Continua a piovere e, salvo poche pause, sono quasi due giorni.
Visto che in giro non c'è anima criata, la meglio è starsene a casa a leggere i giornali, ascoltre la radio o guardare la tv.
Aundi ti giri e ti voti non si parla d'altro che del 'caso Marrazzo'; come nei migliori cruciverba, si sfidano ospiti dei programmi ed esimii opinionisti a trovare le 'sette differenze' con il caso delle escort del Berluspremier.
Silvio da Arcore non si caddìau né si rifriddau dopo il polverone mediatico scatenatosi sulla vicenda. E' rimasto dov'era (e dove sarà fin quando la legge glielo consentirà), perché non sapeva --dice lui-- che mestiere facesse la signora con la quale ha passato la notte e, comunque, non risulta aver pagato per usufruire della compagnia. Perciò --dice sempre il cavaliere-- cos' ho fatto di male?
News, pensieri e parole (non di Battisti) dallo Scigghio calabrese. ‘Chi non vive per servire, non serve per vivere’
25 ottobre 2009
18 ottobre 2009
NON C'E' NENTI!
Non c'è nenti!
Quante volte l'abbiamo esclamato noi calabresi.
A dispetto di tutte le analisi sociologiche fatte e ripetute più volte in questi ultimi anni, rimane comunque difficile dare una risposta al perché di questo vero e proprio congenito stato d'animo nostrano.
Tanto è connaturato nel nostro DNA che il 'Non c'è nenti!' ha infettato anche chi dalla Calabria è lontano centinaia di chilometri e magari ci torna solo occasionalmente. L'ultima prova ce l'ha fornita la vicenda di Antonello Venditti.
03 ottobre 2009
"CASO BRONZI" -PARTE II: CARTA CANTA
Riesplode il "Caso Bronzi". Dopo aver illustrato nella prima parte le magagne alle quali abbiamo assistito e i possibili scenari futuri, ripercorriamo la vicenda della "clonazione" dei due guerrieri ritrovati a Riace, sulla base delle carte ufficiali.
Fate altra scorta di camomilla.
AVVERTENZA:
In blu: testo tratto dalla sentenza TAR Reggio Calabria n° 1285/2003
In rosso: testo dellaGiunta Regionale della Regione Calabria del 10 giugno 2002 n. 507 citato nella sentenza del TAR
In verde: testo tratto dalla sentenza Consiglio di Stato n° 4779/2009.
a) la delibera della Giunta Regionale della Regione Calabria del 10 giugno 2002 n. 507, non pubblicata sul Bollettino della Regione, avente ad oggetto “Riproduzione Bronzi di Riace”;
b) la Convenzione stipulata in data 17 luglio 1998 tra il Ministero per i Beni culturali e ambientali e la Regione Calabria;
c) gli atti precedenti, presupposti, consequenziali e comunque connessi a quelli indicati nelle precedenti lettere, quali la delibera della Giunta Regionale n. 6335 del 15 dicembre 1997, con cui si disponeva l’impegno della somma di un miliardo di lire per la riproduzione dei Bronzi di Riace, e la convenzione di attuazione della deliberazione n. 507/02.
Il TAR reggino spiega:
"Con la deliberazione n. 507 del 10 giugno 2002 la Giunta regionale calabrese, richiamata la convezione stipulata nel luglio 1998 con il Ministero per i Beni culturali ed ambientali, avente ad oggetto la riproduzione di una copia in bronzo, in scala 1:1, dei Bronzi di Riace, e confermata l’opportunità... di riprodurre i Bronzi di Riace “anche in relazione alla necessità di rafforzare e qualificare ulteriormente le iniziative promopubblicitarie intraprese dalla Regione per ‘modificare’ e rilanciare nel mondo la sua immagine con positive ricadute in termini di valorizzazione delle proprie risorse non solo turistico-ambientali e culturali” approvava lo schema di convenzione intercorso con l’Istituto centrale per il Restauro, al quale veniva affidata direttamente l’attività di riproduzione.
....Dal complesso delle .... norme si ricava ....che l’attività di valorizzazione dei beni culturali, di cui la riproduzione genericamente intesa costituisce uno dei possibili aspetti, deve essere frutto di un intervento programmato e coordinato che deve vedere coinvolti, unitamente allo Stato, tutti gli enti locali, oltre che eventuali altri soggetti pubblici e privati interessati.
...Il provvedimento ...col quale la Regione Calabria, in attuazione di una convenzione del 17 luglio 1998 con il Ministero per i beni culturali, anch’essa impugnata, autonomamente valuta l’opportunità di riprodurre i Bronzi di Riace, in atto allocati nel museo di Reggio Calabria, in un ottica di valorizzazione delle proprie risorse, al di fuori di un programma generale e preventivo opportunamente istruito e senza il coinvolgimento degli altri soggetti interessati, quali in primo luogo il Comune e la Provincia di Reggio Calabria, è certamente illegittimo (o, addirittura, nullo come sancito dall’art. 135 t.u.).
