Basta
poco, anche solo una scintilla, per cambiare la propria vita. La
scintilla di Rahaf è stata il viaggio della sua famiglia dall'Arabia
Saudita al Kuwait. Da lì, il suo coraggio e la sua voglia di libertà
le hanno consentito di eludere la sorveglianza della sua famiglia,
giusto in tempo per salire a bordo di un aereo per la Thailandia. Era
la sua prima tappa verso il futuro.
«Mi
chiamo Rahaf Mohammed, e pubblicherò il mio nome per intero sul
profilo [di Twitter -n.d.r.] se la mia famiglia, l'Ambasciata
Saudita, e l'uomo dell'Ambasciata Kuwaitiana non smetteranno di darmi
la caccia. Ho 20 anni e posso vivere da sola, libera, indipendente da
chiunque non abbia rispettato la mia dignità e non mi abbia
rispettato come donna».
Lo ha fatto mentre era chiusa in una stanza di albergo dell'aeroporto di Bangkok, dove era stata bloccata dalle autorità kuwaitiane allertate dalla famiglia della giovane, la cui maggior paura era quella di essere consegnata prima alle autorità del suo Paese e poi alla sua famiglia, il che avrebbe significato -con molla probabilità- punizioni corporali o, peggio ancora, la sua morte.
Ma Rahaf è stata più forte della paura. In aeroporto le hanno sequestrato il passaporto ma non hanno pensato al suo telefono cellulare. E' stato grazie al suo cellulare che Rahaf ha posto le basi della sua libertà. Ha attivato l'account twitter e ha cominciato a chiedere aiuto al mondo.
Questo suo grido di richiesta di libertà è stato raccolto da Mona Eltahawy -femminista radicale, come si autodefinisce sul suo profilo twitter- giornalista egiziano-americana, attivista molto nota negli Stati Uniti, per la sue campagne quotidiane in difesa dei diritti delle donne e, per questo, altrettanto osteggiata da non poca parte del mondo arabo (i più "gentili" la definiscono la pornostar dai capelli rossi) . Mona Eltahawy ha tradotto in inglese e rilanciato il grido di aiuto di Rahaf.
A supportare la giovane ribelle, è stata anche Sophie McNeill, reporter ed ex corrispondente dal Medio Oriente per la ABC australiana. E' stata lei ad assisterla e incoraggiarla materialmente in quella stanza d'albergo.
Era il 5 gennaio scorso quando tutto ha avuto inizio, ma in Italia il clamoroso gesto di ribellione della giovane Rahaf non ha trovato risonanza sui media, occupati a stordirci con la propaganda del governo giallo-verde, di un ministro che cambia felpe come cambiava divise Mussolini, e di ministri pronti a mettersi in posa per accogliere un terrorista pluriomicida certificato, divenuto una sorta di star.
Rahaf ha fatto appello al Canada, all'Australia e a tutti i governi democratici occidentali. Due giorni dopo, visto il grande coinvolgimento creatosi attorno a questa ragazza, in suo aiuto è intervenuto l'ufficio thailandese dell'UNHCR -il Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (ogni tanto funzionano!)- guidato da Giuseppe de Vincentiis.
In un primo momento la sua richiesta era stata presa in esame dalle autorità australiane, che però ritardavano a decidere. Così, tre giorni più tardi è stato il Canada, il Paese dell'acero, a decidere in pochissime ore di accogliere la giovane Rahaf, la quale è atterrata a Toronto l'11 gennaio, dove è stata accolta -con il mazzo di rose che vedeve nella foto in alto- da Tarek Fatah, scrittore ed editorialista del quotidiano “The Toronto Sun”.
Lo stesso giornalista, il 13 gennaio ha promosso una raccolta fondi, che in pochissime ore ha raccolto 10.273 $ canadesi (poco più di € 6.800). Ha scritto Tarek Fatah:
«Rahaf
Al Qanun ha fatto scalpore per essere l'adolescente coraggiosa e
senza paura che si è barricata in una stanza d'albergo in Thailandia
e si è rifiutata di tornare in aereo in Arabia Saudita. Sfidando la
sua famiglia, il suo governo e TUTTE le probabilità contro di lei,
Rahaf è sbarcata sana e salva in Canada. La sua nuova famiglia
canadese (Ensaf Haider, Tarek Fatah e Yasmine Mohammed) vuole avviare
un fondo per lei. Iniziare una nuova vita senza niente, tranne i
vestiti che ha addosso sarà scoraggiante per questa ragazza di 18
anni, soprattutto perché non è abituata ai rigidi inverni canadesi
(o al prezzo di un cappotto e stivali!).
Se
avete fatto il tifo per Rahaf nella sua ricerca della libertà e
volete continuare a sostenerla, per favore contribuite a questa
campagna.
Questa intera saga ci
ha mostrato tutta la capacità di recupero dello spirito umano. Rahaf
è un'eroina e un esempio per tanti che desiderano essere nei suoi
panni ... e se non fosse per il vostro sostegno, avrebbe potuto
farcela.La vicenda ha avuto il suo lieto fine, Rahaf ce l'ha fatta!
Appena arrivata in Canada ha scritto su Twitter: «Vorrei ringraziare le persone per avermi aiutato a salvare la mia vita. Davvero, non mi ero mai nemmeno sognata tutto questo affetto e questo sostegno. Siete la scintilla che mi ha motivato ad essere una persona migliore.»
Il 15 gennaio, Rahaf ha rilasciato ai media una dichiarazione, nella quale, tra l'altro, afferma:
«Sono
una delle fortunate. So che ci sono donne sfortunate che sono
scomparse dopo aver cercato di fuggire o che non hanno potuto fare
nulla per cambiare la loro realtà. Voglio essere indipendente,
viaggiare, prendere le mie decisioni riguardo l'istruzione, una
carriera, o chi, e quando dovrei sposarmi....
Non
sono stata trattata con rispetto dalla mia famiglia e non mi è stato
concesso di essere me stessa e chi voglio essere. Come sapete, in
Arabia Saudita questa è la situazione per tutte le donne saudite,
eccetto per quelle che sono abbastanza fortunate ad avere genitori
comprensivi. Non possono essere indipendenti e hanno bisogno
dell'approvazione del loro guardiano per tutto. Ogni donna che pensa
di fuggire, o fugge, rischierà di essere perseguitata....
Non
ho potuto dire la mia in nessuna di queste cose. Oggi posso dire con
orgoglio che sono capace di prendere tutte quelle decisioni.
...
Vorrei cominciare a vivere una normale vita privata, proprio come
ogni altra giovane donna che vive in Canada.
...Oggi
e per gli anni a venire, lavorerò a sostegno alla libertà per le
donne nel mondo. La stessa libertà che ho sperimentato dal primo
giorno in cui sono arrivata in Canada.»
La scintilla di Rahaf, quel viaggio in Kuwait, in verità è stata la scintilla che ha fatto esplodere la sua voglia di libertà, l'elemento indispensabile per renderci tutti persone migliori, la sensazione più bella che possiamo sperimentare. Buona vita, Rahaf!
N.B.: foto tratta dal profilo twitter di Rahaf Mohammed https://twitter.com/rahaf84427714?lang=it