«Non potrebbe esservi un governo nel quale a decidere praticamente su ciò che è giusto e ciò che è ingiusto non fosse la maggioranza ma la coscienza? Deve sempre il cittadino abbandonare la propria coscienza nelle mani del legislatore? E allora perché ha una coscienza? Penso che dovremmo essere uomini prima di essere sudditi.» -da “La disobbedienza civile” di Henry David Thoreau
Queste parole, scritte nel 1849, sono sempre in giro per la mia testa, ma nelle ultime ore la loro eco rimbomba sempre più forte.
Il motivo? L'annunciata pubblicazione di un decreto sulla base del quale il comune di Scilla non sarebbe più considerato comune montano e, perciò saremmo costretti a pagare l'IMU anche sui terreni agricoli. L'ennesima legge rubaquattrini!
Finora, una Circolare (l'Italia è il Paese in cui per applicare una legge c'è sempre bisogno di una circolare!) del 1993 elencava i Comuni ricadenti in aree montane o di collina esentati dal pagamento dell'ICI. Tale esenzione si era poi trasferita all'IMU, fino a oggi
Con un Decreto Legge di Aprile 2014 (Governo Renzi) veniva stabilito che con ulteriore decreto (oh scaricasali!) del Ministro dell'economia e delle finanze, “di concerto” con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, e dell'interno (che concerto!) vengano individuati i comuni nei quali, a partire dal 2014, si applica l'esenzione del pagamento IMU per i terreni agricoli, sulla base dell'altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
Il bello (!) è che l'articolo che introduce questa assurdità s'intitola “Riduzione delle spese fiscali” ma essa è intesa per i Comuni, che dovrebbero ricevere queste somme a titolo di trasferimenti. La norma originaria, infatti, era stata inserita nella legge di conversione di uno dei tanti Decreti del Governo Monti del 2012, con lo scopo dichiarato di “racimolare”, dal 2014 in poi, una somma non inferiore a 350 milioni di euro.
Adesso il “Decreto concertato” pare che sia pronto per “suonare” gli italiani con un'altra mazzata e il Ministero delle Finanze ne ha diffuso il testo anche se, pur essendo la scadenza IMU oramai prossima (16 dicembre),ancora oggi manca la pubblicazione ufficiale. Insomma, il decreto “concertato” c'è ma non c'è, però ci sarà (sembra il titolo di una canzone di Battisti!). Chiaro, no?
Ma cosa dice sto piccolo Decreto, insomma sto De-cretino?
“Sono esenti dall'imposta municipale propria” [volgarmente nota come IMU],”i terreni agricoli dei comuni ubicati a un'altitudine di 601 metri e oltre, individuati sulla base dell'”Elenco comuni italiani", pubblicato sul sito internet dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), http://www.istat.it/it/archivio/6789 , tenendo conto dell'altezza riportata nella colonna "Altitudine del centro (metri)".
Dunque, i comuni il cui centro urbano sta a più di 600 mt. sono esentati, gli altri no.
Ora, si dà il caso che il centro urbano di Scilla secondo l'Istat è a 72 mt sul livello del mare [cliccate sul link sopra riportato, scaricate il file che trovate a destra nella pagina, cliccate e guardate con i vostri occhi, riga 6652, colonna P del file excel]. Tanto per capirci, 72 mt. è l'altitudine della piazza, dove ha sede il Comune.
Lungi da me voler fare il professore, ma penso che ancora un minimo di cervello mi sia rimasto. E quel poco di cervello che ho mi dice che il parametro logico su cui basare l'esenzione avrebbe dovuto semplicemente essere l'altitudine media di tutto il territorio comunale.
Chi conosce giusto un po' di geografia italiana -s'impara alle scuole elementari- la Calabria è combinata in maniera tale che dal mare, il terreno 'mpinna pi l'aria in pochissimo spazio, con pendenze in alcuni casi da brivido.
Sempre chi ha fatto bene le elementari anche a Aosta dovrebbe sapere che, nel caso specifico, Scilla è al centro della Costa Viola, ma dovrebbe sapere altrettanto bene che, come gran parte dei comuni calabresi, ha un territorio collinare e montano come pochi.
La mitologia insegna (siamo massimo alla prima media) che il corpo della ninfa Scilla fu tramutato in aquila e che si adagiò sulle acque dello Stretto di Messina.
