la pace nel nostro mondo.
Perciò lasciateci ricordare che questa è una stagione di progresso. Per la prima volta in decenni, tunisini, egiziani e libici hanno votato per nuovi leader in elezioni che sono state credibili, competitive e corrette. Questo spirito democratico non è stato ristretto al mondo arabo. Durante l'anno passato, abbiamo visto pacifiche transizioni di potere in Malawi e Senegal, e un nuovo presidente in Somalia. In Birmania, un presidente ha liberato prigionieri politici e aperto una società chiusa, una coraggiosa dissidente è stata eletta in parlamento, e il popolo guarda avanti a ulteriori riforme. Nel globo, i popoli stanno facendo sentire le loro voci, insistono sulla loro dignità innata, e sul diritto di determinare il loro futuro.
W ancora la rivolta delle recenti settimane ci ricorda che il percorso verso la democrazia non finisce con l'espressione del voto. Nelson Mandela una volta disse: "Essere liberi non è solo gettar via le proprie catene, ma vivere in un modo che rispetti e valorizzi la libertà degli altri” (Applauso.)
La vera democrazia richiede che i cittadini non possano essere gettati in prigione per via di ciò in cui credono, e che un'attività commerciale possa essere aperta senza pagare una bustarella. Dipende dalla libertà dei cittadini esprimere le proprie opinioni e riunirsi senza paura, e dallo Stato di diritto il giusto processo che garantisca i diritti di tutte le persone.
In altre parole, la vera democrazia -vera libertà- è un lavoro difficile. Chi è al potere deve resistere alla tentazione di reprimere i dissidenti. In tempi economici difficili, i paesi devono essere tentati - potrebbero essere tentati di radunare il popolo intorno a potenziali nemici, in patria e all'estero, invece di concentrarsi sul paziente lavoro di riforma.
Inoltre, ci saranno sempre quelli che rifiutano il progresso umano - dittatori che si aggrappano al potere, gli interessi corrotti che dipendono dallo status quo, e gli estremisti che soffiano sul fuoco dell'odio e della divisione. Da Nord a Sud, dall'Africa alle Americhe, dai Balcani al Pacifico, abbiamo assistito a convulsioni che possono accompagnare le transizioni a un nuovo ordine politico.
Al momento, i conflitti sorgono lungo le linee di faglia di razza o tribù. E spesso sorgono dalle difficoltà di conciliare la tradizione e la fede con la diversità e l'interdipendenza del mondo moderno. In ogni paese, ci sono quelli che trovano che credenze religiose diverse siano una minaccia; in ogni cultura, coloro che amano la libertà per sé stessi devono chiedersi quanto siano disposti a tollerare la libertà per gli altri.
Questo è ciò che abbiamo visto accadere nelle ultime due settimane, mentre un video grezzo e disgustoso ha suscitato indignazione in tutto il mondo musulmano. Ora, io ho messo in chiaro che il governo degli Stati Uniti non ha avuto nulla a che fare con questo video, e credo che il suo messaggio deve essere respinto da tutti coloro che rispettano la nostra comune umanità.
E' un insulto non solo ai musulmani, ma pure all'America -poiché come la città fuori da queste mura rende chiaro, noi siamo un paese che ha accolto persone di ogni razza e di ogni fede. Siamo casa per i fedeli musulmani in tutto il nostro paese. Noi non solo rispettiamo la libertà di religione, abbiamo leggi che tutelano le persone dal poter essere danneggiate a causa del loro aspetto o di ciò in cui credono. Capiamo perché le persone si sentano offese da questo video perché milioni di nostri cittadini sono tra queste.
So che ci sono alcuni che chiedono perché non ci limitiamo a vietare tale video. E la risposta è sancita nelle nostre leggi: la nostra Costituzione tutela il diritto di esercitare la libertà di parola.
