02 aprile 2018

LEGALITA' E', SE VI PARE


Dal 1991 e fino al 18 marzo 2018 erano stati sciolti 293 Consigli comunali per infiltrazioni mafiose, di cui 25 annullati a seguito di ricorso. Scilla è stato il 294°, il 100° in Calabria, anche questo un record, non ancora riportato nelle statistiche ufficiali.
All’indomani del provvedimento con il quale il Consiglio dei Ministri –su proposta del Ministro dell’Interno- ha disposto lo scioglimento del Consiglio Comunale cittadino per infiltrazioni mafiose, il Sindaco uscente esprimeva l'amarezza per aver dovuto interrompere quel «percorso di legalità che avevamo avviato facendo rimuovere tutti gli abusivismi presenti».
Subito dopo l’insediamento dei Commissari, un giornale locale titolava: “La terna commissariale al lavoro. Priorità al ripristino della legalità
Ma allora il cittadino scillese si chiede: la legalità è stata ripristinata o no? E se, sì, la si può ripristinare nonostante le “riscontrate ingerenze da parte della criminalità organizzata ?, come recita il comunicato ufficiale del Consiglio dei Ministri del 21/03/2018.
Ci sono cose oggettive, cose, cioè, che chiunque le osservi, le trova così come sono, perché non dipendono dalla volontà del singolo individuo. Esempio: la bandiera italiana è rossa, bianca e verde, tutti la vedono con gli stessi colori.
Ci sono cose soggettive, che riguardano, cioè, il soggetto, che riflettono idee e sentimenti personali, preferenze individuali. Esempio: c’è a chi piace la parmigiana con l’uovo sodo dentro, c’è a chi piace senza.
Per chi vive in uno Stato di diritto, la salvaguardia e il rispetto dei diritti e delle libertà dell'uomo sono assicurate dall’applicazione delle leggi che a tal fine lo Stato si dà.
Il cittadino che vive e si comporta in maniera conforme alla legge e a quanto da questa è prescritto, vive nella legalità, cioè nei limiti prescritti o consentiti da quell’ordinamento giuridico che garantisce i diritti di tutti e di ciascuno.
Il punto è: quei limiti prescritti o consentiti, sono limiti oggettivi o soggettivi?
Nelle realtà a democrazia matura, i limiti che contrassegnano la legalità sono oggettivamente riconosciuti dalla comunità che li adotta.
Nelle realtà in cui chi fa abusi passa per essere “furbo” e da imitare nella sua “furberia”, quegli stessi limiti diventano, per così dire, “elastici”. Si spostano di qua o di là, secondo le convenienze di chi dice di volerla applicare la legalità.
A Scilla, alla luce di quanto si è verificato, questa voglia di ripristinare la legalità è rimasta una bella intenzione.
Vero è che si è messo mano ad eliminare gli abusivismi (in gran parte perché “obbligati” da disposizioni prefettizie –vedi abusi edilizi- o da disposizioni ministeriali –vedi gli obbrobri paesaggistici tra Marina Grande e Chianalea, eliminati anche su sollecitazione di Soprintendenza e Città Metropolitana), e non fatico a credere al Sindaco uscente, quando afferma di aver ricevuto numerose lettere anonime per questa sua voglia di legalità.
Si è preferito, però, cominciare a provare a ripristinare la legalità dalla fine, cioè dal semplice “fare cassa”. Solo dopo, troppo tardi, si è compreso che dettare le regole andando a marcia indietro era difficoltoso, pericoloso e controproducente.
Quando guidi a marcia indietro per troppo tempo, alla fine, come minimo, ti viene il torcicollo.
A mio modesto parere, come già scritto qualche mese fa, si è pretesa la regolarizzazione –intento lodevole- ma lo si è fatto in maniera tale da ingenerare confusione e senza dare a coloro che avrebbero voluto essere in regola –e a Scilla ce ne sono tanti, per fortuna!- gli strumenti minimi necessari perché ciò accadesse.
Mi riferisco a strumenti regolamentari essenziali, quali: piano regolatore (che c’è ma è oramai superato quasi del tutto), piano di spiaggia, regolamento per l’occupazione delle aree pubbliche. Senza queste regole di base, non puoi pensare di avere una cittadina in ordine, pur eliminando gli abusi.
Dunque, si è applicata la legge da un lato, cioè pretendendo la regolarizzazione del cittadino nei confronti dell’ente locale, ma si è ignorato completamente che per poter chiedere occorre prima dare, si è ignorato il dovere dell’ente locale verso i cittadini: quello di fornire strumenti regolamentari chiari, la cui applicazione non generi fraintendimenti.
Questa voglia di legalità “a marcia indietro”, ha finito col trasformarsi in qualcosa di più grave di un dolorosissimo torcicollo.
Certo, amministrare non è semplice, le leggi sono troppe ed è difficile rispettarle tutte. Ma non è una scusante.
Chi è chiamato ad amministrare deve avere ben chiare le priorità. Ripristinare la legalità a Scilla, è una priorità da anni. Riprisitinarla con l’ingerenza della criminalità che, stando al comunicato del governo, è stata accertata e riscontrata (pur se ancora disconosciamo le motivazioni ufficiali), è impossibile. Semplicemente perché il concetto di legalità smette di essere principio oggettivo e diviene esclusivamente soggettivo. Diviene, quindi, una contraddizione in termini.
Insomma, con molta amarezza dobbiamo riscontrare che Scilla –Repubblica Italiana, la comunità scillese, è una comunità –come tante in Calabria, ma non è una consolazione- nella quale la democrazia è ancora immatura, pertanto il concetto di legalità rimane tuttora un elemento molto soggettivo, perciò estremamente influenzabile da ingerenze esterne di ogni genere.
Parafrasando il grande Pirandello –che di meridionali se ne intendeva- si può dire che ancora oggi, anno del Signore 2018, a Scilla per ognuno c’è una legalità, e la legalità vera è quella che gli altri credono che sia. Insomma, legalità è, se vi pare.

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