Ogni 25 Aprile si ripropongono interpretazioni di parte che, da sole, bastano a rendere vana ogni celebrazione di questa data, che è simbolo vivo della nostra libertà.
E' una libertà -come dimostra la lettera che riporto sopra, pubblicata sul proprio profilo twitter dalla giornalista Francesca Mannocchi- conquistata da chi ha fatto una scelta: ragazzi e ragazze, donne e uomini, perfino bambini e bambine. Erano oppressi, perseguitati, uccisi, annientati, da un regime dittatoriale contro il quale dopo venti lunghi anni, hanno trovato la forza e il coraggio necessario per ribellarsi, aiutati in questo scopo dall'intervento militare degli Alleati.
Fu la Resistenza di questi Partigiani -cioè di coloro che scelsero la parte della libertà- a regalarci la nostra Costituzione, il faro che illumina tutti i nostri diritti, che ci richiama ai nostri doveri. Non importa di quale colore fossero questi partigiani: se rossi, bianchi, gialli o verdi. Davvero, non importa. Ciò che importa è che ebbero la capacità di unirsi insieme per combattere un nemico comune: il fascismo e la sua dittatura.
Oggi, dopo quasi ottant'anni, stiamo via via perdendo la voglia di scegliere: non andiamo più a votare, rinunciamo ad esercitare il massimo diritto di scelta che ci è concesso per continuare a sentirci liberi.
Rinunciare a questo diritto ha contribuito a condurci, a Scilla, nelle condizioni in cui ci troviamo: senza rappresentanti democraticamente eletti -per motivi mafiosi per due volte negli ultimi cinque anni; senza quasi più servizi sanitari; con un tessuto economico deficitario sotto molti aspetti (ad esclusione del comparto della ristorazione); con un'offerta turistica varia, diffusa, frutto dell'iniziativa singola, ma del tutto scoordinata e, perciò, priva di forza contrattuale nel rapporto con le istituzioni e con la comunità stessa; senza luoghi di confronto e di dibattito dove proporre idee nuove.
A ben vedere, Scilla vive, anzi sarebbe più appropriato scrivere sopravvive, in uno stato di libertà relativa, condizionata. Ed è uno stato di cose che si registra oramai da tempo e al quale ci siamo quasi assuefatti. E' la cosa più grave quella di essersi quasi disabituati alla democrazia, alla libertà che può darci solo il pieno esercizio dei diritti che ci sono garantiti.
Disabituarsi alla libertà è pericoloso, molto pericoloso. Lo vediamo ovunque nel mondo non vi sia libertà: in tutti i regimi dittatoriali o nelle dittature mascherate, le democrature; in tutti i paesi che sono in guerra.
La disabitudine alla libertà è il peggior torto che possiamo fare a tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita per conquistarla, mantenerla e regalarcela fino ad oggi.
Ecco l'importanza del 25 aprile. Da più parti (non ancora da tutte, purtroppo) si grida: "Viva il 25 aprile!", "Viva la libertà!". Non leggiamoli solo come esclamazioni. "Viva!" non va inteso come grido di giubilo, di gioia. "Viva!" va inteso come voce del verbo "Vivere". Perciò dico: che viva il 25 aprile! Che viva la libertà!
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