LA VERA RIQUALIFICAZIONE, 'U "CUGNU" E ...CAMORANESI
Tempo fa, avevo parlato delle sinergie assolutamente problematiche (vedi post del 7.1.2008), oggi un'altra parola mi firrìa nte ricchi, peggiu ra zanzara chi 'mmazzaia stanotti. Il sostantivo in questione è: riqualificazione.
Se nci faciti casu, il nostro beneamato paisuzzo è stato oggetto di parecchie riqualificazioni o presunte tali. Mi riferisco alla Piazza San Rocco, alla Via Panoramica, al rione di Spirito Santo, al quartiere di Chianalea e, più di recente, allo Scoglio d'Ulisse, alla Villa Comunale. Sono tutti luoghi caratteristici di Scilla che, grazie in primo luogo alla generosa disponibilità dell'Europa, hanno subito sicuramente una trasformazione. Ma che tipo di trasformazione è stata? Si è davvero trattato di una riqualificazione?
Trattandosi di termine appartenente all'idioma italico, da ignorante, iaia mi vardu nto vocabolariu:
RIQUALIFICAZIONE: l'azione di riqualificare e il fatto di venire riqualificato.
E, liggendu pocu pocu cchiù supra, RIQUALIFICARE: nel linguaggio economico, rendere qualitativamente più valido.
Ah! Allura abbiamo appurato che riqualificazione veni a diri miglioramento della qualità della vita nei luoghi scigghitani sopra citati e, per estensione, delle qualità di attrazione che essi sono in grado di esercitare sul pubblico.
Mi domandu e mi spiu allura: ma 'a vita a' Chianalea, o' Spiritu Santu, o' Scogliu d'Ulissi (bonanima), migliorau? Anzi, cambiau?
Non vorrei fari a chiddhu chi 'a viri sempri nira, ma non mi pari proprio chi ciò sia avvenuto. A voler essere buoni, si è trattato tutt'al più di un semplice ammodernamento dell'esistente, attuato peraltro il più delle volte con scelte molto discutibili e/o criticabili (per stessa ammissione di chi queste scelte le ha operate), o, addirittura con l'esecuzione di opere rimaste...a metà e non ultimate.
Questa domanda e questa risposta mi iucavunu a ping pong nta testa aieri sira, durante la presentazione alla cittadinanza del Bando promosso dalla Regione Calabria nell'ambito degli Accordi di Programma Quadro, per la realizzazione di “Progetti integrati per la riqualificazione, recupero e valorizzazione dei centri storici della Calabria”, finanziati con fondi deliberati dal Cipe nel 2005 e nel 2006.
In breve (chi vuole approfondire può andare sul sito della Regione Calabria), il Comune di Scilla si è unito ad altri 13 comuni della Provincia -di modo che la popolazione totale superasse le 50.000 unità, condizione primaria per accedere ai finanziamenti- e in collaborazione con la facoltà di Architettura (che fornirà la necessaria consulenza tecnica specifica), presenterà nei prossimi giorni alla Regione (entro il 29 c.m.) un progetto che interesserà la parte del centro storico compresa nel Rione San Giorgio:Via Nucarella, Via Minasi, belvedere (nei pressi della Casa della Carità, per capirci), via Raffaele Piria e relativi vicoli, parte alta di via Sinuria, vicoli di via Umberto I.
La quantificazione economica del finanziamento: l'art. 6 del Bando parla di “...progetti di importo non inferiore a 1.000.000 di euro”, ma l'art. 11 specifica che “l'erogazione del finanziamento sarà...subordinata alle reali disponibilità di cassa...” della Regione Calabria cui dovranno essere trasferite le risorse, i tecnici parlano di una disponibilità finanziaria di poco inferiore a 1 milione di euro. Per dare un'idea, un terzo in meno di quanto è costato l'intervento effettuato in piazza San Rocco e in Via Canalello.
Ora, il fatto che arrivino finanziamenti è senz'altro positivo, ma il discorso si complica se si pensa a chi fini farannu 'sti sordi ma, soprattutto -valutata in un'ottica futura- alla filosofia che sta dietro al progetto.
Indubbiamente, questo metodo di distribuire risorse non fa che farmi venire in mente la logica del branco. Tanti picculi lupacchiotti 'ffamati chi si 'rrancunu tutti mi spruppunu 'u stessu 'gneddhu, ma ancora non hannu mancu 'i denti. Ma tant' è, chistu passa 'u cunventu.
