28 marzo 2011

CLANDESTINO? NO, PRECARIO.

 

Lampedusa 1 L’altra sera conversavo con due amici, uno dei quali vive fuori Scilla ed era tornato al paesello giusto per qualche ora.

E’ uno dei tanti giovani che vive sulla propria pelle la non-colpa di appartenere alla cosiddetta “generazione 1000 Euro” (la metà e più dei quali quasi non basta per pagare affitto e bollette), pur avendo un lavoro per il quale ha doverosamente studiato, che, per giunta, gli piace e per il quale ha deciso, suo malgrado, di mullari barca e rizza scigghitani e trasferirsi da un’altra parte.

A un certo punto il discorso si sposta su un altro amico, pure lui scigghitanu, pure lui emigrato al Nord, pure lui appartenente alla stessa generazioni..

Mi raccontavano delle sue difficoltà iniziali con l’ambiente alt italiano. Difficoltà legate non certo al suo carattere, bensì al colorito della sua carnagione, diciamo così non propriamente…settentrionale.

Sono state e sono ancora oggi parecchie le volte in cui, per il suo aspetto, il nostro viene scambiato per maghrebino o africano del sub-Sahara, dipende dalla luminosità della giornata, che riverbera il colore della sua pelle.

E, con la solita carica di umorismo che caratterizza noi meridionali, il nostro mica s’offendi, come avrebbe fatto un Calderoli o un Castelli qualsiasi? Tutt’altro.

Invece di arrabbiarsi, il nostro gli ride in faccia, tipu Eddie Murphy, facendo risaltare ancora di più il contrasto tra il colore degli occhi e del viso e quello dei suoi denti.

Non sulu. Comincia a parlare in uno slang particolare, un misto di calabro-italico con accento finto arabo che ottiene come risultato quello di confermare alle annebbiate menti nordiche le loro errate certezze.

Friscu friscu di questa salubre e simpatica riscurruta, torno a casa e al tiligiornali sentu ‘na notizia: per limitare il fenomino degli sbarchi a Lampedusa, il ministro Frattini ha proposto di elargire «1.500-1700 euro [facimu 1600 e non si ndi parra cchiù? Aggiudicato!–ndr] per ogni immigrato che accetterà di tornare a casa e sarà aiutato a crearsi un’attività in modo che poi non abbia più la necessità di andare via».

Eh bravu o’ ministru! Bella idea!

M’ha fattu viniri in menti ‘na bella pinsata, che potrà tornare utile ai due amici di cui sopra e a molti altri che si trovano nelle loro stesse condizioni.

Vista la brillante proposta ministeriale, perché non approfittarne alla maniera…meridionale?

Basterebbe che questi miei due amici pigghiassero ‘na piccula barca a paleddhi, una di chiddhi mintuti a panza all’aria supr’ a spiaggia, e partissiru non per il Nord ma per il Sud.

Attraversassero lo Stritto di Missina e si dirigessero ddrittu ddrittu a Sud, passandu bastevolmente a Est dell’isola di Malta.

Dopu di che, basterebbe ancora poche miglia a Sud, cominciare ad avvicinarsi alla costa Est di Lampedusa, doppiare “Cala francese”, percorrere la costa Sud-Est parallelamente alla pista dell’arioportu isolano e approdare così, stanchi, morti e cunsumati al molo “Favaloro” di Lampedusa città.

Lampedusa 2

Qui, vuoi per la lunghezza della traversata, vuoi per l’aspetto malandatu ma soprattutto per i tratti somatici, i nostri non avrebbero difficoltà alcuna a mischiarsi alla moltitudine di poviri cristi africani che fuggono alla ricerca di un futuro, propria comu e’ scigghitani.

E me li vedo già lì, in fila, cu ‘na facci ‘i ‘mpigna da Oscar per la recitazioni, a riscuotere l’assegno dalle mani del ministro o di un suo delegato.

Bastano un paio di viaggi al mese, finché dura quest’emergenza, e “lavorando” di paleddha non più di 10 giorni, avrebbero praticamente assicurato più del triplo dell’attuale stipendio da precario.

Il panorama testé delineato, ovviamente è frutto dell’inconsapevole maloperato della mia muruddha. Dovrebbe essere impensabile, per una mente normodotata e per di più chiamata a confrontarsi con la realtà. Invece…

Non sarebbe infatti un bel giorno quello in cui a chi ti prende in giro perché considera il tuo lavoro un lavoro di serie B, con l’aggravante di farsi al contempo beffa di una buona parte dell’umanità, guardandoti in maniera compassionevole, ti chiede: “Clandestino?” E tu sarai costretto a rispondere: “No, precario.”

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