Tale impostazione trova ulteriore conferma nel nuovo Titolo V della Costituzione, che 1) affida alla Stato una potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dei beni culturali (art. 117, II co., lett. s); 2) pone, invece, la materia della valorizzazione dei beni culturali tra quelle di legislazione concorrente (art. 117, III co.)
...Né tale logica risulta incrinata dalla circostanza che le opere da riprodurre siano beni di proprietà dello Stato.
...è evidente che la deliberazione n. 507/02, ... poteva esplicare i suoi effetti solo se e in quanto la riproduzione fosse stata realizzata proprio in bronzo.
....ne consegue che la riproduzione voluta dalla Regione consiste in una vera e propria “clonazione” di un’opera d’arte, che è certamente un quid pluris rispetto alla mera riproduzione, nel cui ambito rientrano anche le fotografie, i disegni, le sculture in scala ridotta e così via, le quali si differenziano evidentemente dalla “clonazione” per la loro assoluta inidoneità ad intaccare i caratteri di unicità ed originalità delle opere d’arte.
...La convenzione ...già prevede che la “clonazione” avvenga al fine di poter esporre le copie in mostre e manifestazioni culturali e promozionali in genere, in Italia e all’estero, con la specificazione...che la proprietà della copie resta alla Regione."
Il TAR formula quindi alcuni rilievi oggettivi riguardo alla delibera della Regione:
"...L’operazione così congegnata diviene, infatti, direttamente ed immediatamente lesiva degli interessi, in primo luogo turistici, di cui sono portatrici le comunità locali reggine, in violazione delle norme sopra ricordate.
...La decisione di clonare i Bronzi, ... non è affatto concepita in funzione della loro tutela (controllo dello stato di conservazione, individuazione degli opportuni interventi di restauro) e non nasce da esigenze di ricerca, le quali sole avrebbero, peraltro, giustificato il coinvolgimento diretto dell’Istituto centrale di Restauro.
La deliberazione regionale, con le convenzioni allegate, correla, invece, la riproduzione dei Bronzi solo “alla necessità di rafforzare e qualificare le iniziative promopubblicitarie intraprese dalla Regione” (ma qui non specificate) al fine di “modificare e rilanciare nel mondo la sua immagine”.
Per tale motivo essa si presenta viziata da eccesso di potere per manifesta contraddittorietà e illogicità.
....La clonazione di capolavori...isolatamente considerata, non è certamente consona all’obiettivo di valorizzare, attraverso il bene culturale, l’intero territorio; obiettivo rispetto al quale appaiono funzionali eventualmente altre tecniche di riproduzione, che incrementano la diffusione della conoscenza dell’opera d’arte, stimolano l’interesse a vedere il capolavoro riprodotto, ma non intaccano, anzi piuttosto esaltano, l’unicum dell’opera d’arte."
Il TAR conclude, aggiungendo che la delibera del 2002 e le convenzioni "...si incentrano, invece, proprio sull’utilizzo della copia a scopi promozionali e di divulgazione dell’immagine della Calabria, non reputandolo per nulla un fatto indipendente e svincolato dalla riproduzione delle statue, come invece asserito nelle surrichiamate controdeduzioni, ma anzi la ragione fondamentale dell’operazione stessa."
Arriviamo quindi alla decisione del 17.4.2009, con la quale il CONSIGLIO DI STATO -SEZ. 6, con la SENTENZA N. 4779/2009 (depositata il 30.7.2009), accoglie il ricorso di: Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza archeologica della Calabria, Istituto centrale per il restauro, e Ministero dell’istruzione dell’università e annulla la sentenza emessa dal TAR di Reggio Calabria.
Scrivono i giudici del massimo organo di giustizia amministrativa:
"...Appare opportuno distinguere tra l’attività di valorizzazione del bene culturale e l’attività di tutela.
Mentre la valorizzazione, come correttamente rileva il primo giudice, deve essere il frutto di un intervento coordinato che veda coinvolti tutti i soggetti pubblici interessati, l’attività di tutela rappresenta prerogativa esclusiva dello Stato, in quanto soggetto proprietario del bene, che è quindi responsabile primario della sua conservazione.
Tale distinzione trae, del resto, fondamento anche nell’art. 117, comma 2, Cost., che, appunto, riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’attività di tutela dei beni culturali, demandando, invece, alla competenza concorrente Stato-Regione, l’attività di valorizzazione".
E aggiungono:
"....La finalità di tutela emerge chiaramente, oltre che dalle caratteristiche intrinseche dell’intervento, da quanto è esplicitamente dichiarato, a giustificazione dell’iniziativa, sia nella nota ministeriale del 5.11.2003, prot. n. 22771 (in cui si legge appunto “si era ritenuta opportuna e conveniente la realizzazione delle copie dei bronzi di Riace a fini di tutela e conservazione, per disporre di una copia in caso di deterioramento degli originali”), sia nella nota dell’Istituto Centrale per il restauro in data 21.5.2003, già valorizzata da questa Sezione in sede cautelare (in cui si fa riferimento alla necessità della copia al fine della salvaguardia del bene ed altresì in considerazione della proprietà pubblica statale dei beni che si vogliono riprodurre a prevalenti fini di salvaguardia e ricerca).