Qui negli Stati Uniti, innumerevoli pubblicazioni provocano offesa. Come me, la maggior parte degli americani sono cristiani, ma non vietiamo la bestemmia contro le nostre convinzioni più sacre. In qualità di Presidente del nostro paese e Comandante in capo del nostro esercito, accetto che la gente voglia dirmi cose terribili ogni giorno - (risate) - e difenderò sempre il loro diritto di farlo. (Applausi)
Gli americani hanno combattuto e sono morti in tutto il mondo per tutelare il diritto di tutti a esprimere le loro opinioni, anche opinioni con le quali siamo profondamente in disaccordo. Non lo facciamo perché sosteniamo i discorsi pieni d'odio, ma perché i nostri fondatori capirono che senza tali protezioni, la capacità di ogni individuo di esprimere le proprie opinioni e di praticare la propria fede possono essere minacciati. Lo facciamo perché in una società diversa, gli sforzi per limitare la parola possono facilmente diventare uno strumento per mettere a tacere i critici e opprimere le minoranze.
Lo facciamo perché data la forza della fede nella nostra vita, e la passione che le differenze religiose può infiammare, l'arma più potente contro i discorsi pieni d'odio non è la repressione, ma è il far parlare di più -le voci della tolleranza che manifestano contro il bigottismo e la blasfemia, e alzano i valori della comprensione e del rispetto reciproco.
Ora, so che non tutti i paesi di questa società condividono questa concezione particolare della tutela della libertà di espressione. Ce ne rendiamo conto. Ma nel 2012, in un momento in cui chiunque con un cellulare può diffondere opinioni offensive in tutto il mondo con il clic di un pulsante, l'idea che siamo in grado di controllare il flusso di informazioni è obsoleta. La domanda, allora, è come rispondiamo?
E su questo dobbiamo essere d'accordo: non c'è discorso che giustifichi la violenza insensata. (Applausi) Non ci sono parole che possano scusare l'uccisione di innocenti. Non c'è video che giustifichi un attacco di un'ambasciata. Non c'è calunnia che fornisca al popolo una scusa per bruciare un ristorante in Libano, o distruggere una scuola a Tunisi, o causare morte e distruzione in Pakistan.
In questo mondo moderno, con le moderne tecnologie, per noi rispondere in questo modo al discorso pieno d'odio autorizza qualsiasi persona che si impegna in tale discorso a creare il caos in tutto il mondo. Autorizziamo il peggio di noi, se questo è il modo in cui rispondiamo.
Più in generale, gli eventi delle ultime due settimane parlano anche della necessità per tutti noi di affrontare onestamente le tensioni tra l'Occidente e il mondo arabo che si sta muovendo verso la democrazia.
Ora, voglio essere chiaro: così come non possiamo risolvere tutti i problemi del mondo, gli Stati Uniti non hanno e non cercheranno di dettare l'esito di transizioni democratiche all'estero. Non ci aspettiamo che le altre nazioni siano d'accordo con noi su ogni questione, né pensiamo che la violenza delle ultime settimane e i discorsi pieni d'odio di alcuni individui rappresentino il punto di vista della stragrande maggioranza dei musulmani, non più di quanto il punto di vista del popolo che ha prodotto questo video rappresenta quello degli americani. Tuttavia, credo che sia obbligo di tutti i leader di tutti i paesi parlare con forza contro la violenza e l'estremismo. (Applausi)
E 'tempo di emarginare coloro che -anche se non ricorrendo direttamente alla violenza- usano l'odio contro l'America, o l'Occidente, o Israele, come principio organizzativo centrale della politica. Poiché ciò costituisce solo una copertura, e qualche volta una scusa, per coloro che fanno ricorso alla violenza.
Quel marchio di politica -che oppone Est contro Ovest, e il Sud contro il Nord, musulmani contro cristiani e indù e ebrei- non può mantenere la promessa di libertà. Ai giovani, offre solo una falsa speranza. Bruciare una bandiera americana non fa nulla per dare ad un bambino un'istruzione. Distruggere un ristorante non riempie lo stomaco vuoto. Attaccare un'ambasciata non crea un solo posto di lavoro. Quel marchio di politica rende solo più difficile raggiungere ciò che dobbiamo fare insieme: educare i nostri figli, e creando le opportunità che meritano; tutelare i diritti umani, ed estendere la promessa della democrazia.