Ebbene, guardando la cartina geografica (quella appesa accanto alla lavagna delle elementari), di quest'aquila: la testa è il castello, il becco il molo del porto, le due ali Marina Grande (la sinistra) e Chianalea (la destra). E tutto il resto del corpo?
Se ci fate caso, è costituito da San Giorgio (parte alta del centro urbano) e poi tutta la zona collinare di Melia, Solano, fino ai piani d'Aspromonte. Infine, la coda dell'aquila è il territorio più alto, che arriva fin sotto le pendici di Monte Nardello, a quasi 1800 mt sul livello del mare.
Insomma, è un'aquila dal corpo ben allungato e bella grande, visto che con gli oltre 44 Km2 di superficie è il secondo comune della provincia di Reggio Calabria (sempre geografia da scuola elementare-prima media). Semplificando e schematizzando, la situazione è la seguente:
Dopo semplici elementi di geografia e mitologia -al massimo da prima media- passiamo a fare i conti. Per sapere come si calcola l'altezza media tra due punti non serve un geografo né un topografo, è roba sempre da quinta elementare-prima media:
Hmedia= (0+1800)/2 = 950 mt.
Dunque, pur non volendo ricorrere a calcoli più complicati (medie ponderate, analisi matematica, ecc.), non solo l'Istat è perfettamente in grado di sapere quale sia l'altitudine media del comune di Scilla -inteso come territorio, non come sede del Comune- ma anche un qualunque italiano che avesse preso 6 a scuola elementare o in prima media, Ministri e Presidenti del Consiglio (Monti e Renzi in particolare) inclusi.
Invece no, dobbiamo, secondo loro, “imboccarci” il dato statistico dei 72 mt. sul livello del mare! Quella è l'altitudine del centro del Comune -inteso come palazzo sede dell'istituzione- ma non certo la media del territorio comunale.
NO, FIGGHIOLI!
Cittadini ligi al dovere di pagare le tasse, va bene, ma pigghiati pi fissa cusì no! Neanche il Re all'epoca dell'unificazione territoriale italiana (alcuni la chiamano annessione al regno sabaudo), aveva osato tanto contro i “terroni” analfabeti!
La situazione di Scilla, è comune a tantissimi altri comuni del territorio della nostra provincia e dell'intera Calabria. Sarebbe appena il caso che i sindaci -anche il nostro Commissario Prefettizio, per primo, quale diretta emanazione di un organo di governo territoriale- si facessero sentire ad alta voce: iammu tutti a scola, e non credo ci sia nessuno disposto a farsi prendere per i fondelli in maniera così spudorata!
E invece tutto tace, o quasi. Nessuno parla! Lo ha fatto solo il Sindaco di San Roberto e di questo è giusto rendergliene merito.
Gli altri, pur di ritrovarsi nelle casse comunali qualche spicciolo in più, pare siano tutti disposti per l'ennesima volta a 'ttaccari l'ennesimu sceccu, senza alcuno scrupolo di coscienza.
C'è niente di peggio di una legge sbagliata? Sì, una legge sbagliatissima -pur se non ancora pubblicata- come questa perché priva del minimo fondamento logico.
Lascio da parte ogni considerazione di ordine economico. Noto soltanto che i terreni ormai sono considerati alla stregua di niente, anche se sono convinto che, prima o poi, alla terra torniamo, pirchì : 1) non putimu fari tutti i medici o l'avvucati, i prufissuri o l'ingegneri o i geomitri o l'architetti; 2) Non mangiamu carta o ‘mbivimu ‘nchiostru.
La loro coltivazione andrebbe agevolata e incentivata, nel caso di Scilla i vigneti dei terrazzamenti –che sembrano spuntare dal mare- sono un patrimonio economico-storico-paesaggistico dal valore inestimabile; i boschi che ricoprono le nostre montagne nascondono una potenzialità economica legata alla produzione di energia (elettrica e termica) ancora tutta da sfruttare (e sarebbe ora!); gli orti e i seminativi, se adeguatamente sfruttati, non solo possono dare sostentamento diretto, ma costituiscono la base per impiantare una rete economica la cui diffusione –grazie anche a internet e ai moderni mezzi di comunicazione- si è dimostrata essere potenzialmente illimitata. Tutto ciò non è frutto della mia fantasia, ma è riscontrabile in tante piccole realtà locali (ancora troppo piccole, ma che potrebbero crescere in pochissimo tempo). Questa è la nostra ricchezza, anche se, purtroppo, simu rricchi e ancora n’o sapimu!
