07 agosto 2011

L’ASCENSORE, LA SCHINA LISCIA E LA TANA DELL’AQUILA

 

‘Mmattau ‘a purbiri. Tempu d’agostu, tempu di riposu, puru pa purbirata. Dopo mesi e mesi di travagghiu ininterrotto, dallo scorso 3 agosto e fino ai primi di settembre tacciono e taceranno anche i marteddhi pneumatici e la trivella del cantiere del costruendo ascensore che dovrà collegare la piazza di San Rocco con la via Marina, attraversando le viscere della roccia.

A chi puntu sunnu? Spiate voi. 027

Secondo le ultime notizie raccolte in loco, i lavori di costruzione del tunnel orizzontale, che attraverserà la Statale 18, sono a poco più di metà: sui 50 metri previsti, siamo a circa 26 metri, centimitru cchiù, centimitru menu.

Come già saprete, l’opira completa prevede la realizzazione di un “pozzo” verticale di circa 60 metri che sarà costruito sotto il livello attuale di piazza San Rocco –già in parte “scassata” anche nella parte superiore per consentire la demolizione di alcune strutture esistenti, incompatibili con il realizzando progetto.

Molte volte sia su questo blog che su www.malanova.it, chi scrive ha espresso critiche e riserve circa l’utilità e la praticità di quest’opera che, così come progettata, presenta indubbie difficoltà operative e richiede conoscenze tecniche di primo livello.

Per l’amor del cielo, non s’intende qui avanzare dubbi di alcun tipo circa le capacità dei progettisti o dei tecnici della ditta costruttrice. Quella che si è sempre criticata è stata la scelta di “occultare” l’opera dentro il costone roccioso a strapiombo sulla spiaggia delle sirene.

A modesto parere di chi scrive –condiviso per la verità da molti ‘ndigini scillesi- se l’ascensore fosse stato realizzato in maniera da scorrere esterno alla parete di roccia, sarebbe stato valorizzato in misura notevolmente maggiore sia come opera ingegneristica in sé, sia come attrazione turistica e di valorizzazione del nostro inconfondibile paesaggio, in quanto sarebbe stato visibile anche dalla dirimpettaia terra sicula.

Ma così non è stato. Si è preferita una soluzione indubbiamente più adatta a un contesto paesaggistico di montagna (vedi l’Oberland bernese, in Svizzera) ma sicuramente più dispendiosa sia sotto il profilo tecnico che squisitamente economico: l’importo dell’opera è quadruplicato rispetto alle stime effettuate per il progetto esterno originario.

Più volte ci si è chiesto il perché di questa scelta, giustificata con il fatto di impedire la “deturpazione” dell’ambiente scigghitanu. Motivazione che non teni ‘i nuddha manera, atteso che già per l’autostrada per esempio, del nostro territorio stannu facendu carni ‘i porcu!

La spiegazioni allura dove sta? La risposta ce l’ha involontariamente fornita una puntata de ‘La Grande Storia’ –uno dei pochi programmi che vali la pena di vedere anche d’estate.

Si parlava, in quella puntata, degli uomini del fuhrer, cioè di quei personaggi che –malanova!- nci tinnire ‘u saccu a quel demonio sotto forma umana che ha insanguinato il secolo scorso.

image Tra questi personaggi, c’era Martin Bormann, il ‘direttore dei lavori’ del regime nazista. Dell’architetto Roderich Frick è invece il progetto del rifugio di Hitler a 1800 mt. di altezza, nelle Alpi bavaresi, ribattezzato il 'Nido dell'aquila'

E’ uno dei luoghi più visitati della Bavaria. Si raggiunge attraverso un tunnel di 124 mt. scavato nella roccia. L’ascensore ha le pareti rivestite di ottone, è alto 124 mt e per percorrerlo ci si impiega solo 41 secondi (più di 3 m/s, poco meno di 11 km/h).

Un’opera di alta ingegneria –soprattutto considerando l’epoca in cui è stato realizzato (1938)- costruita in appena due anni. Ma il malefico dittatore, di certo, non pensava certamente ai sindacati né agli operai né, tantomeno, alla loro sicurezza sul lavoro. Tutt’altro, malanova m’havi aund’esti sarbatu!.

Non vogliamo certamente fare paragoni impropri, né le attuali condizioni storiche, per nostra fortuna!, presentano la benché minima similitudine con quegli anni bui del secolo scorso.

Se però consideriamo l’opera in sé le cose cangiano.

image Per chi non se ne fosse accorto, Scilla ha la forma di un aquila: ‘u casteddhu è ‘a testa; il molo del porto il becco; Chianalea e Marina Grande le due ali; San Giorgio il corpo centrale. In questo contesto ‘animalesco’, la piazza è giustu la schina liscia (che strano scherzo della natura!) dell’aquila!

Il costruendo ascensore di Scilla, rivestimenti d’ottone a parte (che a cose fatte non ci saranno), come dimensioni è poco meno della metà del comunque storico precedente bavarese: 50 metri di tunnel, 60 metri di dislivello da superare in ascensore in un tempo previsto in 24 secondi (2,5 m/s pari a 9 km/h)

Possiamo quindi dire che l’ascensore che porta al ‘Nido dell’Aquila’ è perciò l’antenato del costruendo ascensore che dal mare porterà alla schina liscia dell’aquila scigghitana.

L’ascensore nazista è diventato un’attrazione non di per sé stessa. Quello scigghitano, che porta alla schina liscia lo diventerà? Sarebbe la prima volta che una schina liscia fa qualcosa di buono!

Il timore è però che ‘stu binirittu ascensori non finisca piuttosto col rivelarsi la tana dell’aquila. ‘Na cosa ‘mmucciata sutta terra, che nessuno avrà voglia di vedere ma, soprattuttu, ‘na cosa contro natura. Avete mai visto la tana di un’aquila?

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