09 luglio 2018

IL NON-PENSIERO E I SALMONI DEL COLUMBIA RIVER NELLA DOMENICA DELLE SALME

Ogni giorno che passa, tutto ciò che mi è stato insegnato essere normale non appare più esserlo. Forse sono io che faccio fatica ad adattarmi a un modo di non-pensare che non è il mio di intendere la vita ma che, ahimé sta divenendo non-pensiero unico.

L'altro giorno in tv ho visto un documentario sulle meraviglie dello stato dell'Oregon (nord-ovest degli Stati Uniti d'America), tra di esse vi era il Columbia River, che nasce dalle Montagne Rocciose in Canada -dove dà il nome anche allo Stato che attraversa- percorre parte dell'Oregon e sfocia, dopo circa 2000 km, nelle acque dell'Oceano Pacifico.
Lungo il suo percorso, numerose sono le dighe che sono state realizzate per garantire l'approvvigionamento idrico per le coltivazioni, ma questi impianti rappresentano sbarramenti micidiali per i salmoni, che sono soliti risalire il corso del fiume per andare a deporre le uova e riprodursi. Un fenomeno che in Natura era normale, l'uomo ha contribuito a modificarlo: molti salmoni non ce la fanno ad oltrepassare le dighe, rimangono stremati dai continui salti cui sono obbligati per superare dislivelli artificiali e, alla fine, ci rimettono la vita.

Ecco, oggi giorno mi ritrovo a essere sempre di più come un salmone: cerco di sopravvivere, controcorrente, provando a saltare i continui ostacoli che leggi complicate, e loro interpretazioni ignoranti al limite della fantascienza, parano davanti a un percorso che, un tempo, era invece logico, cioè naturale, in una parola: normale. 

Stiamo assistendo a una progressiva radicalizzazione del non-pensiero che porta a una sola conclusione davanti a ogni problema: non ha ragione chi agisce e si comporta seguendo quelle che sono le regole scritte secondo quella che era definita "diligenza del buon padre di famiglia", ma ha ragione chi, pur immane ignorante, abusando del proprio ruolo impone visioni e interpretazioni prive di fondamento, perché costruite su film mentali il cui unico scopo finale è danneggiare chi quelle visioni e interpretazioni non le condivide.
Ultimo caso, quello delle magliette rosse. Volevano e dovevano essere il simbolo dei migranti -soprattutto bambini- che indossano magliette rosse sperando di essere maggiormente visibili in caso di naufragio.

L'idea di mettersi i panni del naufrago per un giorno, è nata da Libera, associazione di cui faccio parte, presieduta da don Ciotti -che ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere di persona qualche anno fa.
Certo, Libera non ha bisogno di essere difesa da me, basta la sua storia -che poi è la storia degli ultimi venticinque anni di questo Paese- a parlar chiaro: è una delle realtà più incisive nella lotta alla mafia e contro ogni forma di sfruttamento della persona umana.
Per un'associazione per la quale questo tipo di lotta è scopo primario, è normale condurre campagne di sensibilizzazione.
Ciò che non è normale è che una manifestazione come quella di ieri delle magliette rosse, venga strumentalizzata ora da destra, ora da sinistra, per finalità che niente hanno a che fare con l'impegno civile per cercare di ridare un minimo di umanità a una società senza più riferimenti.

Mi riferisco a coloro che con un termine di cui farei volentieri a meno, vengono definiti "radical chic" -appartenenti alla borghesia (o presunta tale) che per vari motivi (o interessi personali) ostentano idee e tendenze politiche che sanno di sinistra o, comunque, opposte al loro vero ceto di appartenenza-o, più semplicemente, "comunisti col Rolex", come vengono definiti in una canzone di J-Ax e Fedez.
A dire il vero, sono stufo di sentirli pontificare da teleschermi, radio e giornali, su quali sarebbero le ricette per resuscitare una sinistra che in Italia manca oramai da più di un quarto di secolo.

