21 agosto 2010

EVVIVA SANT’A’ RROCCU!

srocco 

Scilla intera si ferma. Non perché paralizzata dal traffico (quello accade tutti i giorni in questo periodo), ma pirchì ‘ccumincia ‘a festa ‘i Sant’à Rroccu!

Come tutte le feste patronali, per chi non è propria ‘ndiginu nto sangu è difficile capire gli usi e le consuetudini che accompagnano l’evento sacro.

Un aspetto che molti non comprendono, per esempio, è quello legato al nome dialettale del Santo pellegrino: com’è che San Rocco o Santu Rroccu, a Scilla diventa Sant’à Rroccu?

In primo luogo, bisogna prestare attenzione a com’è scrittu. Nella maggior parte dei casi, lo trovate scritto come Santa Roccu.

Va bbò che è notorio che Scilla è ‘u paisi dove avvenne che il sacco (della stortìa) si spaccò, ma da qui a confondere il sesso dei santi, ce ne corre.

Nta nu paisi dove il “lei” non esiste, dove ancora è d’uso dare del “voi” a uno sconosciuto, a una persona anziana o, in genere, a una persona verso cui si nutre particolare rispetto, figuratevi con i santi!

E’ scigghitani potete dire di tutto, siamo i primi a prenderci in giro da soli e a ridere delle nostre debolezze, ma non ‘daviti a tuccari e’ santi e San Rocco in particolare.

E allura come mai questa variazione linguistica?

Semplice: p’u troppu rispettu.

Tant’è veru che l’equivoco linguistico di cui sopra, in verità si spiega con il fatto che a San Rocco, proprio in virtù del particolare rapporto devozionale che risale al 1495 o giù di lì, ci si riferisce con il termine Sant’à, che non sarebbe altro che l’equivalente scigghitanu di Santità!

Dunque, Sant’à Rroccu è la traduzione scillese –con tanto di forma abbreviata- di Santità Rocco.

Quanto sopra, per opportuna conoscenza sia degli scigghitani più giovani, che magari col dialetto non hanno tanta dimestichezza, sia dei turisti che dovessero trovarsi da queste parti.

Nessun equivoco dunque: tutti insieme potremo gridare tranquillamente “Evviva Sant’à Rroccu!” Buona festa!

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