Non si ha, quindi, alcuna “clonazione” di opera d’arte, ma solo una attività di tutela che lo Stato, in qualità di ente proprietario del bene, ha legittimamente posto in essere avvalendosi della collaborazione della Regione Calabria."
Pur non essendo avvocati, ma avendo fatto quel minimo di scuola che ci permette di saper leggere e capire, leggendo tutta questa storia attraverso le "carte ufficiali", appaiono evidenti numerose stranezze.
1. Casualmente (?), la delibera regionale incriminata dalla quale è scaturita la vicenda giudiziaria, non viene pubblicata sul bollettino regionale, così che il suo contenuto rimane noto solo agli "addetti ai lavori" e viene svelato al resto dei cittadini calabresi nelle sue parti più significative solo dopo l'uscita della prima setenza.
2. Mentre il TAR, molto correttamente, fonda tutte le sue considerazioni, in fatto e in diritto, sul contenuto dell'atto deliberativo -vale a dire sull'oggetto della causa, il Consiglio di Stato fa derivare le sue convinzioni non dall'analisi della delibera impugnta ma da due semplici note (una del Ministero e l'altra dell'Istituto Centrale di Restauro) datate maggio e novembre 2003 che però non hanno -a nostro modesto parere- niente a che vedere con la delibera del 2002.
Dette comunicazioni, oltre a essere notevolmente tardive, sono infatti due semplici lettere e non atti amministrativi. Casualmente (?) però, il Consiglio di Stato le promuove a rango di prova "a giustificazione dell'iniziativa".
3. Pur riconoscendo ai giudici reggini di aver correttamente interpretato il dettato costituzionale e le disposizioni legislative riguardanti le competenze esclusive (tutela) o concorrenti (valorizzazione), il Consiglio di Stato sembra voler ignorare completamente il ragionamento del TAR.
In sostanza, il TAR rileva che la delibera fa formalmente riferimento alla riproduzione dei bronzi non in un'ottica della loro tutela materiale -che sarebbe di competenza esclusivamente statale, a prescindere che si tratti di "clonazione" o di semplice "copia" degli originali- ma in un più ampio quadro di iniziative pubblicitarie, finalizzate alla valorizzazione dell'immagine della nostra regione, che deve inevitabilmente essere coinvolta, in tutte le sue componenti istituzionali e civili.
In conclusione: TAR e Consiglio di Stato hanno sostanzialmente condiviso lo stesso impianto giuridico, ma il Consiglio di Stato, sembra non aver letto affatto la delibera regionale!
Non è strano?
P.S.:Chi volesse appprofondire gli aspetti giuridici, può seguire questo link
[Pubblicato su www.malanova.it]
Fate altra scorta di camomilla.
AVVERTENZA:
In blu: testo tratto dalla sentenza TAR Reggio Calabria n° 1285/2003
In rosso: testo dellaGiunta Regionale della Regione Calabria del 10 giugno 2002 n. 507 citato nella sentenza del TAR
In verde: testo tratto dalla sentenza Consiglio di Stato n° 4779/2009.
* * * *
Con la SENTENZA TAR REGGIO CALABRIA N. 1285/2003 del 16.7.2003 (depositata il 10.10.2003), erano state annullate:a) la delibera della Giunta Regionale della Regione Calabria del 10 giugno 2002 n. 507, non pubblicata sul Bollettino della Regione, avente ad oggetto “Riproduzione Bronzi di Riace”;
b) la Convenzione stipulata in data 17 luglio 1998 tra il Ministero per i Beni culturali e ambientali e la Regione Calabria;
c) gli atti precedenti, presupposti, consequenziali e comunque connessi a quelli indicati nelle precedenti lettere, quali la delibera della Giunta Regionale n. 6335 del 15 dicembre 1997, con cui si disponeva l’impegno della somma di un miliardo di lire per la riproduzione dei Bronzi di Riace, e la convenzione di attuazione della deliberazione n. 507/02.
Il TAR reggino spiega:
"Con la deliberazione n. 507 del 10 giugno 2002 la Giunta regionale calabrese, richiamata la convezione stipulata nel luglio 1998 con il Ministero per i Beni culturali ed ambientali, avente ad oggetto la riproduzione di una copia in bronzo, in scala 1:1, dei Bronzi di Riace, e confermata l’opportunità... di riprodurre i Bronzi di Riace “anche in relazione alla necessità di rafforzare e qualificare ulteriormente le iniziative promopubblicitarie intraprese dalla Regione per ‘modificare’ e rilanciare nel mondo la sua immagine con positive ricadute in termini di valorizzazione delle proprie risorse non solo turistico-ambientali e culturali” approvava lo schema di convenzione intercorso con l’Istituto centrale per il Restauro, al quale veniva affidata direttamente l’attività di riproduzione.