Altra nota dolente è la maniera di spendere questi soldini.
'A nicula tipu beneficenza di cui il comune usufruisce con questi progetti, dovrebbe costituire lo spunto, lo stimolo per attuare autonomamente tutte quelle iniziative “di contorno”, che sono necessarie e complementari a una completa integrazione delle opere di nuova realizzazione nell'ambito del contesto urbano esistente. Ad esempio: piano del colore per Chianalea (mai attuato, seppur previsto); manutenzione programmata delle facciate almeno degli edifici prospettanti sulle vie principali (mai pensato a una cosa del genere).
Nel caso del nuovo progetto in questione, sarebbe auspicabile che si desse finalmente attuazione a quella nuova toponomastica cittadina, le cui basi sono state gettate sì tanti anni addietro, ma che è rimasta finora lettera morta.
Nel particolare, l'idea di fondo per la ricomposizione della toponomastica cittadina (e dei suoi numerosi vicoli) era quella di legare le vie di Scilla al suo mito, alle sue leggende e alla sua storia, con espliciti richiami alle diverse opere letterarie -antiche e moderne- che parlano ru Scigghiu.
E' appunto seguendo quest'idea che -insieme alla sezione cittadina della Lega Navale Italiana- lanciamo la campagna di cui potete leggere in questo stesso blog.
Ma il mito, le leggende e la storia scigghitana ieri sera hanno avuto una grossa sorpresa.
Abbiamo infatti scoperto di avere forti legami storici e commerciali, oltre che con Bagnara e Palmi (la qual cosa è notoria), anche con S. Eufemia d'Aspromonte, S. Cristina, Delianuova, Varapodio e altri paiseddhi preaspromontani compresi nel cugno esistente tra l'area dello Stretto (limitata chissà pirchì finu a Villa S. Giovanni) e la Piana di Gioia Tauro. Il filo di questo legame storico è -udite! udite!- il terremoto del 1783 che però, non si è detto, scutulau triquarti 'i Calabria e non solo questi 14 comuni. Il legame commerciale, scusate la mia “sceccaggini” storica, ma non 'rrinesciu propria mu trovu: forse lo scambio 'ill'ogghiu 'i 'liva?
Comunque, tantu è bellu 'u nostru paisi, che sulla copertina del progetto campeggia l'immagine del nostro centro storico, mica chiddha ra chiazza 'i Varapodio (cu tuttu 'u rispettu)!
Dunque, almeno sulla carta (intesa proprio in senso letterale), a Scilla all'interno del gruppo di comuni, tocca sicuramente un ruolo primario a livello di immagine, datosi che ne rappresenta l'avamposto sul mare lato Sud, quello più vicino allo Stretto e a quella Sicilia che in tema di turismo, ndi poti fari scola e dopuscola.
Questa strana “santa alleanza” a caccia di sordi, è stata preferita ad un altro gruppo di comuni, formato dai paesi che -tutto sommato e parrandu ca virità- costituiscono la punta d'eccellenza del turismo calabro, quali Tropea, Gerace, Altomonte, ecc.
Scilla, non ritenendosi evidentemente all'altezza di “competere”, con cotanti nomi, ha preferito rifiutare questa possibilità. Il discriminante di questa scelta, per cui si è preferito far parte ru “cugnu”, è stata la contiguità territoriale. Eh sì, pirchì mi vai a Tropea o a Gerace, unu si perdi ra casa, mentri mi 'nchiana a Santa Cristina....
Si è dunque abbandonata una possibilità di agganciarsi veramente al treno dei paesi calabresi che davvero possono fare da traino per l'economia dell'intera Regione. Paesi come Tropea o Gerace, possono essere raggiunti semplicemente ed in barba alle faraoniche e dispendiose opere viarie in fase di realizzazione: via mare.
Scilla ha sì l'80% del territorio in ambito montano o collinare, ma la sua storia, la sua vita, il suo nome, sono tutti inevitabilmente ed inscindibilmente legati al mare. Dovremmo cercare di non dimenticarcene. Mai.
