05 ottobre 2013

ARROCCATI IN UNA FORTEZZA DI NOME EUROPA

 

croce nel mare 2(1)Ci sono giorni in cui le parole sono inutile ed è meglio tacere. Oggi è stato uno di questi giorni.

Tante volte, troppe, erano accaduti naufragi di povera gente disperata. Ma non facevano notizia se non per poche ore, giusto il tempo di fare da titolo ai telegiornali. Poi quei morti sono caduti nell’oblio, nascosti, per sempre, sotto le onde del mare.

Ieri no. La tragedia di ieri non possiamo, non dobbiamo dimenticarla.

L’Europa, questa fortezza inespugnabile, protetta da muri invalicabili i cui mattoni sono le leggi assurde ed incomprensibili che si è data, non può più rimanere indifferente.

Abbiamo creato un bel giardino noi europei, dove prima abbiamo fatto circolare le merci e il denaro e poi ci siamo spostati noi, in lungo e in largo attraverso 27 Paesi, senza alcuna difficoltà. Ci siamo dati il diritto, noi europei, di andare a cercare condizioni di vita migliori in un Paese diverso dal nostro, possiamo cercarci la parte di giardino che per noi è più bella.

Ci siamo riempiti la bocca  di libertà (commercio, scambi, circolazione di uomini e mezzi), ma non ci siamo accorti di averla negata agli altri.

Il risultato: loro, morti in un mare di onde impietose. Noi, vivi, in un mare di vergogna.

Vergogna, perché neghiamo la libertà a chi –per destino, per volontà divina o non so che altro- è nato al di là del nostro bel giardino. Li identifichiamo come “extra”, cioè quelli che stanno “al di fuori” delle mura della nostra fortezza. Vergogna perché l’Europa è divenuto un pianeta a sé.

Vergogna, perché li chiamiamo “migranti”, con un termine che sa tanto di forzata compassione e che sta assumendo un significato dispregiativo. Ma noi che ci spostiamo liberamente, non siamo migranti anche noi?

Vergogna, perché abbiamo fatto leggi e regolamenti per ogni tipo di merce, di prodotto. Abbiamo fatto leggi che proteggono la flora e la fauna, l’acqua, il mare. Ma ci siamo dimenticati dell’uomo che quel mare lo ha sempre utilizzato: per trarne sostentamento ma anche, e soprattutto, come via di comunicazione tra i popoli, primo mezzo di scambio culturale –prim’ancora che commerciale.

Vergogna, perché l’Europa che si vanta delle sue radici cristiane, non può comportarsi in maniera tale da fare agli altri ciò che essa ha cercato, in tutti questi anni, di non fare ai Paesi che ne fanno parte, cioè a sé stessa. Chi ci ha dato questo diritto?!

Vergogna, perché ci siamo chiusi nel nostro bel giardino –negli ultimi tempi, a dir la verità piuttosto malandato- in cui nessuno può entrare a disturbarci, a meno che non siamo noi a decidere di aprirgli la porta. Ogni tanto, attratti dalle urla, dal rumore o dalle fiamme, diamo un’occhiata distratta a ciò che accade al di fuori della nostra fortezza, nella quale ci siamo arroccati.

Poco importa se là fuori, quel mare si sta trasformando in un cimitero liquido; se le antiche rotte che dall’Africa o dal Medio Oriente portavano fino alle nostre coste, sono segnate dalle croci dei tanti caduti di una vera e propria guerra: la guerra per la vita.

Quei caduti sono uomini, donne, bambini, che avevano solo un sogno: vivere, non sopravvivere. E’ per inseguire il sogno di avere una vita che sono morti. Chi ci ha dato il diritto di negare agli altri i loro sogni?!

Erano i sogni di una vita, di una vita insieme, fatta di affetto e di amore. Come quello cantato da Tesfay Mehari (detto Fihira), un famoso cantante eritreo, che ha dedicato una canzone dal titolo “Bahri” alla donna che ha perso nel mare italiano.

L’ho ripresa da “Fortesse Europe” (il nome non è un caso), il sito che da anni segue puntualmente il triste fenomeno e aggiorna le tremende statistiche di questa vera e propria strage umana.

Ecco il testo, che ho tradotto dall’inglese che vedete nel video:

BAHRI –di Tesfay Mehari (detto Fihira)

Vicino alla spiaggia bagnata, in mezzo all’oscurità silenziosa
sono qui con il rollio delle onde del mare
Oh mare agitato! Vuoi chiedere alle tue creature?
Dentro di te sono sparse le ossa del mio amore
lei stava sbocciando, tenera e dolce;
Luccicava con il suo amore, la luna sopra di lei
dentro di te è il mio amore, la sua anima, il suo cuore.
Oh mare! Riportala alla spiaggia, lascia che le parli
ricordando la sua gioventù, fammi un incantesimo;
Mentre il sole tramontava lei mi ha detto addio, annegando.
Vedendo la barca gli abitanti del mare hanno danzato di gioia
celebrando il loro solenne accordo dell'amore forte, con la morte.
Una grande festa, accompagnata da rumori attutiti
e il sigillo conclusivo della morte è stato l'addio finale.

Guarda ovunque, trovala per me
Oh mare! Restituiscimi l'amore della mia anima.

Con i suoi compagni pellegrini, compagni di destino,
oh creature marine, testimoni della favola,
cos'ha detto nel suo ultimo addio?
Non sei il mare? Allora rispondimi.

Guarda ovunque, trovala per me
oh mare! Restituiscimi l'amore della mia anima.

Non te l'ho detto molte volte e ti ho pregata?
Ma invece ti sei arresa ai sussurri della tua gioventù.
Perché non mi hai ascoltato, non ero più grande di te?
Ma non ha reso triste solo me,
tua madre è pazza di dolore
quella che amavi e di cui ti prendevi cura, la tua unica e sola.
Ancora peggiori sono le condizioni della tua sorellina,
amore mio sai dov'è?
Lascia che ti dica, il tuo nome è costantemente sulle sue labbra, la sua canzone,
sta perdendo la testa, si sta allontanando da noi, quasi come te.

Con i suoi compagni pellegrini, compagni di destino
Oh creature marine, testimoni della favola,
cos'ha detto nel suo ultimo addio?
Non sei il mare? Allora rispondimi.

Non te l'ho detto, no?
Ti ho implorata, o no?
La pazienza è stata messa alla prova, la confusione tenuta lontano?
E' suonata la campana quando è giunta l'ora?
Potevo vederla lottare tra la vita e la morte.
Troppo tardi, è stato dopo che è arrivato il giudizio?

Guarda ovunque, trovala per me
oh mare! Restituiscimi l'amore della mia anima.

*N.B: foto tratta da http://www.michelenardelli.it

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