La mia generazione è probabilmente l’ultima ad aver sentito parlare e raccontare “ru limuni ‘i Favazzina”.
I giovani di oggi e i bambini scillesi non sanno che in passato ma anche nei tempi moderni, in particolare nel dopoguerra e fino a qualche decennio fa, il nome di Scilla era associato anche al suo famoso limone, coltivato in special modo negli agrumeti posti sul litorale compreso tra Scilla e Favazzina, ma anche al di là del torrente Rustico, nella zona di Praialonga della vicina Bagnara.
Questo tratto di Costa Viola, oltre che dal viola del mare, era infatti caratterizzato dal colore dorato del limone, lo “sfusato” –come viene chiamato in gergo tecnico.
Era un tipo di coltura, quella del limone, che garantiva il mantenimento di una buona economia cittadina, tant’è che il prodotto è stato esportato nei tempi passati anche nel resto d’Italia, non ultima in quella costiera amalfitana che oggi risulta essere rinomata anche per questo tipo di limone.
Se provate a digitare “limone sfusato” su internet, viene infatti fuori che è il limone della costa di Amalfi! Che fosse coltivato e commercializzato da Scilla fin dai tempi remoti, lo sanno in pochissimi.
Eppure, il limone presenta una varietà d’impiego tale (succhi, industria dolciaria, liquori, cosmetici, ecc.) da poter rappresentare davvero una ricchezza, specie in un territorio come il nostro dove l’economia agricola è quasi del tutto scomparsa, fatta eccezione per qualche timido risveglio operato negli ultimi anni, in particolare con la ripresa dei vigneti della Costa Viola, soprattutto nella zona tra Scilla e Bagnara.
E’ per stimolare ancora di più questo risveglio dell’agricoltura –vera ricchezza della nostra regione, insieme al mare- che il Comune di Scilla e la Cooperativa Agricola “Enopolis –Costa Viola” hanno organizzato presso il Municipio di Scilla un convegno per il prossimo venerdi, 25 gennaio alle ore 18:00, durante il quale si discuterà dell’ipotesi di rilancio della coltura “ru limuni ‘i Favazzina”, nella zona tra Scilla e Bagnara.
Le basi di partenza ci sono già tutte:
-la tradizione, che non fosse altro per una dimostrazione di orgoglio nel chiamarci “scigghitani”, dovremmo fare di tutto per mantenere;
-le potenzialità, sicuramente numerose, atteso che i vari agrumeti presenti nel nostro Comune –ma anche altri terreni oggi in stato di abbandono- possono garantire una base produttiva di tutto rispetto e che la nascita di piccole aziende operanti nel settore specifico (che cureranno raccolta, conferimento, lavorazione e commercializzazione del prodotto) favorirebbe la creazione di posti di lavoro;
- la qualità del prodotto, già conosciuta in passatato ma che oggi dovrà essere anche “riconosciuta” direttamente sul mercato, attraverso una seria politica di valorizzazione del marchio, utilizzando quegli strumenti che hanno consentito di fare emergere sul mercato italiano ed europeo anche realtà agricole vicine alla nostra, ma nettamente più piccole in termini di territorio.
Il convegno rappresenta dunque il primo passo di un progetto aperto al pubblico, alle comunità di Scilla e Bagnara Calabra, che già negli anni scorsi hanno dimostrato di saper operare congiuntamente con buoni risultati.
Le basi ci sono tutte, come detto, le possibilità tecniche e gli strumenti operativi sono sicuramente migliori e più numerosi di quelli che avevano a disposizione i nostri nonni. Sta a noi scillesi dimostrare, oggi come già fatto in passato, di essere fieri e orgogliosi di esserlo.
2 commenti:
bella iniziativa. Grazie Nonnu dell'invito nti Favazzinablog. Purtroppo non posso essere presente in quanto risiedo al Nord.
Complimenti per il tuo blog: molto ben fatto.
Ciao
Arcade fire
Lo “Sfusato di Favazzina”
Quando a Favazzina si parla di limoni, senza voler far torto ai giardini che c’erano a Favareca, a quelli nta Villa o a tutti gli altri sparsi nel paese, il pensiero corre immediatamente a Sena e soprattutto a Saperi, le regine dello Sfusato, una varietà del Femminello, il limone tipico della nostra zona, conosciuto in Italia e all’estero, come “Sfusato di Favazzina”.