Mi riferisco anche ai loro omologhi destrorsi, certamente abili a soffiare continuamente sul fuoco di temi a loro molto cari, almeno a parole. Concetti quali il "prima gli italiani", fanno semplicemente sorridere: la nazione, per definizione, è un insieme di persone che hanno comunanza di origine, di lingua, di storia e che di tale unità hanno coscienza. Oggi questa definizione va aggiornata: in molte nazioni nel mondo, non c'è più un'origine comune, ma ciò non toglie che anche persone che hanno origini diverse, possano condividere gli altri elementi che costituiscono e caratterizzano una nazione: lingua, storia e coscienza di questa condivisione con una comunità d'individui. 
Esempio lampante: mentre Salvini ripeteva il suo slogan, la staffetta azzurra femminile vinceva l'oro in una gara di atletica leggera e festeggiava con un bel selfie, circolato presto in rete: a guardarle in viso, ognuna delle atlete italiane dimostrava chiaramente di avere origini diverse dalla nostra penisola, ma vi era in loro piena coscienza di rappresentare l'unità della nazione italiana non attraverso il colore della loro pelle bensì per mezzo del colore della loro maglia: l'azzurro d'Italia.

Francamente, mi riesce difficile stare a sentire l'una e l'altra parte. Mi riesce difficile accettare lezioni da chi -su entrambi i fronti- dichiara che non esistono più le ideologie. Ma se le ideologie non esistono più, tu allora, che ti atteggi a radical chic o "destrologo", non hai nemmeno la più pallida idea di ciò di cui parli. Ecco perché molti di questi "santoni" e "guru" nostrani farebbero meglio a tacere.
Purtroppo, però, prevale questa finta contrapposizione, tra una finta sinistra e una finta destra e a vincere -nel nulla cosmico- è chi ha più voce per spararla più grossa. Ora, visto che la sinistra non c'è, sono quelli da destra a farsi sentire di più. E il popolo ignorante, abbocca.

Dopo il contratto (in mancanza di ideologie di base, l'unico modo di accordarsi è stato quello di trovare un buon notaio) seguito a tre mesi di tribolazioni, Salvini&Di Maio sono stati portati in trionfo, hanno vissuto e stanno ancora vivendo -da scupa nova, chi faci rumuru-  la loro domenica delle Palme.
Ma in Italia ci vuole davvero poco a passare dalla domenica delle Palme a "la domenica delle salme". E' il titolo di una delle più belle canzoni scritte da Fabrizio De André, del 1990. Racconta, in una serie di fotogrammi raccolti negli appunti del cantrautore, messi in ordine e in musica << ...il silenzioso, doloroso e patetico colpo di Stato avvenuto intorno a noi senza che ci accorgessimo di nulla, della vittoria silenziosa e definitiva della stupidità e della mancanza di morale sopra ogni altra cosa. Della sconfitta della ragione e della speranza>> [Mauro Pagani, musicista e stretto colalboratore di De André, coautore del brano -n.d.r.]

Ecco, nell'ignoranza drammaticamente dilagante, in una nazione dove i tredicenni non sanno scrivere in italiano (dato certificato dalle prove Invalsi), stiamo vivendo una nuova "domenica delle salme". A prevalere è il cicaleccio -come quello alla fine della canzone- del trionfo della stupidità, travestita da radical-chic e da "destrologhi" improvvisati per convenienza.
Per sfuggire a questa nuova domenica delle salme, bisogna fare come i salmoni del Columbia River. Chi vuole fuggire il non-pensare, chi vuole provare a sopravvivere in questo mare di stupidità imperante, chi vuole rimanere con la testa libera di pensare secondo i propri convincimenti e la propria ideologia, intesa come filosofia di vita, non ha altra scelta che saltare fuori dall'acqua, oramai impregnata di stupidità, e andare controcorrente.


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