E’ questa la nostra unica possibilità di futuro e non merita di essere affossata da provvedimenti di una stupidità immane, come quello preannunciato di prossima pubblicazione. Invece di aiutarci a tirar fuori la ricchezza dalla terra, finiscono col sotterrarci definitivamente.
Come dite? I 350 milioni all'anno che servono al governo? Che vadano a trovarli nelle banche, in quelle banche il cui modo di pensare ha annientato le coscienze, ha oramai infettato ogni angolo della nostra Europa, Calabria inclusa! Che vadano a trovarli nelle banche i soldi, non nella terra! Nella terra cresce di tutto, ma non certamente 'a sordara (ovvero, l'albero dei soldi). Chi vive della terra ha sempre vissuto dignitosamente, non gli è mai mancato niente, anche se non s’è mai arricchito. E non è affatto un male!
Da uomo-cittadino non suddito, ma trattato peggio del peggior suddito più scemo, mi rifiuto di accettare questo ennesimo furto legalizzato e, al contrario di Garibaldi, disobbedisco!!!



La bambina arrivò tenendolo in braccio. Era il suo cucciolo, un cagnetto di peluche, che prese vita appena lo mise a terra: cominciò ad abbaiare e a scodinzolare con la coda a tergicristallo, mentre avanzava meccanicamente, con l’andatura traballante, sospinto dall’energia delle batterie, verso la parete opposta a quella da cui la bambina l’aveva fatto partire. La bambina sorrideva a vederlo camminare.
Il professore entrò, posò l'agenda sulla cattedra, si voltò verso di noi e con le mani conserte disse: «Buongiorno! Mi chiamo Francesco Barillà e da oggi sarò il vostro professore di diritto per i prossimi cinque anni.» Non molto alto, capelli corti crespi, barba, occhiali spessi (con tempo, avremmo saputo che la sua vista non era delle migliori), l'eloquio sciolto, franco, diretto, senza fronzoli. Un tipo molto intelligente, insomma, in parole povere, un figghiu 'i bona mamma -nel senso più affettuoso e riconoscente del termine.
Insomma, nel socialismo ritengo sia racchiuso tutto il senso laico dello Stato. Lo Stato siamo noi cittadini e tutti dobbiamo essere messi in condizione di poter essere lo Stato. Lo sancisce in maniera bellissima, l'articolo 3 della nostra Costituzione:
L'economista francese Thomas Piketty -famosissimo negli Stati Uniti ma snobbato in patria- ha condotto uno studio approfondito sulle disuguaglianze nella struttura economica del capitalismo attuale, giungendo alla conclusione che l'assetto economico attuale dell'Europa è ancora di tipo ottocentesco: non vale la pena di lavorare, il mondo si basa “sui patrimoni accumulati senza fatica e non sui redditi frutto di merito e talento” -come scrive Stefano Montefiori sul Corriere della Sera. E' anche per questo che si fatica, invece, a far trovare lavoro, specie ai giovani.
Come rivela la sua ex compagna in un libro che sta letteralmente infiammando i media francesi (ed europei), il Presidente Hollande pare sia solito riferirsi ai più poveri chiamandoli con il nomignolo di “Sans dents” - Sdentati.
L'uguaglianza tra gli individui, cittadini di uno Stato democratico, per essere davvero tale, deve essere un’uguaglianza iniziale: sia i ricchi che i poveri devono avere la possibilità di decidere se mangiare utilizzando i denti o meno, ma prima devono poter avere la possibilità di mangiare, tutti, perché membri di una stessa comunità, di una stessa famiglia! Una volta che la tavola sarà apparecchiata per tutti allo stesso modo, con le stesse posate, gli stessi piatti e gli stessi bicchieri, una volta che saranno seduti -ricchi e poveri,fianco a fianco- alla stessa tavola, ognuno potrà scegliere in piena libertà se mangiare con o senza denti. Tutto questo per dire che non ci può essere vera Égalité, se non ci sono la Fraternité e la Liberté!
Disse Pietro Nenni -grande socialista italiano: « Il socialismo è portare avanti tutti quelli che sono nati indietro.»