....Dal complesso delle .... norme si ricava ....che l’attività di valorizzazione dei beni culturali, di cui la riproduzione genericamente intesa costituisce uno dei possibili aspetti, deve essere frutto di un intervento programmato e coordinato che deve vedere coinvolti, unitamente allo Stato, tutti gli enti locali, oltre che eventuali altri soggetti pubblici e privati interessati.
...Il provvedimento ...col quale la Regione Calabria, in attuazione di una convenzione del 17 luglio 1998 con il Ministero per i beni culturali, anch’essa impugnata, autonomamente valuta l’opportunità di riprodurre i Bronzi di Riace, in atto allocati nel museo di Reggio Calabria, in un ottica di valorizzazione delle proprie risorse, al di fuori di un programma generale e preventivo opportunamente istruito e senza il coinvolgimento degli altri soggetti interessati, quali in primo luogo il Comune e la Provincia di Reggio Calabria, è certamente illegittimo (o, addirittura, nullo come sancito dall’art. 135 t.u.).
Tale impostazione trova ulteriore conferma nel nuovo Titolo V della Costituzione, che 1) affida alla Stato una potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dei beni culturali (art. 117, II co., lett. s); 2) pone, invece, la materia della valorizzazione dei beni culturali tra quelle di legislazione concorrente (art. 117, III co.)
...Né tale logica risulta incrinata dalla circostanza che le opere da riprodurre siano beni di proprietà dello Stato.
...è evidente che la deliberazione n. 507/02, ... poteva esplicare i suoi effetti solo se e in quanto la riproduzione fosse stata realizzata proprio in bronzo.
....ne consegue che la riproduzione voluta dalla Regione consiste in una vera e propria “clonazione” di un’opera d’arte, che è certamente un quid pluris rispetto alla mera riproduzione, nel cui ambito rientrano anche le fotografie, i disegni, le sculture in scala ridotta e così via, le quali si differenziano evidentemente dalla “clonazione” per la loro assoluta inidoneità ad intaccare i caratteri di unicità ed originalità delle opere d’arte.
...La convenzione ...già prevede che la “clonazione” avvenga al fine di poter esporre le copie in mostre e manifestazioni culturali e promozionali in genere, in Italia e all’estero, con la specificazione...che la proprietà della copie resta alla Regione."
Il TAR formula quindi alcuni rilievi oggettivi riguardo alla delibera della Regione:
"...L’operazione così congegnata diviene, infatti, direttamente ed immediatamente lesiva degli interessi, in primo luogo turistici, di cui sono portatrici le comunità locali reggine, in violazione delle norme sopra ricordate.
...La decisione di clonare i Bronzi, ... non è affatto concepita in funzione della loro tutela (controllo dello stato di conservazione, individuazione degli opportuni interventi di restauro) e non nasce da esigenze di ricerca, le quali sole avrebbero, peraltro, giustificato il coinvolgimento diretto dell’Istituto centrale di Restauro.
La deliberazione regionale, con le convenzioni allegate, correla, invece, la riproduzione dei Bronzi solo “alla necessità di rafforzare e qualificare le iniziative promopubblicitarie intraprese dalla Regione” (ma qui non specificate) al fine di “modificare e rilanciare nel mondo la sua immagine”.
Per tale motivo essa si presenta viziata da eccesso di potere per manifesta contraddittorietà e illogicità.
....La clonazione di capolavori...isolatamente considerata, non è certamente consona all’obiettivo di valorizzare, attraverso il bene culturale, l’intero territorio; obiettivo rispetto al quale appaiono funzionali eventualmente altre tecniche di riproduzione, che incrementano la diffusione della conoscenza dell’opera d’arte, stimolano l’interesse a vedere il capolavoro riprodotto, ma non intaccano, anzi piuttosto esaltano, l’unicum dell’opera d’arte."
Il TAR conclude, aggiungendo che la delibera del 2002 e le convenzioni "...si incentrano, invece, proprio sull’utilizzo della copia a scopi promozionali e di divulgazione dell’immagine della Calabria, non reputandolo per nulla un fatto indipendente e svincolato dalla riproduzione delle statue, come invece asserito nelle surrichiamate controdeduzioni, ma anzi la ragione fondamentale dell’operazione stessa."
Arriviamo quindi alla decisione del 17.4.2009, con la quale il CONSIGLIO DI STATO -SEZ. 6, con la SENTENZA N. 4779/2009 (depositata il 30.7.2009), accoglie il ricorso di: Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza archeologica della Calabria, Istituto centrale per il restauro, e Ministero dell’istruzione dell’università e annulla la sentenza emessa dal TAR di Reggio Calabria.
Scrivono i giudici del massimo organo di giustizia amministrativa:
"...Appare opportuno distinguere tra l’attività di valorizzazione del bene culturale e l’attività di tutela.
Mentre la valorizzazione, come correttamente rileva il primo giudice, deve essere il frutto di un intervento coordinato che veda coinvolti tutti i soggetti pubblici interessati, l’attività di tutela rappresenta prerogativa esclusiva dello Stato, in quanto soggetto proprietario del bene, che è quindi responsabile primario della sua conservazione.
