Ci sono circostanze davanti alle
quali non si può rimanere in silenzio.
Stavolta, mi riferisco alla Delibera
adottata dalla Commissione Straordinaria lo scorso 1 Agosto, con la quale è
stato decisa l’immediata restituzione, da parte della Polisportiva San Filippo
Neri, del campo sportivo comunale.
Nel novembre del 2010, con apposita
convenzione, l’Associazione Polisportiva Dilettantistica “Oratorio San
Filippo Neri” –Circolo Parrocchiale di Scilla, aveva ricevuto in comodato d’uso
gratuito la maggiore struttura sportiva cittadina.
L’intento, ovviamente, era ed è
stato in tutti questi anni- di coinvolgere i tanti bambini e giovani scillesi
nella pratica dell’attività sportiva. Naturalmente, credo che a nessuno sfugga
l’utilità sociale che un’attività sportiva svolga all’interno di una comunità,
pertanto non mi soffermerò più di tanto in merito.
Una cosa, però, mi tocca dirla: nel 1984 entrai a far parte di una piccola
società calcistica, l’”A.S. Scilla Calcio”, costituita da un gruppo di giovani
poiché, all’epoca, oltre la Scillese –squadra militante in seconda categoria-
non esisteva una società sportiva che si prendesse cura di bambini e giovani.
Gli stessi fondatori, tra l’altro, erano loro stessi il frutto di un’attività
calcistica giovanile, svolta a metà degli anni ‘70. A dieci anni di distanza,
dunque, loro riproposero lo stesso modello di educazione sportiva e non solo.
Due anni più tardi, nel 1986, l’”A.S. Scilla Calcio” partecipò a un torneo
calcistico giovanile a livello nazionale che si svolse a Torino, riscuotendo
unanime apprezzamento e simpatia e permettendo a uno dei giovani componenti
della squadra, di essere selezionato per entrare a far parte di una società di
serie A. Quel ragazzo divenne calciatore professionista e oggi fa ancora
l’allenatore. Se uno solo riuscì a coronare il sogno di diventare calciatore,
tutti riuscimmo a divertirci e a vivere quell’esperienza con un entusiasmo e
una serietà che viene ricordata ancora oggi, a distanza di oltre trent’anni.
Sì, perché quella trasferta, quell’esperienza è rimasta unica, mai replicata da
parte di altre società calcistiche scillesi.
Le motivazioni poste alla base della decisione dei Commissari,
sostanzialmente, consistono nel mancato riscontro “agli articolati adempimenti”
cui la Polisportiva era chiamata dalla convenzione stipulata e segnatamente
nella mancata esecuzione di opere di ristrutturazione (in gran parte eseguite
due anni fa dal Comune con finanziamenti pubblici), nel mancato pagamento della
TARI per l’anno 2017 e, infine, nell’asserita mancanza di riscontro degli
investimenti sostenuti dalla Polisportiva (in cambio dei quali era stata
attuata una franchigia di cinque anni, fino al 2015, sul pagamento delle tasse
relative alla TARI e alla fornitura idrica). Tali inadempienze, a norma della
convenzione, giustificano la restituzione dell’impianto sportivo al Comune.
Non entro nel merito della questione
legale, anche se –oltre alla preliminare questione della titolarità del campo
sportivo (tuttora irrisolta), sulla quale si potrebbe scrivere un romanzo che
non ha ancora una fine- leggendo la convenzione, quel che salta all’occhio è
che quanto previsto nel contratto stipulato, va ben oltre il semplice comodato
d’uso comunemente inteso e definito dalle norme vigenti.
La domanda che mi pongo è: pur in
presenza delle contestate inadempienze, davvero non c’era un’altra soluzione,
che consentisse di salvaguardare lo svolgimento dell’attività sportiva?
La verità è che le vicende inerenti
l’impianto sportivo comunale erano state attenzionate dalla Commissione
d’indagine prefettizia, tanto che nella relazione del Prefetto di Reggio
Calabria allegata al D.P.R. che ha disposto lo scioglimento del consiglio
comunale cittadino ed ha nominato i componenti della Commissione Straordinaria,
era scritto:
«Per quanto concerne la gestione
degli impianti sportivi e' da evidenziare che il campo da calcio, nonostante
sia in uso, non appare dotato dei nulla osta e delle autorizzazioni previste
dalla legge.»
Ancora più esplicitamente, nella
relazione del Ministro dell’Interno allegata allo stesso D.P.R. è evidenziato:
«…è
altresi' significativa la circostanza che il locale campo di calcio e'
stato concesso in
comodato d'uso -in assenza della necessaria
certificazione di agibilita'
prescritta dall'art. 80 T.U.L.P.S. - ad un'associazione
dilettantistica, mentre di fatto e'
gestito da altra associazione sportiva che annovera tra i suoi amministratori
soggetti che, per frequentazioni
e/o parentele, sono affiliati o
riconducibili alla locale criminalita' organizzata.»
