Oggi, 27 Gennaio, come ogni anno, è stato il giorno della memoria. E’ il giorno in cui si fa memoria del massimo orrore che l’uomo abbia conosciuto, almeno finora, perché purtroppo non si possono mettere limiti alla stupidità umana.
Giustamente, lo striscione che vedete nella foto avverte: “Non ricordate gli ebrei morti se non difendete quelli vivi”. Ora, bisogna capire cosa s’intende per “difendere gli ebrei”.
Oggi ricordiamo sì il sacrificio di tanti ebrei innocenti, ma lo facciamo perché orrori del genere non si ripetano più, non solo contro gli ebrei, ma contro ogni altro essere umano. Perché così come in passato i nazisti hanno trovato la scusa e il modo di compiere il genocidio degli ebrei, allo stesso modo abbiamo assistito e assistiamo ancora oggi, ad altri genocidi che non hanno nulla di meno raccapricciante di quello compiuto dai nazisti. Ne abbiamo avuto prova, purtroppo, in Bosnia, o in Africa, oppure in Afghanistan o in Iraq: i nazisti hanno usato il pretesto della razza, negli altri casi si è usato e si usa il pretesto della religione. Il risultato, terribile, non cambia.
Dunque, vittime degli orrori perpetrati dall’uomo contro altri uomini non sono stati e non sono solo gli ebrei, ma tanti altri popoli e culture. Perciò, bisogna fare attenzione a chi difendere.
Difendo gli ebrei vivi, quando subiscono minacce, intimidazioni o attentati solo perché professano una fede o sol perché appartengono a una razza diversa dalla mia. Ma non difendo gli ebrei “a prescindere”, né quando (ed è capitato diverse volte) fanno leva sul vittimismo generalizzato in maniera del tutto strumentale.
Non mi sento di difendere quegli ebrei dello Stato d’Israele che da 65 anni hanno messo e continuano a mettere in atto politiche finalizzate esclusivamente al predominio e alla conquista dei territori palestinesi, con metodi molto simili a quelli utilizzati dai nazisti. So che molti rabbrividiranno, ma è così. I carri armati israeliani, non sono diversi dai panzer tedeschi; i bombardamenti aerei effettuati per un mese intero nello scorso luglio sulla striscia di Gaza, non hanno avuto effetti diversi da quelli fatti dalla Luftwaffe durante la seconda guerra mondiale; gli abitanti della striscia di Gaza continuano a vivere oggi in condizioni non molto diverse da quelle in cui hanno vissuto i deportati nei campi di concentramento della Seconda Guerra Mondiale. Certo, almeno nel caso dei palestinesi sembra essere scongiurato l’orrore dei forni crematori, ma ci sono tanti altri modi altrettanto tragici e non meno subdoli per riprodurre lo stesso risultato.
Per la verità, nemmeno da parte di alcuni palestinesi si è andato tanto per il sottile: gruppi organizzati hanno fatto ricorso ad atti terroristici eclatanti ed inumani, che in quanto ad orrore non sono di sicuro secondi a nessun altro. E i dirigenti politici palestinesi hanno dimostrato tutta la loro incapacità nell’isolare ed eliminare i responsabili di questi atti, finendo con l’apparire -agli occhi degli israeliani- come loro complici.
Pur nell’orrore comune, c’è però una differenza sostanziale: i palestinesi che compiono attentati sono solo una minoranza, un gruppo terroristico ristretto e ben identificabile. Le azioni compiute dagli israeliani tramite i loro apparati istituzionali e non (Amministrazione Civile, il servizio di sicurezza dello Shin Bet, ecc.) sono il frutto della politica di quello che si definisce Stato di diritto. Ma è uno Stato di diritto parecchio sbilanciato, visto e considerato che i diritti civili (e in molti casi anche quelli umani) dei palestinesi vengono regolarmente, sistematicamente calpestati, in nome di un imprecisato “diritto di difesa” degli israeliani. Non mi sento di difendere gli ebrei israeliani, quando nel nome di questa loro interpretazione di tale diritto, finiscono in realtà con l’imporre <<la supremazia di una nazione convinta di avere il diritto di interferire e danneggiare la vita di una nazione palestinese più debole – il suo futuro, il passato, la sua economia, la moneta, le sue risorse e le relazioni familiari e sociali.>> –come spiegato in questo bell’articolo del principale giornale israeliano, Haaretz. [Per la traduzione italiana clicca qui]
Non mi sento di difendere chi, fin da subito dopo la fine dell’orrore nazista, ha avviato una politica di supremazia fondata esclusivamente sul “diritto divino”, dimenticandosi non solo degli insegnamenti divini ma, soprattutto, di ciò che aveva vissuto poco tempo prima sulla propria pelle. Da parte mia, ricordo e ricorderò sempre il sacrificio degli ebrei morti, ma vorrei solo che se ne ricordassero davvero anche gli ebrei israeliani. Non solo visitando lo Yad Vashem –il Museo dell’olocausto o pregando nelle sinagoghe. Vorrei che ne facessero memoria sempre, ogni giorno, non concedendo fiducia a politici, amministratori o militari –ebrei come loro- che hanno costruito le loro rispettive carriere sulla violenza e sulla sopraffazione sistematica del popolo palestinese.
Non si deve mai confondere la difesa della memoria, con il diritto alla difesa, come invece mi pare succeda. Per questo, ricorderò sempre gli ebrei morti e difenderò sempre gli ebrei vivi e il loro diritto a vivere in pace. Ma non potrò mai difendere quegli ebrei vivi che, nei fatti, si sono dimenticati del sacrificio dei loro stessi morti e, nascondendosi vigliaccamente dietro di loro, continuano indiscriminatamente a negare il diritto all’esistenza di un altro popolo.