Coloro che la notte scorsa, quando la mezzanotte era passata da un paio d’ore, hanno aspettato che il Procuratore Generale Di Landro chiudesse la luce dopo essere andato a letto, e hanno fatto esplodere un ordigno a miccia corta che ha squassato il portone dell’abitazione del magistrato, hanno posto in atto un altra tappa del loro percorso criminale, della loro strategia criminale.
Una strategia il cui scopo è quello di far sapere che, nonostante le molteplici operazioni di polizia e i numerosi sequestri di beni che si sono registrati quest’anno, “l’altro potere” è sempre presente e sa con chi prendersela, come e quando vuole.
Questa strategia, caratterizzata da azioni di intensità e gravità via via crescenti, è iniziata subito dopo capodanno, è proseguita con azioni dimostrative anche in occasione della visita a Reggio del Presidente della Repubblica e ha visto coinvolti in pratica quasi tutti i magistrati in forza alla Procura di Reggio Calabria.
Adesso, con l’attentato della notte scorsa, il livello di intimidazione si è alzato.
Se finora, subito dopo ognuno dei precedenti attentati, puntuali si sono registrati numerosi quanto stucchevoli attestati di solidarietà e si sono svolte manifestazioni pubbliche e sit-in di sostegno verso questi uomini della Legge, adesso questo non basta.
Bisogna fare qualcosa in più. Ma cosa? Ecco la domanda più difficile a cui ciascuno di noi, ogni calabrese, ogni italiano, è chiamato a rispondere.
E’ fuor di dubbio ed è peraltro confermato, che la scuola e la cultura possano fare molto per aiutare un individuo a imboccare la strada della legalità piuttosto che quella della delinquenza e del malaffare.
Il problema, sottolineato continuamente dagli stessi magistrati, è che oggi a scuola vanno anche i figli dei mafiosi.
Accade perciò, purtroppo, che coloro che entrano a far parte di organizzazioni criminali, la cultura e il sapere li usano sì, ma solo ed esclusivamente per il loro personale tornaconto, infischiandosene del prossimo, anche dei loro figli.
Ad esempio, oggi mi è capitato di leggere questa frase:
….è sempre un qualche meraviglioso silenzio...che porge alla vita il minuscolo o enorme boato di ciò che poi diventerà inamovibile ricordo.
Ripensando a quello che è successo la scorsa notte, se ci fate caso, quelle parole descrivono in pieno il pensiero che ha attraversato la mente fina del bombarolo che ha ispirato, deciso, organizzato l’azione criminosa.
Sono invece le parole di un noto scrittore italiano, Alessandro Baricco, e fanno parte di un libro, “Castelli di rabbia”, il cui titolo è estremamente indicativo e rappresentativo del sentimento che provano tutti i reggini, i calabresi e gli italiani che quando leggono quella frase, pensano a ogni genere di esplosione (di colori, di fantasia, ecc.) fuorché a quella provocata da una bomba.
Eh già. In questo ultimo scorcio d’estate, potremmo starcene spensierati sulla spiaggia, a costruire castelli di sabbia, invece di dover aggiungere un altro mattone al nostro personale castello di rabbia.
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