Mi ritrovo con il corpo fra le nuvole, sospeso, tra quelle in basso, scure, che nascondono il Paese che gli scorre sotto e quelle alte, che ogni mattina giocano col sole.
Le guardo, sono isole bianche che galleggiano in un mare di cielo ed è bello saltare da una all’altra, accarezzarle con ali metalliche.
Sono isole disabitate, dalle forme strane e diverse, cesellate dall’immaginazione, prima che dal vento.
Ed è il vento l’unico suono che si ode, il vento è l’unico compagno di viaggio e al vento mi affido, come a un amico d’infanzia, quello che non tradisce.
Fra le nuvole, nella luce del sole, e nonostante la velocità, quei batuffoli bianchi scorrono lentamente. Mi piace la lentezza, ti fa assaporare la vita.
E’ vero ciò che ha scritto uno scrittore napoletano: “Noi meridionali siamo insolenti, perché nella parola stessa il sole è al centro.” Da meridionale, confermo e aggiungo: siamo insolenti, lenti nel sole, e ci piace.
Guardo il cielo fra le nuvole, quasi non mi accorgo delle altre figure che mi stanno accanto: non hanno nome per me, né conosco cosa fanno o quale sia il motivo per il quale si ritrovano insieme a me, a condividere il mio stesso spazio in questo stesso tempo. Saranno medici, avvocati, casalinghe, studenti…non c’è differenza, tra le nuvole siamo tutti uguali. Fra le nuvole si realizza l’uguaglianza: non ci sono forti o deboli, superiorità o inferiorità, furbi o stupidi, ricchi o poveri, i meglio o i peggio. Fra le nuvole siamo tutti uguali, perché fragili di fronte a qualcosa che è molto più grande di noi: è fra le nuvole l’anticamera del Paradiso.
Non dura a lungo, come tutte le cose belle.
Dapprima le intravedo, poi si fanno via via più vicine, diventano più nitide: sono le strade, modellate poche volte in armonia, più spesso in sfregio al profilo della Natura.
Rivedo i percorsi lungo i quali si intrecciano gli scambi, i destini degli uomini, che da qui sono soltanto piccole formiche impazzite.
Riprendo contatto con la realtà: il posto dove riscopro l’inferiorità accettata ed ammessa; il posto in cui “nessuna abilità in qualcosa…” potrà correggere “…la notizia di scarsità che ho di me stesso”. La realtà, il posto dove niente è come sembra, dove l’evidenza è un errore, dove tutto ha un doppio fondo,un’ombra. Il posto dove, nel cuore, ho confuso la luna con il sole.
Non sono fatto per intrecciare il mio destino con quello di nessun altro a fianco del quale non mi sia ritrovato fin dalla nascita, perché inadeguato per legge di Natura, quella che regola l’evoluzione della specie umana.
Ma mi ritrovo qui, in questo posto, e per liberarmene, per liberarmi dalla mia inadeguatezza, pur con i piedi saldi a terra, preferisco stare con la testa fra le nuvole, dove sono uguale agli altri, dove il giorno è giorno e la notte è notte, dove il sole è sole e la luna è luna. Fra le nuvole, dove non ci sono intrecci, non c’è possibilità di confusione.