Tempo d'estate -almeno stando al calendario, perché il tempo è tutt'altro che estivo- tempo di discussioni poco impegnative. Durante una di queste discussioni è venuta fuori una storia che, nella sua semplicità, è di una bellezza che merita -secondo me- di essere raccontata.
Siamo negli anni 1918/1920, subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Seppur provata dal conflitto, l'Italia ne esce vincitrice. Un giovane scillese, tornato dalla guerra, ricomincia a lavorare nel pastificio di famiglia. Ebbene sì, all'epoca a Scilla c'erano anche piccole attività economiche -chiamarle industriali è un po' esagerato. Era un'attività come quella svolta a Parma da Pietro Barilla, il cui primo marchio risale infatti al 1910.
La storia dei rifornimenti si ripeté con frequenza e regolarità e con la stessa frequenza e regolarità il giovane scigghitanu continuò, a ogni viaggio, l'esplorazione visiva della beddha calabrisella, la quale amprima non gli diede tanto sazio -com'è nella natura fimminina- poi, chianu chianu, cominciò a guardarlo pure lei, ma senza farsi notare. A pocu a pocu, le carte si scumbigghiaru: a ogni vardata di lui, corrispondeva una vardata di lei e viceversa. Lo scambio di vardatine avveniva naturalmente in quegli attimi in cui il padre della ragazza era distratto o impegnato dal lavoro. Insomma, varda tu 'chì ti vardu ieu, vardu ieu 'chì mi vardi tu, quello che era cominciato come un gioco di sguardi finì col diventare tuttu un discursu -'ché dalle parti nostre, si parla più con gli occhi che con la bocca, un discursu seriu: i due s'erunu 'nnamurati.
Mentre tornava a casa, il ciriveddho del giovin scillese firriava peiu delle pale di un mulino a ventu in una iurnata di scirocco. Il “soggiro -to be” (come dicono gli anglofoni) gli aveva lanciato una sfida, e 'u giuvinottu non aveva la benché minima intenzione di perderla: la posta in palio era troppo alta, quella ragazza era tutto per lui.
Ampestru iornu, decise di passari all'azione parlò della facenna con i cinque fratelli: spiegò loro che pi ddha beddha figghiola aviva intenzioni serî e disse loro della pesante condizione posta dal genitore di lei.
Il iaddho non aviva ancora finutu di cantari, che il giovine scigghitanu, ampestru matina, satò sul carro e partì a razzu, portando con sé "la carta" scritta dal notaio, l'atto ufficiale che certificava i suoi possedimenti.
Stabilito il giorno e l'ora, tornarono dallo stesso notaio, si sedettero attorno al tavolo e procedettero a formalizzare il loro patto fraterno: il neosposo cedette a ciascuno dei fratelli gli stessi terreni che essi gli avevano venduto per consentirgli di potersi fare zzito con la ragazza del suo cuore.
Altra settimana di guerra a Gaza. Il bilancio dei morti, al momento in cui scrivo ha superato quota 1000: più dell'80% sono civili e, tra essi, buona parte sono bambini e donne. Ma 
Mentre mi allontano, in direzione opposta alla sua, un pensiero mi assale: chissà se qualcuno di quei bimbi morti a Gaza sarebbe venuto a studiare qui da noi? Chissà se, tra dieci o vent'anni, l'avrei potuto incontrare in un giorno di fine luglio, sulla spiaggia di Scilla, illuminata dal sole? Chissà...Resteranno domande senza risposta le mie. Perché a Gaza, tanti bambini come i bimbi che giocavano su una spiaggia illuminata dallo stesso sole che faceva brillare il mare di Scilla, non ci sono più. Si rincorrevano e si nascondevano, in una versione da Striscia di Gaza del nostro nascondino: giocavano a “israeliani e palestinesi”, i cowboys e gli indiani dei nostri tempi.
Non mi è facile parlare d'altro in questi giorni, giorni in cui a Gaza si vive per l'ennesima volta l'inferno.
Tanto se ne è parlato, alla fine è accaduto, sta accadendo in queste ore: la 
L'offensiva di terra non ha però rallentato i bombardamenti aerei, preceduti da una
Ebbene, se ciò che esce dalla bocca è espressione diretta di ciò che c'è nel cuore, le cose si mettono male: «
Sul campo, intanto, continueranno: la guerra antistorica degli israeliani da un lato, la debole guerriglia palestinese dall'altra.