Tale distinzione trae, del resto, fondamento anche nell’art. 117, comma 2, Cost., che, appunto, riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’attività di tutela dei beni culturali, demandando, invece, alla competenza concorrente Stato-Regione, l’attività di valorizzazione".
E aggiungono:
"....La finalità di tutela emerge chiaramente, oltre che dalle caratteristiche intrinseche dell’intervento, da quanto è esplicitamente dichiarato, a giustificazione dell’iniziativa, sia nella nota ministeriale del 5.11.2003, prot. n. 22771 (in cui si legge appunto “si era ritenuta opportuna e conveniente la realizzazione delle copie dei bronzi di Riace a fini di tutela e conservazione, per disporre di una copia in caso di deterioramento degli originali”), sia nella nota dell’Istituto Centrale per il restauro in data 21.5.2003, già valorizzata da questa Sezione in sede cautelare (in cui si fa riferimento alla necessità della copia al fine della salvaguardia del bene ed altresì in considerazione della proprietà pubblica statale dei beni che si vogliono riprodurre a prevalenti fini di salvaguardia e ricerca).
Non si ha, quindi, alcuna “clonazione” di opera d’arte, ma solo una attività di tutela che lo Stato, in qualità di ente proprietario del bene, ha legittimamente posto in essere avvalendosi della collaborazione della Regione Calabria."
Pur non essendo avvocati, ma avendo fatto quel minimo di scuola che ci permette di saper leggere e capire, leggendo tutta questa storia attraverso le "carte ufficiali", appaiono evidenti numerose stranezze.
1. Casualmente (?), la delibera regionale incriminata dalla quale è scaturita la vicenda giudiziaria, non viene pubblicata sul bollettino regionale, così che il suo contenuto rimane noto solo agli "addetti ai lavori" e viene svelato al resto dei cittadini calabresi nelle sue parti più significative solo dopo l'uscita della prima setenza.
2. Mentre il TAR, molto correttamente, fonda tutte le sue considerazioni, in fatto e in diritto, sul contenuto dell'atto deliberativo -vale a dire sull'oggetto della causa, il Consiglio di Stato fa derivare le sue convinzioni non dall'analisi della delibera impugnta ma da due semplici note (una del Ministero e l'altra dell'Istituto Centrale di Restauro) datate maggio e novembre 2003 che però non hanno -a nostro modesto parere- niente a che vedere con la delibera del 2002.
Dette comunicazioni, oltre a essere notevolmente tardive, sono infatti due semplici lettere e non atti amministrativi. Casualmente (?) però, il Consiglio di Stato le promuove a rango di prova "a giustificazione dell'iniziativa".
3. Pur riconoscendo ai giudici reggini di aver correttamente interpretato il dettato costituzionale e le disposizioni legislative riguardanti le competenze esclusive (tutela) o concorrenti (valorizzazione), il Consiglio di Stato sembra voler ignorare completamente il ragionamento del TAR.
In sostanza, il TAR rileva che la delibera fa formalmente riferimento alla riproduzione dei bronzi non in un'ottica della loro tutela materiale -che sarebbe di competenza esclusivamente statale, a prescindere che si tratti di "clonazione" o di semplice "copia" degli originali- ma in un più ampio quadro di iniziative pubblicitarie, finalizzate alla valorizzazione dell'immagine della nostra regione, che deve inevitabilmente essere coinvolta, in tutte le sue componenti istituzionali e civili.
In conclusione: TAR e Consiglio di Stato hanno sostanzialmente condiviso lo stesso impianto giuridico, ma il Consiglio di Stato, sembra non aver letto affatto la delibera regionale!
Non è strano?
P.S.:Chi volesse appprofondire gli aspetti giuridici, può seguire questo link
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"CASO BRONZI" -PARTE I: MEDICI E MALATI, CU SI VARDAU SI SARBAU
E' 'u malatu chi avi a iari nto medicu? o è 'u medicu chi avi a iari nto malatu?
Poco più di un anno dopo (novembre 2008) il governo è cambiato, ma a Reggio Scopelliti è il riconfermato sindaco più amato d'Italia e, in questa veste, annuncia all'urbi e all'orbi l'avvio dei lavori che costeranno -tra Stato e Regione Calabria- circa un ventinaio di milioni di euri.
Partono i lavori e, a detta del dott. Prosperetti -Direttore generale del Ministero- la più importante prescrizione del capitolato d'appalto prevede che durante i lavori di ristrutturazione del Museo, la sala che ospita i Bronzi di Riace debba rimanere sempre ed ininterrottamente aperta per consentire il permanente accesso e la costante fruizione ai visitatori dei Bronzi di Riace. La “clausola” è stata fatta propria dall’impresa aggiudicataria che ne ha garantito il pieno rispetto.
Arriviamo al 2009. Il 17 Aprile esce la sentenza del Consiglio di Stato che, di fatto, consente la possibilità di realizzare le copie delle due statue bronzee [ne parliamo diffusamente in un altro articolo].