Capite che l'America non potrà mai ritirarsi dal mondo. Porteremo giustizia a coloro che fanno del male ai nostri cittadini e ai nostri amici, e staremo con i nostri alleati. Siamo disposti a collaborare con i paesi di tutto il mondo per approfondire i legami commerciali e di investimento, e la scienza e la tecnologia, l'energia e lo sviluppo - tutti gli sforzi che possono innescare la crescita economica per tutto il nostro popolo e stabilizzare il cambiamento democratico.
Ma questi sforzi dipendono da uno spirito di reciproco interesse e reciproco rispetto. Nessun governo o società, nessuna scuola o ONG saranno sicuri lavorando in un paese in cui la sua gente è in pericolo. Perché la collaborazione commerciale sia efficace i nostri cittadini devono essere sicuri e il nostro impegno deve essere accolto.
Una politica basata solo sulla rabbia - basata sulla divisione del mondo tra "noi" e "loro"- non solo fa arretrare la cooperazione internazionale, mina in definitiva quelli che la tollerano. Tutti noi abbiamo interesse a tener testa a queste forze.
Ricordiamo che i musulmani hanno sofferto di più per mano dell'estremismo. Lo stesso giorno in cui i nostri civili sono stati uccisi a Bengasi, un agente di polizia turca è stato assassinato a Istanbul solo pochi giorni prima del suo matrimonio, più di 10 yemeniti sono stati uccisi in un attentato a Sana'a, diversi bambini afgani sono stati pianti dai genitori pochi giorni dopo esser stati uccisi da un kamikaze a Kabul.
L'impulso verso l'intolleranza e la violenza può essere inizialmente focalizzato sull'Occidente, ma nel corso del tempo non può essere contenuto. Gli stessi impulsi verso l'estremismo vengono utilizzati per giustificare la guerra tra sunniti e sciiti, tra tribù e clan. Non conduce a forza e prosperità, ma al caos. In meno di due anni, abbiamo visto grandi proteste pacifiche portare più cambiamenti nei paesi a maggioranza musulmana di un decennio di violenza. E gli estremisti lo capiscono. Perché non hanno nulla da offrire per migliorare la vita delle persone, la violenza è il loro unico modo per avere rilevanza. Loro non costruiscono, distruggono soltanto.
E 'tempo di lasciare alle spalle il richiamo della violenza e la politica della divisione. Su molte questioni, ci troviamo di fronte a una scelta tra la promessa del futuro, o le prigioni del passato. E non possiamo permetterci di sbagliare. Dobbiamo cogliere questo momento. E l'America è pronta a collaborare con tutti coloro che sono disposti ad abbracciare un futuro migliore.
Il futuro non deve appartenere a chi bersaglia i cristiani copti in Egitto -deve essere richiesto da coloro che in piazza Tahrir, cantavano "musulmani, cristiani, noi siamo una cosa sola." Il futuro non deve appartenere a chi usa violenza alle donne - deve essere plasmato da ragazze che vanno a scuola, e da coloro che lottano per un mondo in cui le nostre figlie possano vivere i loro sogni, proprio come i nostri figli. (Applausi)
Il futuro non deve appartenere a quei pochi corrotti che rubano le risorse di un paese -deve essere vinto da studenti e imprenditori, dai lavoratori e titolari di aziende che cercano una più ampia prosperità per tutti i popoli. Queste sono le donne e gli uomini con cui sta l'America, perché la loro è la visione che sosterrà.
Il futuro non deve appartenere a coloro che calunniano il profeta dell'Islam. Ma per essere credibili, chi condanna quella calunnia deve anche condannare l'odio che vediamo nelle immagini di Gesù Cristo che sono profanate, o le chiese che vengono distrutte, o l'Olocausto che viene negato. (Applausi)
Dobbiamo condannare l'incitamento contro i musulmani sufi e i pellegrini sciiti. E' tempo di dar retta alle parole di Gandhi: "L'intolleranza è di per sé una forma di violenza e un ostacolo per la crescita di un vero spirito democratico". (Applausi) Insieme dobbiamo lavorare per un mondo in cui siamo rafforzati dalle nostre differenze, e non definiti da loro. Questo è ciò che l'America incarna, questa è la visione che sosterremo.