Anche se a Santa Cristina fanno fatica ad ammetterlo, è dal mare che la ricchezza si è diffusa verso le zone interne; è grazie al mare -prima ancora che ai treni o ai camion o agli aerei- se i prodotti delle attività agricole o agro-silvo-pastorali che si svolgevano nel nostro comune, hanno potuto raggiungere il resto d'Italia e del mondo per farsi apprezzare.
Credo non sia un'utopia immaginare delle escursioni su piccoli battelli in grado di collegare questi paesi, costeggiando Capo Vaticano o lungo gli anfratti della Costa Viola, superare Capo Spartivento, il 38° parallelo e percorrere quindi la riviera dei Gelsomini sul lato ionico.
Li vedo attraccare al nuovo porto di Scilla; vedo i turisti scendere e percorrere a piedi le viuzze di Chianalea, il lungomare, i vicoli di Spirito Santo e di San Giorgio; li vedo entrare a visitare il nostro castello, le nostre chiese.
Rafforziamo quindi questi legami storici, migliorando la qualità dei collegamenti, l'interscambio culturale tra le numerose ricchezze architettoniche e paesaggistiche delle nostre coste, meta, purtroppo, di ben altri tipi di battelli, carichi di poveri cristi per i quali “Freedom is just another word for nothing left to lose” (J. Joplin) [Libertà è solo un altra parola che sta per: non è rimasto niente da perdere].
Solo dopo -proprio com'è avvenuto nella storia- si potranno creare, le condizioni per un adeguato sviluppo delle zone interne, attraverso la riscoperta di tutti quegli antichi percorsi naturali incastonati tra le nostre colline e le nostre montagne.
Si è invece scelta un'impostazione diversa, basata sul “cugno” (e poi dicono chi simu calabrisi!) territoriale, abbagliati dalle luci della ribalta delle copertine dei depliants.
Vorrei tanto sbagliarmi, ma ho paura che una tale impostazione avrà un unico risultato: 'na bella piazza a Varapodio, o a Sant'Eufemia; 'na bella strata a Scilla o a Santa Cristina. Opere magari belle, sì ma che resteranno lì dove sono e, soprattutto, come sono: staccate fra loro, non collegate tra loro (perché non lo sono mai state!) da scambi turistici, prive quindi della valorizzazione primaria, quella fatta cioè da chi in questi posti ci abita, ci vive.
Non so voi cosa ne pensiate, ma piuttosto che fare da paese-copertina (e nenti cchiù), avrei preferito accodarmi al gruppo definito delle eccellenze turistiche. Tropea, Altomonte, Gerace, hanno avviato da tempo diverse iniziative per avere flussi continui di turisti durante tutto l'anno: collegamenti con agenzie turistiche di mezza Europa, organizzazione di voli charter, servizi navetta per escursioni a...Scilla!
Dicivunu 'i 'ntichi: mentiti ch'i megghiu 'i tia e fanci 'i spisi.
Onestamente, dobbiamo ammettere che oggi come oggi, dal punto di vista turistico queste località sono organizzate nettamente meglio di noi. Quindi, perché non cogliere l'occasione per...imparare? E poi, credo che avremmo avuto comunque poco da rimetterci e tanto da guadagnarci.
A coloro che -se liggiru finu a ccà- pensunu che quanto ho detto sia improponibile e che la sola politica possibile sia chiddha ru “cugnu”, vorrei solo portare il seguente esempio chiarificatore, perfetta applicazione pratica del sopra richiamato detto 'nticu scigghitanu. Vengo e mi spiego.
Mauro German Camoranesi è un calciatore della Juventus, di nazionalità 'ndigina uruguaiana. Egli però, datu lu monu, scafuliau negli archivi di qualche ufficio anagrafe, e scopriu chi so' nonnu era italianu.
Allura ddhu 'ndiginu 'i Camoranesi pinzau: “Mi cunveni mi iocu ca nazionali uruguaiana e mi fazzu o' Maradona i Montevideo? O, forsi, non mi cunveni megghiu circari la naturalizzazioni 'taliana e iucari nta nazionali i Lippi chi, tra l'altru, mi canusci?”
Da persona furba e 'ntelligenti, Camoranesi ha rifiutato di vestire i panni di “prima donna” sulle copertine dei giornali sportivi uruguaiani e ha avuto l'umiltà di “accontentarsi” anche di fare panchina nella nazionale italiana.
Il risultato lo sappiamo tutti: Mauro German Camoranesi è campione del mondo in carica!