Si scatena un tira-e-molla riguardo alla possibilità di trasferire le due statue a La Maddalena in occasione del G8 per far fare una bella figura (?) al cavalier Silvio. Alla fine, gli esperti del Ministero conclusero che non era possibile trasferire i due guerrieri poiché troppi sarebbero stati i rischi collegati a una tale ipotesi, in considerazione della loro 'fragilità'. Bonu.
Poi la terra trema in Abruzzo e -chistu sì ch'è miraculu!- il movimento tellurico fa sì che, paradossalmente, le acque in riva allo Stretto si calmino. 'Rrivata la 'stati, ognuno si chitau i sensi e pinsau solo alle vacanze.
Finita festa 'i Maronna e, con essa, la bella stagione, i soliti 'ciriveddhi fini' hanno cominciato a travagghiari a pieno ritmo e partoriscono la novità.
La novità è chista. Chissà come mai, contrariamente a quanto previsto in sede di appalto, ci si è resi conto solo adesso che non è possibile conciliare l'esecuzione dei lavori all'interno del museo con la contemporanea normale esposizione dei bronzi e siccome i lavori dureranno fino al marzo 2011 (almeno così prevede il programma), che fine faranno i bronzei guerrieri?
Appena il tempo di cominciare a pensare a quale palazzo reggino avrebbe potuto accoglierli (numerose sono le proposte avanzate: Palazzo Campanella? Villa Zerbi? Pinacoteca comunale?) che, sempre i famosi esperti, sparano: i bronzi hanno bisogno di un check-up completo e, pertanto, devono necessariamente essere trasferiti a Roma, presso l'Istituto Centrale per il Restauro. Tanto, pensano loro, che ve ne fate se il museo dovrà chiudere?
L'ultima conferenza stampa è di ieri, 1 Ottobre. La Sovrintendente regionale, dott.ssa Bonomi rimane sul vago circa gli interventi che saranno effettuati, ma di una cosa è sicura: i bronzi andranno a Roma. Sì, partiranno (non si sa quando), faranno la visita specialistica all'ICR ( durata prevista circa sei mesi) e torneranno a Reggio -assicurano sia la Bonomi che Pepp(on)e Scopelliti- a visita ultimata e comunque entro il marzo 2011.
In tutta 'sta gran camurrìa però, ci sono delle cosette che non quagghiunu e che malgrado le recentissime citate rassicurazioni -nonostante 'a camomilla...e l'abitudini- ci fanno 'ntrubuliari 'u sangu. Come sempre.
3. La decisione di mandare le due statue a Roma per il check-up suscita più di qualche perplessità, poiché già nel 1994 era stato eseguito un primo restauro, che era durato sì due anni, ma si era svolto a Reggio, nei locali messi a disposizione dalla Regione Calabria.
4. La concomitante sentenza del Consiglio di Stato che ha dato il via libera alla 'clonazione', non fa che aumentare i timori di gran parte dei reggini relativi alla possibilità che i bronzi rimangano per tanto tanto tempo lontani da Reggio (con le conseguenze negative che possiamo facilmente immaginare), e che possa essere attuato quello che era il progetto originariamente previsto dalla Regione Calabria per pubblicizzarne maggiormente l'immagine. Ma, a parte le considerazioni di ordine giuridico [vedi sentenze], i reggini (e chi scrive) si erano già espressi in larga parte per il no.
5. MA SOPRATTUTTO: com' è che, a distanza di pochi mesi, quei bronzi che non potevano affrontare i pericoli di un viaggio per andare a La Maddalena, quegli stessi bronzi possono ora andare a Roma? Li ha guariti qualcuno o erunu scecchi i 'medici' del primo responso? Come e in che misura sono diminuiti i rischi di cui si parlava prima del G8?
Ma c'è di più. Quasi sedici anni dopo, con le tecnologie moderne, perché non è possibile eseguire il restauro dei bronzi direttamente a Reggio? Possibile che non ci sia un palazzo, una stanza, nu cantu [un angolino -ndr] dove poter accasare i bronzi?
E di più. Gli stessi esperti tecnici italiani dell'ICR sono andati fino in Cina a restaurare le statue di un esercito di terracotta. Perché non dovrebbero venire a Reggio?
Va bene che la sanità calabrese è nell'occhio del ciclone e manca poco che anche per un raffreddore, andiamo a ricoverarci a Milano.
Ma se 'u malatu è malatu tantu gravi da non potersi muovere da casa, come accertato pochi mesi fa per lo stato di salute dei bronzi, sarebbe bene che fossero i 'medici specialisti' ad armarsi di stetoscopio, sfigmomanometro e ricettario e andare a casa degli illustri pazienti bronzei.
In occasione della polemica del trasferimento al G8, avevamo proposto la mala-soluzione dei bronzi da giardino.
Ebbene, osservando le tante stranezze in quanto sta avvenendo, verrebbe quasi da pensare che qualcuno che magari si trova a Roma, sapendo che molti malati calabrisi vanno a curarsi in Lombardia, poiché nei dintorni di Milano ha a disposizione 'na bella villa cu nu bellu giardinu, approfittandu della concomitante possibilità della 'clonazione' offertagli dalla 'casuale' sentenza del Consiglio di Stato, mosso esclusivamente -pi' carità- da un grande slancio di solidarietà verso Reggio e la cultura calabrese, avrà pensato: "Questi illustri 'malati' calabresi li accolgo volentieri io".
