Questo significa che sarà molto dura poter governare normalmente, cioè senza il timore di pericolose imboscate che sarebbero senz’altro un dejà vu di cui faremmo volentieri a meno.
Le divisioni la fanno dunque da padrone e nessuno sembra disposto a cedere, facendo un passo verso l’altro. E’ un brutto segnale, che non promette nulla di buono.
I protagonisti della politica nostrana rimangono arroccati ciascuno sulle proprie posizioni, incapaci di dialogare ma capacissimi di continuare ad urlare. E quando si urla, è difficile che chi ascolta riesca a capire.
Se c’è una persona che invece parla sempre in modo chiaro e diretto, senza giri di parole, quella è don Luigi Ciotti. Ieri sera, intervenendo a una trasmissione televisiva durante la quale gli è stato chiesto un commento agli ultimi avvenimenti politici della settimana, don Ciotti ha risposto: l’unico modo per far sì che la politica sia in condizioni di dare risposte serie e concrete alle esigenze dei cittadini (in particolare per quanto riguarda i temi della legalità), è quello di fare leggi giuste. Ma le leggi giuste sono il frutto non certo delle divisioni ma dell’unione di intenti, che si realizza solo e soltanto se si guarda a ciò che ci unisce e non a ciò che ci divide.
Non è un passo semplice da fare, tutt’altro. E’ necessario, dice ancora don Ciotti, un elemento fondamentale: il rinnovamento delle coscienze.
Solo attraverso un serio rinnovamento che parte dal profondo, dalle nostre stesse viscere, potremo sviluppare quel sentimento di solidarietà concreta –che è il marchio di fabbrica di “Libera”, l’associazione fondata da don Ciotti- in grado di sconfiggere le divisioni e l’omertà che contraddistingue la società moderna, specie nel meridione.
Troppo spesso confondiamo, equivochiamo, il significato di solidarietà; più che dimostrarci solidali, ci dimostriamo sodali –diretti, ma spesso anche indiretti- della prepotenza, vittime della paura. Troppo spesso, e troppo facilmente, sconfiniamo nell’omertà.
Come fare allora a distinguere la solidarietà dall’omertà? Per rispondere a questa domanda, credo sia estremamente utile riportare una paginetta tratta da “In alto a sinistra” dello scrittore napoletano Erri De Luca.
Era l’anno scolastico 1966/67 e il Prof. La Magna così parlò ai suoi alunni secondo i ricordi dello scrittore:
<< Sono siciliano. Nella mia terra c’è un costume che vieta di denunciare i colpevoli di reati: si chiama omertà.
L’omertà nasce dal bisogno di difendersi da un regime sociale di spoprusi in cui la giustizia è applicata con parzialità e favoritismi, ma contrappone malauguratamente a questo un altro regime di soprusi: la mafia.
L’omertà è un comportamento radicato in tutta la popolazione quando considera l’intero apparato statale un grande sbirro. La mafia che è nata da questa silenziosa protezione popolare, l’ha trasformata in legge di sangue sicché oggi l’omertà è frutto principale della paura.
Essa non distingue tra chi si ribella a un sopruso e chi agisce da criminale, copre tutti, il povero cristo e il malfattore. L’omertà è diventata cieca ed è al servizio di un’altra prepotenza.>>
Poi continua il Prof. La Magna: <<Lo spirito di solidarietà è invece un sentimento che onora l’uomo. Non è una legge, come l’omertà, sorge di rado. Spunta di colpo tra persone che si trovano in difficoltà, comporta il sacrificio personale, non si nasconde dietro il mucchio formato da tutti gli altri.
La solidarietà è opera preziosa di un’occasione, appena compiuto il suo dovere rompe le righe, lasciando in ognuno la coscienza tranquilla.>>
Queste parole -pronunciate alla vigilia del clamoroso rinnovamento culturale avviato nel ‘68- ci indicano chiaramente qual è la strada per un nuovo rinnovamento altrettanto clamoroso: quello dei costumi del nostro tempo, un cambiamento che non possiamo più rinviare: il rinnovamento delle coscienze.
Rinnovare le coscienze significa dunque far sì che la solidarietà non duri un attimo, non sia leggera, fugace, di facciata, come spesso accade.
Dobbiamo fare in modo che quegli attimi diventino sempre più lunghi: siano minuti, ore, giorni, anni.
Solidarietà significa condivisione di un percorso, di uno stato d'animo, con colui che è in difficoltà, che soffre. E la sofferenza, in genere, non è mai istantanea, non dura mai un attimo.
Dare solidarietà significa vivere i giorni di una vita con la coscienza tranquilla, una vita normale.
Perciò, non bisogna lasciarsi coprire dal malcostume dell'omertà, dalla sua legge cieca che ci rende massa, esseri indistinti.
Non copriamoci, ma scopriamo invece la solidarietà, lasciamoci percorrere da questo sentimento che -come dice De Luca- <<...è come una scarica elettrica, capace di trasformare varie genti in un popolo, molte prudenze in coraggio>>.
E se abbiamo il coraggio di rinnovare le nostre coscienze, allora sì che -come dice don Ciotti- possiamo sognare un orizzonte di normalità.
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