Tra israeliani e palestinesi, il futuro non deve appartenere a coloro che voltano le spalle a una prospettiva di pace. Lasciamoci dietro coloro che vivono di conflitto, coloro che rifiutano il diritto di Israele ad esistere. La strada è dura, ma la destinazione è chiara -un sicuro stato ebraico di Israele e un'indipendente, prospera Palestina. (Applausi) Comprendiamo che una tale pace deve passare attraverso un giusto accordo tra le parti, l'America camminerà al fianco di tutti coloro che sono disposti a fare questo viaggio.
In Siria, il futuro non deve appartenere a un dittatore che massacra il suo popolo. Se c'è una causa che grida protesta nel mondo di oggi, protesta pacifica, è un regime che tortura i bambini e spara razzi ai condomini. E dobbiamo proseguire l'impegno per far sì che ciò che era iniziato con i cittadini che chiedevano i loro diritti non si esaurisca in un ciclo di violenza settaria.
Insieme, dobbiamo stare con quei siriani che credono in una visione diversa -una Siria che sia unita e solidale, dove i bambini non hanno bisogno di temere il proprio governo, e tutti i siriani hanno voce in capitolo su come sono governati- sunniti e alawiti, curdi e cristiani. Questo è ciò che l'America lotta. Questo è il risultato per cui lavoreremo -con sanzioni e conseguenze per coloro che perseguitano, e l'assistenza e il supporto per coloro che lavorano per il bene comune. Perché crediamo che i siriani che abbracciano questa visione avranno la forza e la legittimità di essere da guida.
In Iran, vediamo dove porta il percorso di un'ideologia violenta e inspiegabile. Il popolo iraniano ha una storia straordinaria e antica, e molti iraniani desiderano godere di pace e prosperità assieme ai loro vicini. Ma proprio come limita i diritti del suo popolo, il governo iraniano continua a sostenere un dittatore a Damasco e sostiene gruppi terroristici all'estero. Di volta in volta, non è riuscito a cogliere l'occasione per dimostrare che il suo programma nucleare è pacifico, e a rispettare gli obblighi nei confronti delle Nazioni Unite.
Permettetemi di essere chiaro. L'America vuole risolvere questo problema attraverso la diplomazia, e crediamo che ci siano ancora il tempo e lo spazio per farlo. Ma che il tempo non è illimitato. Rispettiamo il diritto delle nazioni di aver accesso pacifico all'energia nucleare, ma uno degli scopi delle Nazioni Unite è quello di vedere che sfruttiamo questa potenza per la pace. E non facciamo errori, un Iran dotato di nucleare non è una sfida che può essere contenuta. Minaccerebbe l'eliminazione di Israele, la sicurezza delle nazioni del Golfo, e la stabilità dell'economia globale. Si rischia di innescare una corsa agli armamenti nucleari nella regione, e lo sbrogliarsi del trattato di non proliferazione. È per questo che una coalizione di paesi sta tenendo il governo iraniano responsabile. Ed è per questo che gli Stati Uniti faranno quel che dobbiamo per impedire all'Iran di ottenere un'arma nucleare.
Sappiamo per dolorosa esperienza che il percorso per la sicurezza e la prosperità non sta al di fuori dei limiti del diritto internazionale e del rispetto dei diritti umani. Ecco perché dalle macerie del conflitto è stata istituita questa assemblea. È per questo che la libertà ha trionfato sulla tirannia nella guerra fredda. E questa è anche la lezione degli ultimi due decenni.
La storia dimostra che la pace e il progresso arrivano per chi sa fare le scelte giuste.
Nazioni in ogni parte del mondo hanno percorso questo cammino difficile. L'Europa, il più sanguinoso campo di battaglia del 20° secolo, è unita, libera e in pace. Dal Brasile al Sud Africa, dalla Turchia alla Corea del Sud, dall'India all'Indonesia, persone di diverse razze, religioni e tradizioni si sono sollevato a milioni dalla povertà, nel rispetto dei diritti dei loro cittadini e facendo fronte alle loro responsabilità come nazioni.