Ora, nei
confronti dei soggetti cui si riferisce la relazione non risulta siano stati
presi provvedimenti. Nulla mi risulta, finora, essere stato fatto per ottenere
la certificazione di agibilità dell’impianto sportivo, dopo oltre trent’anni.
Per risolvere il problema, si è finito col vietare l’utilizzo della struttura
alla Polisportiva, contestandole le semplici inadempienze di cui sopra.
Davanti a
questa vicenda, mi torna in mente un detto nostrano: pi ‘n piccaturi, si
perdi ‘na navi. Per colpa di uno o,
comunque, pochi “peccatori”, peraltro identificabili e già identificati dalle
autorità e, quindi, isolabili dal contesto in cui operavano, si è finito col
perdere la nave che, invece, era lo strumento che poteva contribuire a salvare
molti giovani scillesi, instradandoli verso sentieri certamente lontani dal
mondo criminale e dal “fascino” che esso possa esercitare sulle menti e le
personalità di bambini ed adolescenti. Sì, perché per la presenza di uno o più
soggetti riguardo ai quali emergono elementi che li fanno ricondurre alla
criminalità organizzata, si è finito col criminalizzare un’intera associazione,
peraltro riconducibile alla Parrocchia. Invece di togliere le mele marce, si è
preferito tagliare l’intero albero. Insomma, con l’acqua sporca, si è buttato
pure il bambino, o meglio, i bambini e i giovani che usufruivano dell’opera di
un’associazione retta essenzialmente sul volontariato.
Viviamo in
un tempo in cui ogni giorno sentiamo parlare di navi che salvano clandestini,
quindi soggetti non regolari dal punto di vista burocratico-amministrativo, ma
pur sempre esseri umani, che hanno come loro primo diritto quello di vivere.
A Scilla
l’applicazione cieca delle norme ha portato alla perdita di una
nave –quella della Polisportiva- la cui funzione educativa era per molti
versi fondamentale e insostituibile ma, soprattutto, alla perdita dei
“clandestini” –bambini e giovani- che ne avevano fatto il loro rifugio
sociale. Da questo punto di vista, la Commissione Straordinaria, ha dimostrato
di essere lontana dalla realtà in cui si trova ad operare.
Che il campo
sportivo fosse privo dell’agibilità, l’avrebbe dovuto sapere il Comune prima di
concedere la struttura in comodato. In ogni caso, si tratta di adempimenti
burocratici non certo impossibili e che possono essere eseguiti in tempi
ragionevolmente limitati. Inoltre, in attesa di ottenere l’agibilità, si
sarebbe comunque potuto consentire alla Polisportiva di continuare ad
utilizzare la struttura per gli allenamenti, considerando che i campionati cui
partecipavano i ragazzi inizieranno non prima del prossimo ottobre. C’era tutto
il tempo –da agosto fino a ottobre- di risolvere il problema “agibilità”.
Le inadempienze contestate, poi, sono tutte regolarizzabili con poco:
- rateizzare
il pagamento di un anno di TARI non è impresa impossibile, tanto che viene
fatto con tanti cittadini morosi;
- concedere
un termine entro cui dimostrare, carte alla mano, che di investimenti per
garantire le migliori condizioni di svolgimento della propria attività sociale,
la Polisportiva ne ha fatti certamente. Bastava che i Commissari –che sono
arrivati a fine marzo scorso- fossero saliti a dare un’occhiata durante gli
allenamenti dei ragazzi;
- riguardo
alla mancata ristrutturazione dell’impianto sportivo, basta ricordarsi com’era
diventato il campo otto anni fa e come, invece, si presenta adesso.
Insomma,
c’erano tutte le condizioni per trovare ed attuare una soluzione indolore al
problema.
E’ vero, la
legge che regola la loro presenza nelle istituzioni locali è una legge
preventiva, il cui scopo è quello di evitare condizionamenti mafiosi; è vero, i
Commissari agiscono sulla base della particolare “agenda” dettata loro dal
Ministero dell’Interno. E’ altrettanto vero, però, che dietro quei “punti
d’agenda” ci sono persone, c’è una comunità intera che non può essere
danneggiata oltre che dalla presenza di organizzazioni mafiose, anche da quella
Legge che, invece, da quelle organizzazioni avrebbe dovuto difenderla. E' amaro
dirlo, ma da decisioni come questa, Scilla si ritrova oggi ulteriormente
danneggiata. Le conseguenze che ciò provoca possono essere dirompenti e il
pericolo reale, specie se valutato nel lungo periodo, è quello di finire con lo stravolgere completamente
la corretta percezione dell’amministrazione pubblica da parte dei cittadini.
Dio ce ne scampi.