16 ottobre 2021

ECCO COS'ERA LA DITTATURA, QUELLA VERA: LA VITA INTERROTTA DEL GHETTO DI ROMA

 In una comunità nella quale la maggior parte dei suoi componenti è nata e cresciuta sotto l'ombrello protettivo della democrazia, ogni volta che particolari circostanze inducono i governi ad adottare leggi preventive, rispuntano i paragoni col nazi-fascismo. 

E' accaduto negli anni passati dopo l'entrata in vigore della legge sullo scioglimento delle amministrazioni locali in relazione al fenomeno delle infiltrazioni mafiose. Accade oggi con l'entrata in vigore del greenpass obbligatorio per i lavoratori.

Si parla -a sproposito- di leggi razziali che, in Italia, furono applicate in forma leggera; si parla -a sproposito- di dittatura sanitaria; si paragona -a sproposito- Draghi a Hitler.

La storia vera, la dittatura vera, ce l'hanno raccontata i nostri nonni. Ora, che non ci sono più, a quasi ott'antanni dalla fine della guerra,  la raccontano i libri, le testimonianze scritte e orali -lasciate tramite la radio e la tv- di chi quella guerra e quel periodo di privazioni, di terrore e di morte, l'ha vissuto sulla propria pelle.

In occasione del 78° anniversario del "Sabato nero" del ghetto di Roma, riporto per intero un lungo post pubblicato su Twitter dall'account Johannes Bückler (@JohannesBuckler), nel quale quella tragica giornata viene narrata raccontando come la vita della famiglia di Settimio Calò fu sconvolta, bruscamente interrotta dai nazi-fascisti.

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"Le leggi razziali? Applicate all'acqua di rose". Che teneri. L'acqua di rose è un'essenza che ha tra le sue caratteristiche la delicatezza. Ti viene da pensare ai bambini. Forse per questo hanno pensato bene di intitolare un parco giochi a lui.

A Filettino, infatti, c’è un parco giochi per bambini intitolato a Rodolfo Graziani, il macellaio del Fezzan. Non è roba recente. Gli è stato dedicato a nel 1938 dal podestà Domenico Pontesilli. Già. Un parco giochi per bambini. E quell'anno. Il 1938. Un anno maledetto. 

 

Io me lo ricordo bene quell’anno. Le leggi razziali contro noi ebrei. Un parco giochi per bambini. Avete ancora un parco gioco per bambini intitolato a un gerarca fascista. Qualcuno ha detto: "Le leggi razziali? Applicate all'acqua di rose".

Sul Manifesto della razza in appoggio alle leggi razziali fasciste c’era anche la sua firma, sapete? Chi sono? Mi chiamo Settimio Calò. Condannato il 16 ottobre del 1943. Quale è stata mia condanna? Costretto a sopravvivere.

Quel 16 ottobre 1943 abitavo a Roma in via del Portico D’Ottavia al numero 49. Sì, nel ghetto ebraico. Quella notizia mi aveva riempito di gioia. Da accanito fumatore avevo saputo che nella tabaccheria a Monte Savello erano arrivate delle stecche di sigarette.

Una manna dal cielo vista la difficoltà dei rifornimenti. Per questo uscii di casa all’alba. Per essere uno dei primi evitando così eventuali code. Dormivano tutti quando richiusi la porta dietro di me. A cominciare da mia moglie, Clelia Frascati.

Avevo 45 anni. Mi ero sposato molto giovane. Da quel matrimonio erano nati i nostri gioielli. Dormivano anche loro quella mattina. Ester, 20 anni, Rosa di 18, Ines di 16, David di 13, Elena di 11, Angelo di 8, Nella di 6, Raimondo di 4, Samuele 6 mesi ancora da compiere.

C’era anche mio nipote, figlio di una mia sorella, Settimio Caviglia, di 12 anni. Ho letto che qualcuno ha scritto ci fosse anche Bellina, un’altra mia figlia. Non è così. Bellina era morta anni prima, nel 1933. In casa moglie, 9 figli e un nipotino. E io a cercare sigarette.

E un po’ di fila la feci. E poi tornai a casa felice, dopo aver recuperato qualche sigaretta. La salita delle scale, l’apertura della porta. E quel silenzio. Un silenzio insolito a quell’ora. Chiamai tutti per nome. Silenzio. Le stanze erano completamente vuote.

Capii all’istante quello che era successo. Mentre ero a comprare le sigarette i tedeschi erano entrati in casa e avevano portato via tutti. Sapevo cosa significava essere rastrellati dai nazi-fascisti. Lo sapevo. Impazzire fu la logica conseguenza.

Uscii di casa. Ricordo di avere corso. Corso, senza sapere dove. Qualcuno mi disse che c’era gente radunata alla Lungara. Li raggiunsi e urlai: “Aspettate, ci sono anch’io”. Volevo riunirmi alla mia famiglia, ma un soldato italiano mi ricacciò indietro. Che sia maledetto.

Continuavo a piangere. Il 19 ottobre mia sorella Liliana andò alla stazione della Tiburtina. Vide suo figlio, mio nipote, rannicchiato all’interno di un vagone diretto in Polonia. “Vai a casa mamma, abbi cura dei miei fratellini” le disse. Povero bambino.

La moglie, i nove figli e il nipotino di Settimio Calò furono tutti uccisi appena arrivati ad Auschwitz-Birkenau. Come molti altri bambini portati via ai loro genitori. Come i sei figli di Leone e Virginia Bondi per esempio. Molte le famiglie distrutte.

Settimio Calò è morto cinquant’anni fa distrutto dal dolore. Aveva vissuto il resto della vita nel rimorso per essere sopravvissuto. Una famiglia, la sua, simbolo di tutte le famiglie distrutte dall’odio. "Le leggi razziali? Applicate all'acqua di rose".

In quel “sabato nero” tra le ore 05:30 e le ore 14:00 del 16 ottobre 1943 tra gli oltre mille ebrei deportati ad Auschwitz (ne torneranno solo diciassette) c’erano 288 tra neonati, bambini e ragazzi fino 15 anni. "Le leggi razziali? Applicate all'acqua di rose".

Dieci ragazzi di 15 anni, quindici di 14, diciannove di 13, diciassette di 12, sedici di 11, diciassette di 10, dieci di 9, sedici di 8, sedici di 7, ventitrè di 6, ventuno di 5, ventiquattro di 4, ventitrè di 3, venticinque di 2, tredici di 1. "Acqua di rose".

Con loro due neonati di 10 mesi, uno di 9 mesi, due di 8 mesi, due di 7 mesi, cinque di 6 mesi, due di 5 mesi, due di 4 mesi, tre di un mese, 1 di 15 giorni e uno, figlio di Marcella, nato al momento dell’arresto. Più due bambini senza nome. "Acqua di rose".

Di tutti questo angeli si salvò solo Enzo Camerino di quindici anni, figlio di Italo. Tutto gli altri passarono dal camino delle camere a gas al loro arrivo ad Auschwitz-Birkenau. Nessun parco giochi è dedicato quei bambini.

Fulvia Ripa di Meana, che verrà decorata con croce di guerra al valor militare per la sua attiva partecipazione alla resistenza contro i nazi-fascisti a Roma, stava passando da via Fontanella Borghese quando vide tre camion pieni di bambini. Questa la sua testimonianza.

 

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