Definito da alcune fonti “un vero e proprio miracolo della natura” e inserito nelle perle calabresi ossia, il bergamotto, il cedro, la cipolla rossa di Tropea, le clementine di Calabria, il limone “Sfusato di Favazzina”, la liquirizia e il peperoncino.
A Sena e a Samperi era concentrata quasi tutta la produzione del limone e i contadini, dalla metà di settembre fino a maggio, accantonati momentaneamente i lavori in campagna, si dedicavano alla più remunerativa raccolta del limone.
Io, tutti i giorni, prima che iniziassero le scuole, da solo o in compagnia di qualche mio amico, quasi sempre Tonino u Gneddu, (più che altro per una questione di vicinanza), poco prima di mezzogiorno, portavo a “spisa” a mio padre e, invece di tornare subito a casa, mi fermavo volentieri ad osservarlo, mentre insieme agli altri contadini, armato di scala e panaro, coglieva i limoni, i virdeddi che, sebbene non ancora maturi, già ricchi di sugo, una delle principali caratteristiche dello Sfusato di Favazzina.
A me quei limoni verdi parevano tutti uguali e incuriosito, chiedevo a mio padre come facesse a scegliere quelli buoni da cogliere e lui, mettendolo in pratica, mi spiegava che per stabilire la giusta grossezza, nel prendere in mano il limone, il pollice e l’indice non si dovevano toccare, un metodo abbastanza semplice, ma altrettanto efficace.
Gironzolavo poi negli orti alla ricerca di qualcosa che mi potesse interessare, oppure di qualche bastardo, da mangiare poi sulla strada del ritorno. Quando mi capitava di andare a Samperi, rimanevo affascinato dalla grandiosità di quel giardino, il più vasto che vi era a Favazzina, e mi perdevo quasi, a girovagare in quel mare di alberi di limoni e finivo sempre davanti al grande caseggiato che il proprietario, un ingegnere che abitava a Messina, credo un discendente dei Florio, (grandi proprietari terreni originari di Bagnara, creatori della famosa casa di liquori e dell’ancor più famosa corsa automobilistica, la Targa Florio) aveva fatto costruire per la villeggiatura.
Dato il mio continuo andare a Samperi (durava parecchi giorni la raccolta dei limoni) ero diventato amico del figlio, un ragazzo pressappoco della mia età, e quando si trovava con i suoi nella casa, talvolta mi invitava a salire a giocare con lui, oppure, attraverso il ponte che vi era sotto la ferrovia, scendevamo al mare a giocare sulla massicciata proprio a ridosso della spiaggia .
Talvolta anziché giocare ci fermavamo a guardare le donne che, munite di un tronchesino, con una velocità sorprendente, tagliavano i piedi ai limoni. Li mettevano poi nelle ceste e li trasportavano sulla Nazionale, dove vi era il camion pronto, una volta carico, a portarli a stufare.
La stufa era in realtà una camera chiusa ermeticamente, una sorta di camera a gas, dove venivano posti i limoni e del carburo a sciogliersi nell’acqua, il gas che si produceva, l’acetilene, intaccava la buccia facendola diventare gialla, trasformando così i virdeddi in limoni maturi. (u Magu, Peppino F., ne aveva creata una a Favareca, in un vecchio gabbiotto dell’Enel, proprio davanti all’entrata della Snam).
Ricordi ormai lontani che si perdono nel tempo, quando il limone, insieme al vino, erano una delle fonti principali dell’economia favazzinota, il sostentamento per la maggior parte delle famiglie contadine.
Con questo mio scritto era mia intenzione celebrare la magnificenza del nostro limone, la sua eccellenza, ma con l’abbandono ormai di tutti i giardini, sono costretto mio malgrado e con la morte nel cuore, a celebrare la sua scomparsa, la fine del personaggio più illustre del paese lo “Sfusato di Favazzina”.
U scriviu: Spusiddha u iornu: lunedì, febbraio 15, 2010
Posta un commento