Come 230 anni fa, ad accendere la miccia sono stati i francesi, con la rivolta dei gilets gialli. Rivendicano l'attuazione di un programma che un tempo sarebbe stato onore e vanta dei socialisti. Ma dopo la presidenza Holland, costellata da una miriade di attentati terroristici, il Partito Socialista Francese s'è quasi dissolto, risucchiato dalla propria inadeguatezza a difendere i francesi.
Da noi, in Italia, la protesta -non è ancora rivolta sociale- ha come simbolo sempre i gilets, ma arancioni. Evidentemente, noi italiani siamo ancora più arrabbiati dei francesi ma molto meno organizzati e compatti.
In questo tempo di proteste, anche Scilla si è adeguata. Ad alzare la voce sono state le donne e precisamente le mamme degli alunni dell'Istituto Comprensivo "Raffaele Piria", che raggruppa elementari e medie.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza è stata la mancata messa in funzione dei riscaldamenti nel plesso della scuola media per mancanza del gasolio. Così, i ragazzi sono rimasti belli al calduccio delle loro case, prolungando le vacanze natalizie e perdendo giorni di lezione.
Quanto accaduto, mi ha fatto tornare alla mente un episodio di oltre trent'anni fa, all'epoca in cui ero un giovane studente del primo anno dell'I.T.G. "A. Righi", a Reggio.
La scuola è un vecchio convento di suore posto in cima alla ventosa collina del Trabocchetto, poi adattato a edificio scolastico.
Capitò che in pieno inverno restammo anche noi senza riscaldamento nelle aule. Era una buona occasione per scioperare, certo. I primi due giorni ci fu qualche protesta, ma quando ci dissero che la mancanza di gasolio si sarebbe prolungata, abbiamo reagito.
Non abbiamo mandato a scuola le nostre mamme a parlare col Preside, no, all'epoca non si usava, come non si usava ricevere telefonate dalle mamme per sapere come stavamo, se faciva friddu o no.
La nostra è stata una "protesta" estremamente civile, altamente rivoluzionaria: per sopperire al freddo dell'inverno, per dieci giorni sono andato a scuola portando nello zaino, con i libri e i quaderni, nu plaid 'i lana. Sì, insieme ai miei compagni, antesignani degli odierni gilets, eravamo i ragazzi ri plaids 'i lana.
I plaids 'i lana ci aiutarono a stare caldi in quell'inverno particolarmente rigido. Per il resto, avevamo già cappotti o giubbotti e sciarpe e, in più, essendo in classe circa una ventina, in pratica parlando ci scaldavamo a vicenda con il nostro fiato.
Pensavo che è buffo, a tanti anni di distanza, dover assistere ancora a proteste per il mancato riscaldamento delle aule. E' ancora più buffo, se si pensa che l'episodio è accaduto subito dopo Natale, cioè pochi giorni dopo aver festeggiato la nascita di un Bambino venuto al mondo in una grotta, "al freddo e al gelo", scaldato dal fiato di un bue e di un asinello.
Non intendo fare del moralismo né impartire lezioni, mi limito ad osservare che tra il dirsi cristiano e il comportarsi da tale, ce ne passa.
Certo, la Sacra Famiglia aveva sicuramente più pazienza di noi comuni mortali che però, ammettiamolo, qualche comodità in più rispetto a duemila anni fa ce l'abbiamo. E poi, a dirla tutta, non è che viviamo in provincia di Bolzano, con temperature (anche di molto) sottozero.
Non credo che le nostre mamme trent'anni fa fossero più incoscienti rispetto a quelle di oggi. Sono queste ultime, anzi, ad essere molto più apprensive rispetto a chi le ha precedute nel ruolo. Così, ubbidendo al proprio istinto materno o alla voglia di rivolta emulativa dei gilets che sfilano in tv o a chissà quale altro ragionamento (entrare nella testa delle donne è difficile, se non impossibile), le mamme scillesi si sono adeguate ai tempi.
Sono convinto che qualche giorno di freddo sia sopportabile, tutto sommato. E poi, per la scuola, il freddo è un alleato: costringe a stare svegli, a non sprecare energie muovendosi e, quindi, a prestare maggiore attenzione.
Invece, i criatureddhi nostri devono stare belli al caldo, non hannu a pigghiari friddu, non sia mai, 'chì sennò carunu malati! Una volta, varda tu chi fissa chi erimu!, si pensava che il freddo temprasse il corpo.
Non è solo una questione di vaccini o no-vax. La verità è che il solo pensiero a dover rinunciare a tali comodità (il riscaldamento non è un diritto, è una comodità), ci fa perdere di vista cose più importanti: meglio qualche giorno di lezione in più con un plaid sulle gambe, che qualche giorno in più a casa a rincoglionirsi giocando col cellulare o i videogames. Perché? Semplicemente perché nel primo caso c'è qualche probabilità in più che s'impari qualcosa di utile per la propria vita.
p.s.: immagine tratta da https://it.depositphotos.com/27922971/stock-photo-red-plaid.html
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