I dubbi e la delusione per le promesse non mantenute, che avete ascoltato nelle parole di chi mi ha preceduto, non sono solo dettate dall'emotività legata alla genesi senz'altro atipica dell'Ospedale di Scilla.
Dubbi e delusione derivano in buona parte dalla lettura degli atti ufficiali che hanno portato, di fatto, allo svuotamento dello “Scillesi d'America”. Cercherò in breve di ripercorrerli, per capire perché siamo arrivati a questo punto.
I CONTI INESISTENTIObiettivo del Piano Sanitario è la riorganizzazione della rete ospedaliera in maniera tale da riportare in pareggio i conti, vale a dire quei bilanci delle Aziende ospedaliere calabresi che, in molti casi, si sono rivelati essere inesistenti!
Fino a oggi, non è stato ancora possibile ricostruire i bilanci delle nostre ASP perché mancano i documenti che comprovino le spese (in molti casi abnormi e sproporzionate) affrontate in questi anni!
A certificarlo sono gli atti della Commissione parlamentare sugli errori e disavanzi sanitari, peraltro confermati dalla stessa ASP di Reggio Calabria -per quanto riguarda la nostra provincia.
E' una cosa vergognosa! E' come se un buon padre di famiglia non avesse controllato un estratto conto per verificare la disponibilità o meno delle risorse necessarie a sostenere quelle spese; è come se una buona madre di famiglia non avesse controllato lo scontrino dopo aver fatto la spesa al supermercato.
Chi di voi persone di buonsenso, non lo fa? Bene, coloro che hanno gestito le Aziende ospedaliere e coloro che avevano la responsabilità politica per controllarli, almeno nell'ultimo decennio non l'hanno fatto!
I NUMERI
Ironia della sorte, il dimensionamento della nuova rete ospedaliera parte da un numero.
Chi dei numeri si è fatto beffa, oggi si fa beffa dei cittadini nascondendosi dietro un numero: i posti-letto/1000 abitanti.
Nella prima stesura del Piano, erano 4/1000; nella versione successiva sono stati ridotti a 3,2/1000. Un taglio del 20% giustificato dal fatto che già il 15% dei calabresi va a curarsi fuori Regione. E' un dato consolidato negli ultimi anni e prendiamo atto amaramente che non si ha nessuna intenzione di farlo diminuire. Non si vuole che i calabresi si curino in Calabria. Siamo condannati a emigrare anche per guarire!
Il parametro -stabilito, è vero, dalla legge nazionale- è poco più di un coefficiente di scala, non tiene conto di come questi 1000 abitanti sono distribuiti sul territorio.
Se andiamo a verificare le previsioni secondo la densità di popolazione (cioè quante persone ci stanno su un km quadrato di territorio), per la provincia di Reggio Calabria l'offerta di posti-letto era inferiore del 31% secondo la prima stesura del Piano, ed è diventata perciò di poco più del 37% a seguito dell'ulteriore taglio nella seconda stesura. Per come è distribuita la popolazione nella nostra provincia, su 100 posti-letto necessari ne mancano 37.
LA PROPRIETA' -UN NODO DA SCIOGLIERE
In questo quadro si inserisce il destino dell'Ospedale di Scilla. Destino che è legato in primo luogo a un aspetto finora non affrontato: la sua proprietà.
La prima costruzione fu realizzata su un suolo che il Comune di Scilla donò al “Comitato pro-erigendo Ospedale” nel 1952. Tale parte di suolo e la struttura che vi è stata edificata sopra risultano ancora oggi di proprietà del suddetto Comitato.
L'area sulla quale sorge il nosocomio -successivamente ampliato- e quella di sua pertinenza, è stata quindi individuata negli strumenti urbanistici, dal 1979 fino a ora, come area destinata ad attrezzature ed impianti di interesse generale, ma l'esproprio, pur se previsto sulla carta, ancora oggi non risulta concretizzato, per via di un contenzioso legale tra il Comune e alcuni dei proprietari dei terreni espropriati.