A pensar male si fa peccato, ma spesso ci s'indovina, no?
Se così fosse, la mala-soluzione diventerebbe clamorosa realtà e noi correremmo il rischio che il padrone della villa piazzi nel suo giardino le statue dei due guerrieri di bronzo, rimandandoci indietro due statue rimesse a nuovo sì, ma dalla clonazione!!!
Certo, lo scenario prospettatto magari sa di trama poliziesca di stampo Lucarelliano, alla 'Ispettore Coliandro' per intenderci.
Ma, è più forte di noi, specie quando le cose non sono molto chiare. Nelle nostre menti di calabrisi testa 'i ncunia, si materializzano le peggiori paure, che ci rendono estremamente diffidenti e ancora più convinti dell'eterna validità del detto tramandatoci dai nostri nonni: cu' si vardau, si sarbau!
[Pubblicato su www.malanova.it]
Questa la domanda che nelle ultime ore attanaglia tutti (o quasi) i reggini (riggitani puro sangue e provincia annessa), riguardo al destino prossimo venturo dei bronzi di Riace.
Tentiamo di riassumere la complicata facenna: mettetevi commodi, iarmativi di santa pacenzia, pigghiativi 'na camomilla e continuate a leggere...
Era il dicembre 2007, c'era ancora la buonanima del governo Prodi e Ministro dei Beni Culturali e Vice presidente del Consiglio era Rutelli, il quale illustrando il programma per i festeggiamenti del 150° anniversario dell'unità d'Italia, annunciò che tra gli "interventi a carattere culturale, scientifico, ambientale ed infrastrutture destinati a lasciare dei segni importanti nel territorio nazionale" era stato inclusa anche la "ristrutturazione e adeguamento funzionale del Museo Nazionale nel Comune di Reggio Calabria".Poco più di un anno dopo (novembre 2008) il governo è cambiato, ma a Reggio Scopelliti è il riconfermato sindaco più amato d'Italia e, in questa veste, annuncia all'urbi e all'orbi l'avvio dei lavori che costeranno -tra Stato e Regione Calabria- circa un ventinaio di milioni di euri.
Partono i lavori e, a detta del dott. Prosperetti -Direttore generale del Ministero- la più importante prescrizione del capitolato d'appalto prevede che durante i lavori di ristrutturazione del Museo, la sala che ospita i Bronzi di Riace debba rimanere sempre ed ininterrottamente aperta per consentire il permanente accesso e la costante fruizione ai visitatori dei Bronzi di Riace. La “clausola” è stata fatta propria dall’impresa aggiudicataria che ne ha garantito il pieno rispetto.
Arriviamo al 2009. Il 17 Aprile esce la sentenza del Consiglio di Stato che, di fatto, consente la possibilità di realizzare le copie delle due statue bronzee [ne parliamo diffusamente in un altro articolo].
Si scatena un tira-e-molla riguardo alla possibilità di trasferire le due statue a La Maddalena in occasione del G8 per far fare una bella figura (?) al cavalier Silvio. Alla fine, gli esperti del Ministero conclusero che non era possibile trasferire i due guerrieri poiché troppi sarebbero stati i rischi collegati a una tale ipotesi, in considerazione della loro 'fragilità'. Bonu.
Poi la terra trema in Abruzzo e -chistu sì ch'è miraculu!- il movimento tellurico fa sì che, paradossalmente, le acque in riva allo Stretto si calmino. 'Rrivata la 'stati, ognuno si chitau i sensi e pinsau solo alle vacanze.
Finita festa 'i Maronna e, con essa, la bella stagione, i soliti 'ciriveddhi fini' hanno cominciato a travagghiari a pieno ritmo e partoriscono la novità.
La novità è chista. Chissà come mai, contrariamente a quanto previsto in sede di appalto, ci si è resi conto solo adesso che non è possibile conciliare l'esecuzione dei lavori all'interno del museo con la contemporanea normale esposizione dei bronzi e siccome i lavori dureranno fino al marzo 2011 (almeno così prevede il programma), che fine faranno i bronzei guerrieri?
Appena il tempo di cominciare a pensare a quale palazzo reggino avrebbe potuto accoglierli (numerose sono le proposte avanzate: Palazzo Campanella? Villa Zerbi? Pinacoteca comunale?) che, sempre i famosi esperti, sparano: i bronzi hanno bisogno di un check-up completo e, pertanto, devono necessariamente essere trasferiti a Roma, presso l'Istituto Centrale per il Restauro. Tanto, pensano loro, che ve ne fate se il museo dovrà chiudere?
L'ultima conferenza stampa è di ieri, 1 Ottobre. La Sovrintendente regionale, dott.ssa Bonomi rimane sul vago circa gli interventi che saranno effettuati, ma di una cosa è sicura: i bronzi andranno a Roma. Sì, partiranno (non si sa quando), faranno la visita specialistica all'ICR ( durata prevista circa sei mesi) e torneranno a Reggio -assicurano sia la Bonomi che Pepp(on)e Scopelliti- a visita ultimata e comunque entro il marzo 2011.
