I San
Francisco 49ers sono una squadra della NFL, la lega professionistica di
football americano. Tradotto in italiano, il nome della squadra sarebbe “Quelli
del ’49 di San Francisco”, infatti, ricorda l'ondata di cercatori d'oro che invase
l'area di San Francisco nel 1849, tanto che i colori sociali della squadra sono
il rosso (dei tramonti della baia) e, appunto, l'oro.
L'età dell'oro americana coincide con la
corsa all’oro, che è stata uno dei motivi per i quali sono nati gli Stati Uniti
nella conformazione moderna che conosciamo. La storica epopea della frontiera e
della sua espansione verso ovest, si svolse nella seconda metà del 1800, in
contemporanea con la Guerra di Secessione, lo sterminio delle popolazioni
indigene –quelle che a noi, per colpa di Cristoforo Colombo, hanno insegnato ad
identificare come “indiani”- la presenza di pistoleri e cowboy –ovvero i
vaccari, cioè gli allevatori, per le grandi praterie nord-americane,
attraversate in quegli anni dalle prime ferrovie. E’ un’epopea fatta delle
storie e dei personaggi rappresentati in centinaia di film del genere “Western”,
e sono gli stessi che fanno da sfondo alle avventure a fumetti di Tex Willer,
il ranger del Texas e, al contempo, capo della tribù dei Navajos, più famoso d’Italia.
Di
film western ne ho viste a decine; di avventure di Tex ne ho lette oltre un
migliaio. Molte delle storie narrano della corsa all’oro, della scoperta di
miniere e di tutto ciò che questo ha comportato. La trama è più o meno la
seguente.
Il
prepotente di turno, spalleggiato dai suoi sodali, arriva in un polveroso ma
attivo paese del west e, pur di arricchirsi, mette in atto quella che è la sua “politica”:
non esita a fare uccidere i membri delle tribù indigene che vivevano in quelle
terre e percorrevano quei fiumi ricchi di oro e di altri minerali; non esita a
sbarazzarsi –uccidendoli o semplicemente minacciandoli e facendoli scappare a
gambe levate- di quei cittadini onesti, commercianti o umili lavoratori e buoni
padri di famiglia, che in quelle terre erano arrivati prima di lui e vivevano
nelle loro fattorie, in pace con i popoli indigeni.
Completata
l’opera di “pulizia”, il prepotente provvede a “rilevare” le attività commerciali
presenti in paese e ad aprire la sua bella banca; quindi, mette uno dei suoi
uomini a fare lo “sceriffo”, il cui compito è quello di far rispettare la legge
ma secondo i voleri del prepotente; poi nomina giudice un altro dei suoi, così
che tutte le cause che qualche malcapitato decide di intentargli, viene
comunque risolte a favore del prepotente; in ultimo, fa aprire un nuovo
giornale, di cui naturalmente è il proprietario ed il cui unico compito era
quello di tessere le sue lodi e di mettere in cattiva luce tutti quelli che osano
non essere d’accordo con lui.
In questo
modo, il prepotente si riempie le tasche di dollari ed alimenta la sua gloria
personale, costruendo un suo mondo personale, nel quale tutti coloro “che contano”
lo circondano e stanno dalla sua parte per il semplice fatto che hanno di che
mangiare e soldi da spendere. Per questo considerano il prepotente come un dio,
capace di non far mancare loro nulla di ciò di cui hanno bisogno. Anche per
loro, il mondo coincide con quello che il prepotente ha costruito e sul quale
regna come un vero e proprio sovrano, incontrastato.
Fin
quando non appaiono quattro cavalieri: in paese arrivano Tex Willer e i suoi “pards”.
Il ranger e i suoi inseparabili colleghi (Kit Carson, il figlio Kit Willer e il navajo Tiger Jack), svelano i delitti e le trame truffaldine attraverso le quali il prepotente è riuscito a farla franca.
Il gran personaggio, quello
considerato nel paesino come un dio in terra, infatti, in verità ha evitato il
carcere in un altro stato dell’Unione corrompendo un giudice, ed è quindi
scappato verso ovest, in un posto dove nessuno lo conosce, portandosi dietro i
soldi che sono proventi di truffe, inganni e omicidi, compiuti con la “protezione”
di qualche “alto papavero” di Washington (solitamente un senatore), usando
metodi poco consoni a uno stato democratico (il concetto era, all’epoca, ancora
da sviluppare, nonostante fossero passati poco meno di cento anni dalla
Dichiarazione d’Indipendenza del 1776).
La
trama si conclude con l’arresto –o l’uccisione- del prepotente e dei suoi
sodali e, non di rado, anche con lo smascheramento dell’”alto papavero” suo
complice nelle malefatte compiute.
Se ora
spostiamo le lancette della storia di circa 180 anni, scopriamo che un
prepotente –già pregiudicato e pluricondannato- è riuscito in qualcosa che
nessuna storia a fumetti aveva ancora immaginato: è divenuto lui stesso
Presidente Prepotente di tutti gli Stati Uniti, per i quali sta mettendo in atto dichiaratamente la politica della "nuova età dell'oro" americana.
A ben vedere, il Prepotente Presidente sta trattando gli Stati Uniti come un
polveroso paesino del west, con una “politica” la cui legittimazione risiede nella vittoria alle ultime elezioni, mirata a un unico risultato:
farlo "regnare" per sempre.
E’ passato ancora troppo poco tempo dall’inizio del regno, perciò ci tocca aspettare: un Tex Willer statunitense non è ancora all’orizzonte.