Nel 1992, lo Stato ha riordinato la disciplina in materia sanitaria e la Regione, proceduto al censimento di tutto il patrimonio immobiliare delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere, nel 2005 decretò il trasferimento all'ex ASL 11 di Reggio del fabbricato sede dello “Scillesi d'America”, dando per scontato che lo stesso facesse parte del patrimonio del Comune di Scilla.
Tra i beni acquisiti dall'ASL, vi erano anche: un terreno ubicato a trecento metri di distanza in linea d'aria rispetto all'ospedale e anche un tratto dell'attuale via Tripi!
Lo scorso 9 maggio finalmente, il Commissario Straordinario dell'Azienda reggina si accorge che nelle carte c'è qualcosa che non quadra (vivaddio!) e invia una nota al dipartimento regionale, chiedendo la revoca del decreto di rettifica poiché «la procedura espropriativa avviata per l'acquisizione delle aree interessate alle opere non si è mai conclusa formalmente con l'emissione dell'atto definitivo d'esproprio» e dichiarando che «solo per mero errore materiale si è data comunicazione della titolarità dei suoli citati rispetto ai quali, ad oggi, alcuna proprietà può essere trasferita all'Asp di Reggio Calabria».
Il decreto di revoca dei precedenti atti che avevano disposto l'acquisizione dello “Scillesi d'America” all'ASP reggina è stato pubblicato lo scorso 16 Settembre -cioé il giorno prima della visita a Scilla del Governatore Scopelliti.
Eppure, di questo la Regione sembra essersene dimenticata.
Infatti, nel Decreto con il quale Scilla viene individuato come sito per la realizzazione delle Case della Salute presso il C.A.P.T. che dovrebbe essere istituito entro la fine del mese, la Regione presuppone di essere proprietaria dello “Scillesi d'America”, smentendo perciò se stessa!
S'impone dunque una soluzione della “questione proprietà” che è di primaria importanza, in quanto la sua mancata precisa definizione potrebbe comportare l'illegittimità di tutti i provvedimenti attuativi previsti dal piano sanitario che riguardano l’ospedale di Scilla.
IL DESTINO DELL'OSPEDALE DI SCILLA
Dal Piano Sanitario Regionale del 2004 fino a oggi, per lo “Scillesi d'America” sono stati previsti sei cambi di denominazione -seppur con funzioni a volte similari- in sette anni. Insomma, quello che i nostri concittadini che negli anni '50 iniziarono a costruire lo “Scillesi d'America” avrebbero definito un continuo “spugghiari 'a cresia e vistiri 'a sacristia”
Ma questo “spugghiari e vistiri” è indice di una sola cosa: la sostanziale incapacità a decidere, una volta per tutte, del destino del nostro ospedale.
Non un'incapacità materiale o intellettuale ma bensì dettata, in primo luogo, dalla mal celata consapevolezza degli organi decisionali che il Piano potrà pure rispettare i parametri di Legge, ma di fatto, lascia scoperta di servizi essenziali un'intera fascia di territorio con più di 50.000 abitanti.
Vi è perciò l'indifferibile necessità di trovare una soluzione a questo deficit di offerta sanitaria. Quale?
In una recente sentenza del TAR di Reggio Calabria (n. 24/2012 del 11.01.2012), con la quale è stata annullata la soppressione di cinque postazioni di guardia medica nella Piana di Gioia Tauro, i giudici scrivono: <<La razionalizzazione del servizio di continuità assistenziale non può, evidentemente, passare solo attraverso un calcolo numerico ...ma... attraverso un’attenta valutazione, da parte della Regione, oltre che delle ragioni di spesa pubblica, delle caratteristiche orogeografiche, abitative e organizzative del territorio.>>
Se questo principio è stato riconosciuto valido per le guardie mediche, la logica vorrebbe che esso valga, a maggior ragione, per le strutture ospedaliere. E alcuni atti posti in essere dal governatore Scopelliti vanno -sia pur indirettamente- in questa direzione.
Mi riferisco in particolare al Decreto (n. 105/2011) che ha permesso di mantenere il Presidio Ospedaliero "Santa Barbara" di Rogliano nell'Azienda Ospedaliera di Cosenza, compresi il numero dei posti letto normalizzati (51) e il personale in esso operante.