In tutta 'sta gran camurrìa però, ci sono delle cosette che non quagghiunu e che malgrado le recentissime citate rassicurazioni -nonostante 'a camomilla...e l'abitudini- ci fanno 'ntrubuliari 'u sangu. Come sempre.
1. La previsione contenuta nel capitolato d'appalto non è stata rispettata durante l'esecuzione. E' stato presentato un nuovo progetto di adeguamento? E' stato modificato il capitolato? Di progetti nuovi nessuno sa niente, il che significa che per le imprese escluse dall'appalto si aprirebbe la strada per fare ricorso, con conseguenti problemi di rispetto dei tempi d'esecuzione prestabiliti.
2. La chiusura prolungata e -a questo punto- totale del museo provocherà una sensibile diminuzione del già non eccezionale afflusso turistico a scopo culturale. Chi o cosa vieta di esporre i bronzi e le altre opere più pregiate nelle altre sedi disponibili fin qui indicate da più parti: Palazzo Campanella, Villa Zerbi, Pinacoteca comunale3. La decisione di mandare le due statue a Roma per il check-up suscita più di qualche perplessità, poiché già nel 1994 era stato eseguito un primo restauro, che era durato sì due anni, ma si era svolto a Reggio, nei locali messi a disposizione dalla Regione Calabria.
4. La concomitante sentenza del Consiglio di Stato che ha dato il via libera alla 'clonazione', non fa che aumentare i timori di gran parte dei reggini relativi alla possibilità che i bronzi rimangano per tanto tanto tempo lontani da Reggio (con le conseguenze negative che possiamo facilmente immaginare), e che possa essere attuato quello che era il progetto originariamente previsto dalla Regione Calabria per pubblicizzarne maggiormente l'immagine. Ma, a parte le considerazioni di ordine giuridico [vedi sentenze], i reggini (e chi scrive) si erano già espressi in larga parte per il no.
5. MA SOPRATTUTTO: com' è che, a distanza di pochi mesi, quei bronzi che non potevano affrontare i pericoli di un viaggio per andare a La Maddalena, quegli stessi bronzi possono ora andare a Roma? Li ha guariti qualcuno o erunu scecchi i 'medici' del primo responso? Come e in che misura sono diminuiti i rischi di cui si parlava prima del G8?
Ma c'è di più. Quasi sedici anni dopo, con le tecnologie moderne, perché non è possibile eseguire il restauro dei bronzi direttamente a Reggio? Possibile che non ci sia un palazzo, una stanza, nu cantu [un angolino -ndr] dove poter accasare i bronzi?
E di più. Gli stessi esperti tecnici italiani dell'ICR sono andati fino in Cina a restaurare le statue di un esercito di terracotta. Perché non dovrebbero venire a Reggio?
Va bene che la sanità calabrese è nell'occhio del ciclone e manca poco che anche per un raffreddore, andiamo a ricoverarci a Milano.
Ma se 'u malatu è malatu tantu gravi da non potersi muovere da casa, come accertato pochi mesi fa per lo stato di salute dei bronzi, sarebbe bene che fossero i 'medici specialisti' ad armarsi di stetoscopio, sfigmomanometro e ricettario e andare a casa degli illustri pazienti bronzei.
In occasione della polemica del trasferimento al G8, avevamo proposto la mala-soluzione dei bronzi da giardino.
Ebbene, osservando le tante stranezze in quanto sta avvenendo, verrebbe quasi da pensare che qualcuno che magari si trova a Roma, sapendo che molti malati calabrisi vanno a curarsi in Lombardia, poiché nei dintorni di Milano ha a disposizione 'na bella villa cu nu bellu giardinu, approfittandu della concomitante possibilità della 'clonazione' offertagli dalla 'casuale' sentenza del Consiglio di Stato, mosso esclusivamente -pi' carità- da un grande slancio di solidarietà verso Reggio e la cultura calabrese, avrà pensato: "Questi illustri 'malati' calabresi li accolgo volentieri io".
A pensar male si fa peccato, ma spesso ci s'indovina, no?
Se così fosse, la mala-soluzione diventerebbe clamorosa realtà e noi correremmo il rischio che il padrone della villa piazzi nel suo giardino le statue dei due guerrieri di bronzo, rimandandoci indietro due statue rimesse a nuovo sì, ma dalla clonazione!!!
Certo, lo scenario prospettatto magari sa di trama poliziesca di stampo Lucarelliano, alla 'Ispettore Coliandro' per intenderci.
Ma, è più forte di noi, specie quando le cose non sono molto chiare. Nelle nostre menti di calabrisi testa 'i ncunia, si materializzano le peggiori paure, che ci rendono estremamente diffidenti e ancora più convinti dell'eterna validità del detto tramandatoci dai nostri nonni: cu' si vardau, si sarbau!
[Pubblicato su www.malanova.it]
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