Dal 1991 e fino al 18 marzo 2018 erano stati sciolti 293
Consigli comunali per infiltrazioni mafiose, di cui 25 annullati a seguito di
ricorso. Scilla è stato il 294°, il 100° in Calabria,
anche questo un record, non ancora riportato nelle statistiche
ufficiali.
All’indomani del provvedimento con il
quale il Consiglio dei Ministri –su proposta del Ministro dell’Interno- ha
disposto lo scioglimento del Consiglio Comunale cittadino per infiltrazioni
mafiose, il Sindaco uscente esprimeva
l'amarezza per aver dovuto interrompere quel «percorso di legalità che avevamo avviato facendo rimuovere
tutti gli abusivismi presenti».
Subito dopo l’insediamento dei
Commissari, un giornale locale titolava: “La terna commissariale al lavoro.
Priorità al ripristino della legalità”
Ma allora il cittadino
scillese si chiede: la legalità è stata ripristinata o no? E se, sì, la si può
ripristinare nonostante le “riscontrate ingerenze da parte
della criminalità organizzata” ?,
come recita il comunicato ufficiale del Consiglio dei Ministri del 21/03/2018.
Ci sono cose oggettive,
cose, cioè, che chiunque le osservi, le trova così come sono, perché non
dipendono dalla volontà del singolo individuo. Esempio: la bandiera italiana è
rossa, bianca e verde, tutti la vedono con gli stessi colori.
Ci sono cose soggettive, che riguardano, cioè, il soggetto,
che riflettono idee e sentimenti personali, preferenze individuali. Esempio:
c’è a chi piace la parmigiana con l’uovo sodo dentro, c’è a chi piace senza.
Per chi vive in uno Stato di diritto, la
salvaguardia e il rispetto dei diritti e delle libertà dell'uomo sono
assicurate dall’applicazione delle leggi che a tal fine lo Stato si dà.
Il cittadino che vive e si comporta in
maniera conforme alla legge e a quanto da questa è prescritto, vive nella
legalità, cioè nei limiti prescritti o consentiti da quell’ordinamento
giuridico che garantisce i diritti di tutti e di ciascuno.
Il punto è: quei limiti prescritti o
consentiti, sono limiti oggettivi o soggettivi?
Nelle realtà a democrazia matura, i
limiti che contrassegnano la legalità sono oggettivamente riconosciuti dalla
comunità che li adotta.
Nelle realtà in cui chi fa abusi passa
per essere “furbo” e da imitare nella sua “furberia”, quegli stessi limiti
diventano, per così dire, “elastici”. Si spostano di qua o di là, secondo le
convenienze di chi dice di volerla applicare la legalità.
A Scilla, alla luce di quanto si è
verificato, questa voglia di ripristinare la legalità è rimasta una bella
intenzione.
Vero è che si è messo mano ad eliminare
gli abusivismi (in gran parte perché “obbligati” da disposizioni prefettizie
–vedi abusi edilizi- o da disposizioni ministeriali –vedi gli obbrobri
paesaggistici tra Marina Grande e Chianalea, eliminati anche su sollecitazione
di Soprintendenza e Città Metropolitana), e non fatico a credere al Sindaco
uscente, quando afferma di aver ricevuto numerose lettere anonime per questa
sua voglia di legalità.
Si è preferito, però, cominciare a
provare a ripristinare la legalità dalla fine, cioè dal semplice “fare cassa”.
Solo dopo, troppo tardi, si è compreso che dettare le regole andando a marcia
indietro era difficoltoso, pericoloso e controproducente.
Quando guidi a marcia indietro per troppo
tempo, alla fine, come minimo, ti viene il torcicollo.
A mio modesto parere, come già scritto
qualche mese fa, si è pretesa la regolarizzazione –intento lodevole- ma lo si è
fatto in maniera tale da ingenerare confusione e senza dare a coloro che
avrebbero voluto essere in regola –e a Scilla ce ne sono tanti, per fortuna!-
gli strumenti minimi necessari perché ciò accadesse.
Mi riferisco a strumenti regolamentari
essenziali, quali: piano regolatore (che c’è ma è oramai superato quasi del
tutto), piano di spiaggia, regolamento per l’occupazione delle aree pubbliche.
Senza queste regole di base, non puoi pensare di avere una cittadina in ordine,
pur eliminando gli abusi.
Dunque, si è applicata la legge da un
lato, cioè pretendendo la regolarizzazione del cittadino nei confronti
dell’ente locale, ma si è ignorato completamente che per poter chiedere occorre
prima dare, si è ignorato il dovere dell’ente locale verso i cittadini: quello
di fornire strumenti regolamentari chiari, la cui applicazione non generi fraintendimenti.
Questa voglia di legalità “a marcia
indietro”, ha finito col trasformarsi in qualcosa di più grave di un
dolorosissimo torcicollo.
Certo, amministrare non è semplice, le
leggi sono troppe ed è difficile rispettarle tutte. Ma non è una scusante.
Chi è chiamato ad amministrare deve avere
ben chiare le priorità. Ripristinare la legalità a Scilla, è una priorità da
anni. Riprisitinarla con l’ingerenza della criminalità che, stando al
comunicato del governo, è stata accertata e riscontrata (pur se ancora
disconosciamo le motivazioni ufficiali), è impossibile. Semplicemente perché il
concetto di legalità smette di essere principio oggettivo e diviene
esclusivamente soggettivo. Diviene, quindi, una contraddizione in termini.
Insomma, con molta amarezza dobbiamo
riscontrare che Scilla –Repubblica Italiana, la comunità scillese, è una
comunità –come tante in Calabria, ma non è una consolazione- nella quale la
democrazia è ancora immatura, pertanto il concetto di legalità rimane tuttora
un elemento molto soggettivo, perciò estremamente influenzabile da ingerenze
esterne di ogni genere.
Parafrasando il grande Pirandello –che di
meridionali se ne intendeva- si può dire che ancora oggi, anno del Signore
2018, a Scilla per ognuno c’è una legalità, e la legalità vera è quella che gli
altri credono che sia. Insomma, legalità è, se vi pare.
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