Il provvedimento, secondo quanto dichiarato dal governatore Scopelliti agli organi di stampa, è <<l’unico atto esistente in tema di accorpamenti di strutture ospedaliere >> e che perciò è da escludere l'esistenza di <<una chiara volontà rivolta a penalizzare la sanità cosentina a vantaggio di altre realtà come quella di Reggio Calabria>> .
E' chiaro che Scopelliti ha fatto una scelta politica e la giustificazione di questa scelta è stata quella di aver voluto evitare di essere accusato di campanilismo dai cosentini.
Vorrei dire al governatore che nel campo della sanità non possono e non devono esistere campanili: la vita di un malato di Rogliano vale tanto quanto quella di un malato di Scilla!
Perché ho voluto richiamare la situazione di Rogliano? Per due motivi: perché, molto simile per ampiezza di territorio e distribuzione di popolazione, come Scilla era stato originariamente riclassificato come 'ospedale territoriale'; perché la Commissione parlamentare sugli errori e disavanzi sanitari, nelle sue conclusioni scrive: «La commissione ha sempre espresso l'orientamento unanime a considerare prioritaria, nell'invarianza dei costi, l'attenzione per la tutela del diritto alla salute dei cittadini, e quindi a finalizzare gli interventi del Piano di rientro, oltre che al doveroso recupero del disavanzo e al contenimento delle spese, anche al migliore utilizzo possibile delle strutture sanitarie esistenti. In questo senso la Commissione prende atto che è stato richiesto di valutare l'effettiva esigenza della chiusura di ospedali quali quelli di Scilla e Rogliano, ...Tale scelta è di esclusiva competenza della Regione Calabria».
Davanti a un organismo terzo, di livello nazionale, che in qualche modo accomuna i destini di realtà simili per caratteristiche territoriali che la stessa giurisprudenza indica come elementi di cui si debba tener conto, oggi Scilla si ritrova con una struttura esistente azzerata nei posti-letto e nelle sue funzioni ospedaliere e declassata a Centro di Assistenza Primaria Territoriale!
Proprio ieri, a Genova, si è svolta la 17/a Giornata della Memoria delle vittime delle mafie e dell'Impegno promossa da Libera.
Lungi da me l'essere catastrofista o il voler fare “terrorismo psicologico”, ma negare l'evidente necessità di continuare a garantire all'Ospedale di Scilla la sua funzione ospedaliera, (sulla falsariga di quanto già fatto per Rogliano), significa correre il rischio concreto di dover contare altre vittime, non della mala ma della malasanità calabrese.
Saremo “costretti” a ricordarli con un'altra giornata della memoria?
Lo scorso settembre, Scopelliti disse «L’ospedale di Scilla diventerà un presidio strategico, sia per i residenti che per i turisti, non appena realizzeremo 16 postazioni specialistiche»
No, governatore. L'Ospedale di Scilla non deve diventarlo, è stato da sempre strategico per il buon funzionamento della sanità reggina e l'ha dimostrato negli anni. Aspettando che le sue promesse diventino realtà, oggi non lo è più.
Un detto scillese dice che, in ogni cosa, “'na generazioni faci, una manteni, 'n'atra sfaci”. I nostri nonni hanno pensato e fatto l'ospedale, i nostri padri -bene o male- l'hanno mantenuto, la nostra generazione corre il serio rischio di essere ricordata come quella che l'ospedale lo ha disfatto!
Da questa giornata vogliamo che nasca l'impegno concreto, affinché sia scongiurato questo pericolo.
Chi è chiamato a valutare l'effettiva esigenza della sua chiusura, sappia che non è per una questione di campanile, ci sono ancora tutte le possibilità tecnico-giuridiche perché ciò non accada.
E sappia che per noi scillesi e per i cittadini del comprensorio che gravita attorno allo “Scillesi d'America” vi è una sola esigenza: che l'ospedale di Scilla resti ospedale!
(intervento alla manifestazione pro ospedale “Scillesi d’America –Scilla, 18 Marzo 2012)
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