Ed è per il progresso cui ho assistito nella mia vita, il progressi cui ho assistito dopo quasi quattro anni come Presidente, che mi rimanere sempre la speranza per il mondo in cui viviamo. La guerra in Iraq è finita. Le truppe americane sono tornate a casa. Abbiamo iniziato una transizione in Afghanistan, e l'America e i suoi alleati concluderanno la nostra guerra come da programma nel 2014. Al Qaeda è stata indebolita, e Osama bin Laden non c'è più. Le nazioni si sono unite per bloccare i materiali nucleari, e l'America e la Russia stanno riducendo i propri arsenali. Abbiamo visto le difficili scelte fatte - da Naypyidaw al Cairo a Abidjan - per mettere più potere nelle mani dei cittadini.
In un momento di sfida economica, il mondo si è riunito per ampliare la prosperità. Attraverso il G20, abbiamo collaborato con i paesi emergenti per mantenere il mondo sulla via del recupero. L'America ha perseguito un programma di sviluppo per la crescita e per interrompere la dipendenza, e ha lavorato con i leader africani per aiutarli a nutrire le loro nazioni. Nuove partnership sono state forgiate per combattere la corruzione e promuovere un governo che sia aperto e trasparente, e sono stati presi nuovi impegni attraverso il partenariato degli Equal Futures per garantire che le donne e le ragazze possano partecipare pienamente alla politica e perseguire opportunità. E più tardi oggi, discuterò dei nostri sforzi per combattere la piaga del traffico di esseri umani.
Tutte queste cose mi danno speranza. Ma ciò che mi dà più speranza non sono le nostre azioni, non le azioni dei leader -è la gente che ho visto. Le truppe americane che hanno rischiato la loro vita e sacrificato i loro arti per gli stranieri dall'altra parte del mondo, gli studenti a Jakarta o Seul desiderosi di utilizzare le loro conoscenze a beneficio dell'umanità, le facce in una piazza di Praga o di un parlamento in Ghana che vedono la democrazia dar voce alle loro aspirazioni, i giovani nelle favelas di Rio e nelle scuole di Mumbai i cui occhi brillano di promesse. Questi uomini, donne e bambini di ogni razza e di ogni fede mi ricordano che per ogni folla inferocita che viene mostrata in televisione, ci sono miliardi in tutto il mondo che condividono simili speranze e sogni. Ci dicono che c'è un battito cardiaco comune per l'umanità.
Prestiamo così tanta attenzione nel mondo a ciò che ci divide. E' quello che vediamo nei notiziari. E' quello che consuma i nostri dibattiti politici.
Ma quando lo si strappa via tutto, le persone in tutto il mondo anelano per la libertà di determinare il proprio destino, la dignità che viene dal lavoro, il conforto che viene dalla fede, e la giustizia che esiste quando i governi servono il proprio popolo - e non il contrario.
Gli Stati Uniti d'America lotteranno sempre per queste aspirazioni, per il nostro popolo e per i popoli in tutto il mondo. Questo è stato il nostro scopo fondante. Questo è ciò che la nostra storia dimostra. Questo è ciò per cui Chris Stevens ha lavorato per tutta la vita.
E vi prometto questo: molto tempo dopo che gli assassini saranno assicurati alla giustizia, l'eredità di Chris Stevens continuerà a vivere nelle vite che ha toccato -nelle decine di migliaia di persone che hanno marciato contro la violenza per le strade di Bengasi; nei libici che hanno cambiato la loro foto su Facebook con una di Chris; nei cartelli che recitano, semplicemente, "Chris Stevens era un amico di tutti i libici".
Loro dovrebbero darci speranza. Loro dovrebbero ricordarci che fin tanto che lavoriamo per questo, giustizia sarà fatta, che la storia è dalla nostra parte, e che una crescente ondata di libertà non può essere invertita.
Grazie mille. (Applausi)
[Traduzione dal testo originale tratto da: http://www.whitehouse.gov/the-press-office/2012/09/25/remarks-president-un-general-assembly]